A scansare gli ultimi dubbi (qualcuno ne avesse) circa la ventennale connection tra affari privati e potere politico che abbiamo chiamato “berlusconismo”, ecco che la pubblicità sulle reti Mediaset è calata del 18 per cento, e le azioni addirittura del 60. La crisi economica, certo. Ma la crisi c’era anche prima, quando Berlusconi governava, mentre il crollo del valore di Mediaset è successivo alla caduta del suo governo. Oggi di lui sorridiamo, delle sue buffe sortite con smentita incorporata, dei noiosi processi al suo codazzo di signorine, del suo declino così poco da caimano, così sdentato e così scontato. Ma sarà bene, almeno ogni tanto, fare memoria di che cosa siamo stati capaci di generare, come società italiana nel suo complesso, di quanti lo hanno votato più o meno entusiasti, di quanti lo rivoterebbero. Di quanti, ancora oggi, giudicano l’antiberlusconismo un pretestuoso, maniacale appigliarsi a formalità, a cavilli giuridici, piuttosto che – come è stato – un tenace e quasi disperato appello all’onesta realtà contro l’illusionismo truffaldino. Grazie, a questo proposito, a Barbara Spinelli per il formidabile racconto (Repubblica di ieri) della non-ricostruzione dell’Aquila. La “new-town” al posto della polis: la manomissione della civiltà italiana, o di quello che ne rimane.