LA REPUBBLICA del 8 luglio 2011 

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Seguo con parecchia amarezza l´affastellarsi di "rivelazioni" sulla Rai controllata e manipolata dagli uomini di Berlusconi (cioè, in un colpo solo, dal governo e dalla concorrenza). L´amarezza è dovuta alla totale inutilità di quanto, negli anni, è stato detto e scritto in proposito. Valanghe di articoli, documenti sindacali, vertenze interne rendevano esplicito uno scandalo che, prima che nei comportamenti, era nelle cose. Lo scandalo era (è) il conflitto di interessi, la cui conseguenza tecnicamente e politicamente più macroscopica era che la televisione pubblica italiana fosse gestita dai suoi diretti concorrenti: una follia in termini di mercato oltre che in termini di libera informazione. Francamente, non è molto interessante sapere che cosa dicesse nelle sue telefonate la signora Deborah Bergamini, ex segretaria di Berlusconi sistemata sul ponte di comando della Rai non certo per fare il bene di viale Mazzini. Molto più interessante sarebbe capire come questa vera e propria alienazione di un bene pubblico sia stata accettata, sopportata, subita (trovate voi il termine giusto) dal sistema politico italiano, dai cosiddetti organi di controllo, dall´etica pubblica di un Paese che ha considerato normale, per quasi vent´anni, quel gigantesco sgarro alla libertà e al mercato che è stato (che è ancora) il conflitto di interessi. Mediaset comandava in Rai: ce ne accorgiamo adesso? 

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