LA REPUBBLICA del 10 marzo 2012
Fossi leghista quello che davvero mi brucerebbe, leggendo i giornali, è vedere che l´affaire Boni viene raccontato come una specie di sub-concessione all´ombra del sistema di potere formigoniano. Neanche il "lusso", l´estro, la fantasia di uno scandalo autonomo, inedito, di nuovo conio, che si confaccia a un partito nato contro tutti gli altri partiti, nel nome di una "diversità" talmente radicale da spacciarsi addirittura per anti-italiana. Macché: uno scandalo di imitazione, lo scandalo gregario di un partito gregario, con un odore muffito di vecchio potere, di partitocrazia, di lottizzazione degli appalti, dei favori, delle entrature. La Lega, di questo passo, rischia di non avere neanche il privilegio di collassare da sé sola, per ragioni in qualche modo "storiche" come la fine di ogni sogno di secessione. Collasserà all´ombra dei palazzi altrui, della rovina altrui, e così come il mondo intero, quando è finito il governo di Roma, parlò della caduta di Berlusconi, non certo di quella di Bossi, l´Italia intera, quando finirà il vecchio potere alla Regione Lombardia, parlerà della caduta di Formigoni, non certo di quella di Davide Boni.
LA REPUBBLICA del 9 febbraio 2012
Internet è, molto spesso, il modo più nuovo per dire le cose più vecchie. Vedi l´acida polemichetta (su Twitter) a proposito di Maurizio Crozza, accusato di "copiare le battute", uno degli argomenti prediletti, nel sottobosco teatrale, dai tempi di Aristofane. Comici e autori di satira si accusano da sempre, già tra di loro, di rubare le battute. È una polemica stucchevole e soprattutto capziosa, basata assai più sul devastante narcisismo degli artisti (più o meno mancati) che sulla oggettività dell´accusa, perché una buona parte delle battute comiche è "res nullius", come i pesci del mare. Nascono da un mix inestricabile di tradizione popolare, motti di spirito orecchiati, meccanismi comici riadattati, limati, modificati, rovesciati. Ciò che fa poi la differenza è il loro uso, il contesto nel quale vengono inserite, e soprattutto la maniera di dirle, che è poi il succo dell´arte comica. Il bravo comico (per esempio Crozza) sa rendere comica, usandola nel modo giusto e al momento giusto, anche una battuta media; il cattivo comico rende loffia e inerte anche una buona battuta, per esempio scrivendola su Twitter. La comicità è rischiare la faccia davanti a un riflettore. Il resto è diceria nell´ombra, mormorio degli assenti.
LA REPUBBLICA del 13 marzo 2012
In Europa non si conoscono leader moderati che facciano campagna contro le unioni civili e le coppie omosessuali. Quelle campagne sono, ovunque, appannaggio dell´estrema destra, tipico argomento dei fascisti e dei cristiani oltranzisti. I moderati affrontano l´argomento con molta cautela, perché l´accusa di discriminazione su base etnica o sessuale, in Europa, suona sgradevole (se non per convinzione, per ipocrisia) anche alle maggioranze silenziose che votano centrodestra. Malgrado questo, la rozza sortita di Alfano in favore dell´unicità, di fronte alla legge, della "famiglia tradizionale", ha provocato, in Italia, solo le proteste delle associazioni omosessuali e di qualche settore dell´opposizione politica. E´ come se non esistesse un´opinione pubblica liberal-moderata, e soprattutto laica, in grado di condizionare i capi del centrodestra, di metterli in guardia da scivolate sul campo dei diritti. È come se si desse per scontato – da Berlusconi in poi – che la destra italiana è e sarà sempre quella roba lì, conformista, bigotta, omofoba, pre-europea, incapace di pretendere la propria fetta di difesa dei diritti, la propria fetta di democrazia. Per questo nessuno si è stupito del discorsetto di Alfano. Che a Cameron, per dirne solo uno, costerebbe qualche voto in meno e molti titoli di giornale in più.
LA REPUBBLICA del 15 febbraio 2012
L´Arma dei carabinieri, in questo Paese, ha un prestigio e un ruolo troppo importanti perché possa cadere nel silenzio la spaventosa storia di Giuseppe Gulotta, condannato con altri tre siciliani per l´omicidio di due carabinieri ad Alcamo, nel ´76, e riconosciuto estraneo ai fatti dopo ventuno anni di carcere: quasi una vita intera. Le false accuse contro i quattro cittadini innocenti furono inventate da altri carabinieri, le confessioni estorte con la tortura, la verità occultata proprio da chi aveva il compito di scoprirla, la legge ingannata dai suoi stessi servitori, uno dei quattro incarcerati senza colpe è stato trovato morto in cella, forse "suicidato". Una storia tenebrosa, violenta, inaccettabile che fa parte a pieno titolo degli anni di piombo, di quei depistaggi, di quelle fellonie di Stato, di quelle menzogne rivolte contro il cuore stesso del Paese. Leggerne la ricostruzione (ieri su questo giornale ne scriveva Francesco Viviano) sconvolge. E al tempo stesso costringe a domandarsi se l´Arma, oggi, ha fatto chiarezza su questa sua vergognosa pagina interna, o intende farla. La liberazione (atrocemente tardiva) di un innocente non basta a chiudere una pagina così sporca. Si vorrebbe sapere perché è accaduto; per quali perversioni della legge e dell´onore dello Stato; e con quali conseguenze per chi ha escogitato ed eseguito un crimine così grave contro la libertà e la giustizia.
LA REPUBBLICA del 14 marzo 2012
A Fausto Bertinotti non garba che Nanni Moretti ancora gli rinfacci, quasi quindici anni dopo, di avere fatto cadere il primo governo Prodi (1998). Bertinotti non può negare di avere votato contro quel governo, levandogli la maggioranza; ma fa notare, da irriducibile dialettico, che a succedere a Prodi furono i governi D´Alema e Amato, ed è quanto gli basta a respingere con sdegno l´accusa di avere favorito la destra. Non contento di avere spiegato a Moretti (e a qualche milione di elettori di centrosinistra, compreso il sottoscritto) che far cadere Prodi fu un lungimirante passo per consentire a D´Alema e Amato di afferrare saldamente le redini del Paese, Bertinotti aggiunge un dettaglio così decisivo da lasciarci senza fiato: non solo vinti, ma quasi convinti. La caduta di Prodi – spiega – ha poi permesso a lui personalmente, e a Rifondazione tutta, di «vivere l´esperienza dell´altermondialismo, da Porto Alegre a Genova». Ecco, noi avevamo sempre sottovalutato, tra le varie ricadute positive della cacciata di Prodi, la possibilità di poter finalmente vivere l´esperienza dell´altermondialismo da Porto Alegre a Genova. L´avessimo saputo per tempo, non ci saremmo rimasti così male.
LA REPUBBLICA del 16 dicembre 2011
Chi ha visto in tivù o in rete Pape Diaw, portavoce dei senegalesi di Firenze, chi lo ha sentito parlare nel suo italiano evoluto e preciso, non può permettersi equivoco o distrazione o distorsione. Siamo di fronte a una comunità del tutto partecipe della vita sociale del nostro Paese, dei nostri diritti e dei nostri doveri. Chiunque alzi la mano contro queste persone accampando come pretesto la loro incompatibilità con la nostra comunità nazionale mente, e mente prima di tutto a se stesso. E chiunque, negli ultimi anni, ha diffuso la fola stupida e malvagia dell´"invasione" straniera come subdolo piano (di chi, poi?) per snaturare le nostre radici e la nostra identità, come hanno fatto anche politici di governo, e giornali a larga diffusione, è il cattivo maestro che alimenta la paranoia dei fanatici e arma la mano dei violenti. Mentre Pape Diaw parlava, la mia "identità" di italiano non solo non si sentiva in pericolo, ma percepiva, con orgoglio, come la mia vecchia lingua madre, nobile e marginale, grazie all´immigrazione può riacquistare nuova vita e nuova centralità. Mi chiedo quanti italiani razzisti siano capaci di onorare la nostra lingua come Pape Diaw.
LA REPUBBLICA del 10 gennaio 2012
Negli ultimi anni è stato sempre più difficile distinguere tra destra e sinistra. La crisi economica ci sta aiutando a ridefinire almeno il cinquanta per cento della questione. Della sinistra e di ciò che ha in mente capiamo pochino. Della destra, molto di più. Il premier Cameron che si schiera anima e corpo in difesa della City e boccia qualunque proposta di tassare le transazioni finanziarie: è di destra. I repubblicani Usa che tra le cause nefaste della crisi additano la riforma sanitaria di Obama: sono di destra. I deputati italiani del Pdl che imputano ai controlli fiscali il proposito di "denigrare la ricchezza": sono di destra. Gli italiani che trafugano oro e contanti in Svizzera per paura dello Stato (i loro padri e nonni lo fecero, più romanticamente, per paura del comunismo): sono di destra. Il senatore americano Santorum (punta alla Casa Bianca) che considera blasfemo l´evoluzionismo ed è convinto che la Terra sia stata creata poche migliaia di anni fa da Dio: è di destra. La destra sarà anche rozza, anzi lo è spesso. Ma ha il pregio di non vergognarsi di quello che pensa e degli interessi che difende. Per la sinistra, a pensarci bene, la destra è la sola vera bussola rimasta: basta guardarla, basta ascoltarla, e si riacquista un minimo di stima per il fantasma della sinistra.
LA REPUBBLICA del 31 gennaio 2012
Al di là dello sgarbo formale, il mancato omaggio dei dirigenti del Pdl al feretro del presidente Scalfaro è perfettamente comprensibile. Per il berlusconismo, niente poteva essere più odioso di un uomo di destra fedele alla Repubblica, alla Costituzione e alle loro radici antifasciste. Non bastasse questa distanza politica, lo scontro era anche tra due stili, due concezioni opposte della condotta pubblica così come dell´aplomb privato. Uomini come Scalfaro erano l´incarnazione stessa di una destra severa e costumata – la destra dei padri – che guardava alla nuova destra populista, consumista e catodica con evidente disprezzo e manifesta sfiducia. Scalfaro, in questo senso, ha rappresentato sul fronte cattolico quello che Montanelli rappresentò sul fronte laico: una irriducibile resistenza, da conservatori classici, ai mezzi così come ai fini della nuova destra populista, con l´aggravante di non poter essere certo liquidati come "comunisti". Colpisce – e molto – constatare come tra le due destre quella che pareva minoritaria e piegata dalla storia, quella di Scalfaro, oggi sia in campo (anche nel governo) con un vigore insospettabile. Mentre quell´altra, che fino a pochi mesi fa pareva invincibile, per farsi notare è costretta a disertare un lutto di Stato.
LA REPUBBLICA del 17 dicembre 2011
Quando fa notare che i giornali parlavano piuttosto male di lui, e adesso parlano piuttosto bene di Mario Monti, l´ex premier Berlusconi ha perfettamente ragione. Così ragione che la sua dichiarazione, espressa tra altre noterelle di colore durante l´ostensione romana del nuovo libro di Bruno Vespa, meriterebbe di essere approfondita. Ci permettiamo di fornire qualche indizio. Non sarà, per caso, che i giornali parlano bene di Monti perché non fa le corna durante i meeting mondiali? Perché non mima scherzosamente il gesto del mitra quando un giornalista osa fare una domanda a Putin, che è un paese dove ai giornalisti sparano col mitra? Perché non fa commenti quantitativi e qualitativi sui decolleté delle signore? Perché non racconta barzellette sui malati di Aids? Perché parla l´inglese? Perché non organizza cene eleganti ordinando le ragazze take-away? Perché non possiede reti televisive e non ha intestato al fratello un quotidiano? Perché non si addormenta in Parlamento? Perché non dice di essere il più grande presidente del Consiglio degli ultimi centocinquant´anni? Perché non usa il cerone, non si pettina con la pece e non si vergogna di essere un anziano signore? Perché non si sforza di piacere e, di conseguenza, non si offende se non piace?
LA REPUBBLICA del 17 gennaio 2012
In che cosa Comunione e Liberazione si distingue così nettamente da altre esperienze cristiane? Che cosa di unico e di straordinario ha avuto l´insegnamento di don Giussani? Cerco di capirlo, senza riuscirci, da una trentina d´anni, e per avere confessato per iscritto questa mia lacuna sono anche stato sgridato da colleghi devoti a don Giussani e molto severi con chi non ne comprende l´alto magistero. Per ovviare a queste mie mancanze mi sono letto d´un fiato la lunga, ponderosa intervista (una intera pagina) di Aldo Cazzullo a don Julian Carron, successore di don Giussani alla guida di quel movimento. Ho appreso che, secondo don Julian, «Berlusconi ha avuto aspetti positivi e aspetti negativi»; che «sbilanciarsi come comunità cristiana a favore di uno schieramento è sbagliato»; che, pur dichiarando di non conoscere la vicenda giudiziaria del San Raffaele, don Julian ritiene il San Raffaele «una grande istituzione»; che «nessuna istituzione può evitare gli errori dei singoli». Non ha aggiunto, don Carron, che d´inverno fa freddo e in estate molto più caldo: ma si capiva lo stesso che è un suo forte, irriducibile convincimento. Quanto a me, a proposito di Cl, sono rimasto in balia della mia deplorevole ignoranza.