LA REPUBBLICA del 4 maggio 2012 

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Ma il Bossi, non era quello che si era dimesso e si era fatto da parte, subito elogiato da acuti commentatori che ne sottolineavano la "diversità"? E come mai, allora, non c´è comizio leghista senza di lui, è tutti giorni al telegiornale che saluta con il medio in resta, e addirittura parla di ricandidarsi alla segreteria, e nessuno dei suoi apostoli ha la coerenza e il buon gusto di fargli presente che neanche un mese fa se ne parlava al passato, e i giornali pubblicavano biografie così definitive da sembrare tombali? E le famose camicie verdi, che nei giorni dello scandalo agitavano le ramazze e parevano disposte, per l´onore del partito, a non guardare in faccia nessuno, nemmeno il Capo dei Capi, che cosa ci fanno schierate davanti a Bossi con le stesse scope, però usate come per il più disciplinato dei presentat-arm? Com´è italiana la Lega, italiana nel senso più classico e più malinconico, sempre pronta a inveire contro le magagne altrui, ma rapidissima a chiudere un occhio quando le stesse identiche magagne diventano affare della propria tribù. Che pena rivedere sul palco, in mezzo alla sua gente adorante, il povero papà del Trota ridiventato, in tempi record, il Duce di Padania. 

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