Finché siamo noi della sinistra incanutita, a borbottare contro la dittatura dei mercati finanziari, possiamo anche credere di star ripetendo le solite vecchie solfe, come ufficiali in congedo nel loro circolo polveroso. Ma quando è la signora Merkel a dire che i mercati finanziari «non sono al servizio del popolo perché negli ultimi cinque anni hanno consentito a poca gente di arricchirsi a spese della maggioranza”, aggiungendo che “non bisogna consentire ai mercati di distruggere i frutti del lavoro della gente”, beh, ci sentiamo un poco rinfrancati. Forse alcune delle fole novecentesche attorno alle quali ci siamo formati — per esempio che il lavoro degli esseri umani deve avere più valore della speculazione, per il semplice fatto che vale di più — andrebbero rivalutate, visto che seducono anche una valorosa scampata al comunismo della Ddr, nemicissima dell’economia pianificata e statalizzata, leader autorevole del liberismo applicato. Non per tartufismo, ma per evidente comodità tattica, di qui in poi potremmo sempre aggiungere ad ogni critica ai mercati finanziari una postilla invincibile: “Credete che l’abbia detto Nichi Vendola? Macché! L’ha detto la Merkel”.