LA REPUBBLICA del 8 maggio 2012 

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Le cinque stelle sono la grande novità, ma se i numeri contano qualcosa il vincitore delle amministrative è il Pd di Bersani. Parlarne bene è un esercizio talmente poco di moda che nessun commentatore, di destra di centro e soprattutto di sinistra, si azzarda mai a farlo. Ma è un dato di fatto che tra astensione dilagante, voto di protesta montante, semi-cancellazione di interi partiti (vedi il Pdl), il Pd è il solo partito tradizionale che mantiene il suo campo, e giganteggia al cospetto delle catastrofi altrui. Qualche merito lo avrà, dunque, questo partito per il quale nessuno spende mezza parola di elogio o di affetto (neanche i suoi elettori), con una linea politica vaga, un leader poco carismatico, un paio di scandali decisamente pesanti in casa (Lusi, Penati), un´immagine esterna tanto sfocata da irritare. Magari quel "radicamento nel territorio" che nei commenti degli ultimi vent´anni è stato considerato brevetto esclusivo della Lega ha qualcosa a che fare anche con il Pd. Magari ebbe ragione Bersani quando pochi anni fa, in un dibattito tivù, in uno dei suoi non frequenti scatti di orgoglio, disse a un giornalista di destra che diceva "popolo" e "gente" ogni tre secondi: "guardi che il popolo ce l´abbiamo anche noi". 

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