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LA REPUBBLICA del 20 settembre 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Diceva il vero (purtroppo) il terribile editoriale di Concita De Gregorio pubblicato ieri su questo giornale: la prostituzione eretta non solo a sistema di potere, ma anche a modello di vita, sarà il lascito "morale" dell´uomo di Arcore. Compiacente, anzi entusiasta, una porzione non piccola di italiani e di italiane, come dimostra la disarmante intervista di una ragazzina pugliese che è riuscita a entrare nel giro delle escort a Sua disposizione. Almeno due, però, le ragioni di speranza. La prima, ovvia, è il numero consistente di italiani e italiane differenti e liberi di spirito. La seconda, meno ovvia, è che dietro la bigiotteria e le mance, le comparsate televisive e le gite a Palazzo, traspare un mondo di sfigati e di sfigate. Vice-concubine, vice-attrici, vice-vamp acquistate all´ingrosso e impilate come copertoni di ricambio nell´anticamera del Capo. Un piccolo mondo senza speranza di una fama individuale (non dico alla Pompadour, ma almeno alla Petacci, o alla Ferida) e condannato a una fama di branco, "le escort di Berlusconi". Imperdonabile promettere fama, felicità e ricchezza e fornirne appena un patetico surrogato. Nessun sistema può reggersi troppo a lungo sulla mortificazione delle speranze. Il vero capitalismo produce veri vincitori, al limite veri farabutti e farabutte. Questa roba qui è solo una parodia: e gli attori, per quanto grulli, prima o poi se ne accorgeranno. 

LA REPUBBLICA del 30 giugno 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Di molti intrecci opachi e scandali italiani (P4 e dintorni) si dice, in genere giustamente, che è materia politicamente e moralmente infetta, ma non facile da affrontare e risolvere per via giudiziaria. Di quanto è accaduto alla Rai in questi ultimi anni penso esattamente il contrario: è un tale coacervo di irregolarità, forzature e interventi illeciti, che solo un processo bene istruito e ben condotto potrebbe e dovrebbe, prima o poi, rimettere ordine e rifare giustizia. Dalle carte, dalle intercettazioni, dalle evidenze della vita aziendale, il fondato sospetto è che dentro l´azienda pubblica abbiano agito uomini fedeli alla concorrenza, discutendo e forse concordando con Mediaset i palinsesti. Per capirci: è come se la Coca-Cola avesse imposto alla Pepsi un management di suo gradimento. Che questo corrisponda (come scriveva ieri Massimo Giannini su questo giornale) a un disegno di controllo totale dell´informazione, è certamente un problema politico di prima grandezza. Ma la concorrenza sleale, i danni finanziari, le violazioni di enne regole del libero mercato e di enne norme di diritto amministrativo non sono un problema politico, sono materia tipica per gli avvocati (d´accusa e di difesa, ovviamente) e per la magistratura inquirente e giudicante. 

LA REPUBBLICA del 27 luglio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Maiali in piazza Affari, ieri mattina a Milano, davanti alla Borsa che mai aveva udito grugnire sotto la sua bella facciata bianca. Colpo d´occhio notevole, una manifestazione di contadini (uomini e bestie) nel luogo dove l´economia si fa meno concreta, più immateriale, e niente valgono le mani, il sudore, il lavoro fisico. Il primario (che vuol dire: il cibo, il nutrimento della vita) spunta guadagni da fame perché dentro quel grande palazzo bianco, e nei suoi omologhi sparsi per il mondo, pochi speculatori giocano sui prezzi dei cereali, dei mangimi, di tutto quanto viene prodotto al mondo dal lavoro umano, e decidono il destino del pane, della carne, del latte e delle persone che quei fondamenti producono, che su quei fondamenti campano. Mai la parola "valore" fu più storpiata, se il risultato è che il valore del cibo, della terra, della natura è niente rispetto all´azzardo e allo strapotere del capitale finanziario. Più o meno nello stesso momento i pastori sardi protestavano a Cagliari, perché il prezzo del latte è così basso da non coprire neanche le spese. Chi conosce appena un poco l´agricoltura e i suoi problemi ha una richiesta da fare: non chiamatelo più "primario", perché suona come una beffa per un settore che viene ultimo, ignorato e umiliato. 

LA REPUBBLICA del 1 luglio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
 Ma quanto può durare ancora, l´agonia politica di Silvio Berlusconi? E con quali conseguenze ulteriori, in un paese che avrebbe fretta di voltare pagina e non può, non ci riesce, ne è impedito da un ex leader che non ha più una vera maggioranza, non più una credibilità, non più una prospettiva? Tra i vari scenari ipotizzati (la furia sovversiva del Caimano, il collasso del rapporto tra politica e giustizia, l´accelerazione autoritaria) si fa strada la meno berlusconiana e dunque la meno prevedibile: la mesta ostinazione del pugile suonato che non trova la forza di scendere dal ring, e ripete in modo sempre più flebile e patetico le vecchie mosse un tempo di successo, oggi mal sopportate perfino dal suo entourage. Una decadenza logora e opaca imposta ancora per mesi, magari per un paio d´anni: potrebbe essere questa la vendetta davvero atroce che l´ex dinamico imprenditore, e scoppiettante demagogo, e smodato viveur perpetra ai nostri danni, per punirci di avergli voltato le spalle. Costringerci ad annoiarci e languire al suo capezzale, e dopo averci imposto il vitalismo volgare, e le luci pacchiane del suo potente varietà, renderci spettatori obbligati del suo finale triste, e crocerossini sfiniti della sua ostinazione senile. Tutto, pur di continuare a decidere anche per nostro conto.

LA REPUBBLICA del 28 luglio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Se io ti picchio o ti uccido perché tu sei omosessuale, la legge italiana mi condannerà per averti picchiato o ucciso. Ma il movente del reato, ovvero ciò che ha fatto di me un carnefice e di te una vittima, non potrà avere alcun rilievo processuale: il Parlamento italiano ha deciso che accettare l´omofobia tra le aggravanti penali sarebbe "anticostituzionale", perché introdurrebbe un discrimine in favore dei cittadini omosessuali… A ciascuno stabilire se questo voto sia più ridicolo o più osceno. Fingendo di combattere un discrimine giuridico ritenuto omofilo, nega l´esistenza del solo pesante discrimine in opera, che è quello omofobo. Di aggressioni contro eterosessuali al grido di "sporco etero" non si ha infatti notizia, non essendo la cosiddetta "normalità" oggetto di odio o di intolleranza. Mentre di violenze omofobe, al grido di "lurido frocio", che è al tempo stesso un´offesa e una rivendicazione, sono piene le cronache italiane (specialmente romane), ed è in virtù di questa dolorosa e inaccettabile realtà, non certo di astrazioni da leguleio, che si discuteva in Parlamento una legge contro l´omofobia. Questa legge non è passata, e il governo più eterogeneo e diviso del secolo ha ritrovato tutta la sua sicumera per negare compattamente agli omosessuali il diritto di avere un´identità perfino quando per quella identità vengono uccisi. 

LA REPUBBLICA del 16 giugno 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Me lo sono chiesto già diverse volte, e qualche lettore noterà la ripetizione. Ma siccome devo ancora ricevere una risposta esauriente, oppure scoprirla da solo, me lo richiedo anche oggi. Perché la Rai, a fronte di un forte aumento di ascolti (5,8 per cento in più nel 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010) si trova alle prese con una contrazione degli introiti pubblicitari previsti di circa 40 milioni di euro? E perché Mediaset, i cui ascolti sono scesi del 2,1 per cento, vede aumentare la sua pubblicità fino al 56 per cento del mercato totale? Forse che il detto evangelico "gli ultimi saranno i primi" ha preso il sopravvento sulle logiche di mercato? Paolo Conti, che riporta questi dati sul Corriere, lo definisce "un autentico mistero imprenditoriale", non so con quanta dose di ironia. Un mistero che comincia evidentemente a dare nell´occhio, visto che se ne occuperà martedì prossimo la Commissione parlamentare di vigilanza il cui presidente Zavoli ha convocato Garimberti e Lei, sottraendoli per un paio d´ore (e ne saranno lieti) al groviglio politicante delle nomine. Mi permetto di suggerire a Garimberti e Lei questa soluzione: far credere agli inserzionisti che Berlusconi stia per acquistare la Rai. Forse i coraggiosi imprenditori italiani dirotterebbero qualche spot da Cologno Monzese a viale Mazzini. 

LA REPUBBLICA del 2 luglio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Non so se per malizia o per caso, ieri questo giornale riportava nella stessa pagina le accuse di Bossi ai napoletani per il disastro dei rifiuti, e la sentenza della Corte d´Appello di Torino che ha condannato per associazione a delinquere i Cobas del latte del Piemonte e l´europarlamentare leghista Giovanni Robusti. Duecento milioni di euro nascosti all´erario attraverso finte vendite di latte a cooperative fittizie, per aggirare le famose multe dell´Ue sullo sforamento delle quote latte. L´intera vicenda delle quote latte (che prende abbrivio, molti anni fa, da dichiarazioni false degli allevatori per pagare meno tasse) è un desolante spaccato socio-economico del Nord Italia. Espedienti e furbate (ai danni degli allevatori onesti), illegalità e corporativismo, e la Lega a reggere il gioco per specularci sopra in termini di voti, di polemica anti-europea e anti-statale, di generica propaganda anti-fiscale. Come direbbe Bossi, una cosa da napoletani, con tanto di "onorevole" che offre aiuto e protezione, però fiorita all´ombra del Monviso e delle verdi valle alpine. Piuttosto che latrare all´indirizzo dei "terroni", il senatore Bossi farebbe meglio a guardare fuori dalla propria finestra. Perché se i voti non puzzano, le condanne per frode sono un brutto affare a qualunque latitudine. Dello scandalo politico delle quote-latte si è parlato molto poco solo perché dell´agricoltura, in questo Paese, non importa niente a nessuno. 

LA REPUBBLICA del 17 giugno 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Cerco di immaginare la vita di questo signor Luigi Bisignani, le mosse, le contromosse, gli abboccamenti, gli incontri, le raccomandazioni, i calcoli a breve medio e lungo periodo, i dossier da tenere curati come le ortensie, una rubrica del telefono grossa come la Treccani, l´agenda personale senza mezza giornata vuota, una rete di conoscenze infinita e guai a rispondere picche a un amico confondendolo con un nemico e viceversa, le trame e l´ordito, gli azzardi e gli errori, le false piste (tempo perso!) e quelle giuste, le vecchie manfrine lasciate a mezza via a causa delle nuove manfrine intraprese e l´ansia di trovare il tempo per non trascurare qualcosa o qualcuno, e presumibilmente il tutto essendo sempre in ordine, lavato, stirato, vestito bene, con l´alito leggero e il sorriso in resta. Potere e denaro, e va bene. Ma la libertà? Che vita devono fare, questi moltiplicatori di occasioni, questi servi della fortuna? Di tutti i vizi, quello della libertà è davvero il più raro. Scriveva Orazio in una delle sue epistole a un Bisignani della sua epoca: ma quand´è che molli Roma e i tuoi trafelati uffici, e tutti quegli isterici e isteriche (oggi si direbbe: stressati e stressate) che ogni minuto ti chiedono qualcosa, e mi raggiungi in campagna a bere il vino nuovo, e far nulla in mia compagnia? Già: quando è che? 

LA REPUBBLICA del 19 luglio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Nel potente articolo di Carl Bernstein (Repubblica di domenica) sullo scandalo che sta travolgendo l´impero di Rupert Murdoch, impressionava l´estrema durezza con la quale il grande giornalista, coautore dello scoop sul Watergate, giudica la stampa popolare anglosassone, quella incentrata sul gossip. Il "segreto" del successo di Murdoch, per Bernstein, è uno solo: l´abbassamento vertiginoso della qualità giornalistica, fino a sostituire alla "faticosa ricerca della verità" quella parodia della realtà che è il gossip. Nel nostro piccolo, anche in Italia abbiamo sperimentato questa progressiva sostituzione della realtà con un suo scadente surrogato, edulcorato e sciocco. Ma il problema è mondiale: la società di massa ha creato un nesso forte e chiaro tra la cattiva qualità e il successo commerciale. Accade per i cibi, per il giornalismo, per la politica, per il turismo, per tutto. Non so quanto sia fondata l´idea (classista) che la qualità sia destinata solo a un pubblico di nicchia, e il "popolo" sia per definizione, direi per destino, di bocca buona. Ma so che, nell´attesa di capire quanto solido e duraturo sia l´impero della mediocrità, l´autostima di ciascuno è la sola bussola che conti, anche per i giornalisti. Forse non si può scegliere se diventare Bernstein o occuparsi delle gravidanze delle attrici. Ma si può scegliere, almeno, di provarci. 

LA REPUBBLICA del 7 luglio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Ci saranno anche utili scrupoli e pensose alternative, dietro la decisione del Pd di astenersi sull´abolizione delle Province proposta da Di Pietro. Ma l´effetto sull´opinione pubblica – devastante – è quello di un voto di potere, che assimila l´astensione del Pd alla posizione di Pdl e Lega, che le Provincie se le tengono strette. Non può essere un caso che i tre maggiori partiti italiani, cioè quelli con il personale politico più numeroso, si siano messi di traverso, e dopo anni (decenni) che si discute di snellire l´enorme apparato buro-politico e ridurne i costi, abbiano ottenuto l´ennesimo rinvio. Come non pensare che il sistema dei partiti anteponga i suoi problemi interni (di personale, di posti di lavoro, di fette di potere da gestire) alle esigenze del Paese? E come non pensare che questo meccanismo auto-riferito, e quasi autistico, sia così devastante da spingere il principale partito di opposizione – in un momento come questo, poi – a confondersi con interessi di casta, a irritare molti dei suoi elettori, ad alzare un mattone in più nel maledetto muro che separa gli eletti dagli elettori? Un partito non è un´azienda, si dice da anni a sinistra per segnare le distanze dal berlusconismo. Ma se poi, quando si vota e si decide sugli assetti della politica e sulla vita amministrativa, un partito vota come se fosse un´azienda che difende i propri interessi, la differenza diventa molto meno percepibile. 
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