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LA REPUBBLICA del 24 agosto 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
I famosi "miliardari russi", alcuni dei quali protagonisti, dopo la caduta dell´Urss, di una delle più colossali spoliazioni di beni collettivi mai viste nella storia dell´umanità, hanno ormai rimpiazzato nel nostro immaginario gli sceicchi arabi. Panfili di speciale cafonaggine e spese sfrontate ne segnano il passaggio nelle località turistiche più celebri e anche più trite, dove nemmeno Christian Vieri si fa più vedere, e dove loro arrivano con qualche decennio di ritardo sulle mode, per l´incredula gioia di albergatori e ristoratori che non speravano più di poter vuotare i freezer e le cantine. Alcuni di costoro acquistano e gestiscono squadre di calcio (russe e non) triplicando o quadruplicando investimenti e stipendi, e rovesciando sul tavolo da gioco tanti quattrini quanti ne dovrebbero bastare, in teoria, a sbaragliare ogni avversario. Ma fin qui hanno vinto poco o nulla, e i titoli di giornale che li riguardano non misurano le vittorie, ma lo sfondamento sistematico di ogni criterio economico e di ogni fair-play. Chi crede che il denaro non sia tutto segua le imprese dei nuovi ricchi dell´Est: sono una preziosa testimonianza che effettivamente no, il denaro non è tutto. 

LA REPUBBLICA del 29 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Quello che passerà alla storia come il processo del Bunga Bunga sta dipanando il suo racconto giudiziario non dico in sordina, ma certamente non in primissimo piano. È come se appartenesse a una fase precedente della vita pubblica italiana. Più che polemiche arroventate, solleva pietose riflessioni. Una delle testi non può presentarsi perché sta dando la maturità, e basterebbe questo dettaglio a far capire che l´accaduto non ha per argomento la morale sessuale, ma la patologia sociale dalla quale (forse) stiamo faticosamente uscendo. Che ci facesse una ragazzina (molte ragazzine) in quei palazzi, in compagnia di un paio di vecchi maschi vanitosi, non è cosa che può spiegarsi con l´eros. La seduzione di un primato politico e di un primato economico entrambi ostentati (coincidenti in una sola persona, e già questo è patologico) ha travolto, per anni, ogni altro criterio, ogni altra logica. Non tanto il pudore sessuale, quanto il pudore sociale ne è uscito annichilito. La disparità smisurata (di età, di censo, di potere, di tutto) tra l´anfitrione e le giovanissime ospiti avrebbe dovuto e potuto suscitare, in molte di loro, una prudente, istintiva diffidenza, e un salvifico "no grazie". Se non è stato così – né per loro, né per milioni di italiani – non è per un difetto di moralità, ma per una micidiale eclissi di quell´orgoglio di classe che è l´unica via di salvezza delle classi subalterne. Olgettine comprese.
 
 

LA REPUBBLICA del 20 luglio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Il povero Mario Cal, manager del San Raffaele, aveva 72 anni. Il suo capo don Verzé ne ha 91. Il loro principale referente politico, il capo del governo, va per i 75. Il suo grande alleato Bossi sta per compierne 70 ed è gravemente malato. Il capo dello Stato, alla cui tenuta psicologica e fisica siamo tutti aggrappati, ne ha appena compiuti 86. Sull´età avanzata del potere italiano si è detto e scritto molto, ma non abbastanza da scalfirne la longevità stupefacente. Nell´astio montante contro "la casta", e più in generale nel senso di declino irreversibile del paese, questo dato anagrafico, ben al di là dei meriti e colpe dei singoli, pesa come un macigno. Desta sgomento in chi, come chi scrive, ha superato i cinquanta. Immagino desti impotenza e rancore in chi è giovane, chiede spazio e voce, e si vede governato non dai padri ma dai nonni. Inoltre: la stagnazione della nostra classe dirigente fa ripensare alla "rivoluzione" di Tangentopoli come a un falso movimento. Una rivoluzione vera rinnova radicalmente la classe dirigente di un paese. L´età ormai castrista del nostro establishment documenta che questo non è mai avvenuto, che chi era ricco e potente vent´anni fa in genere lo è anche adesso. La Prima Repubblica era retta da cinquantenni, la Seconda da settantenni, la Terza, se i conti torneranno, sarà nelle mani dei novantenni. O dei centenari se don Verzé e il San Raffaele troveranno il colpo di reni. 

LA REPUBBLICA del 30 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Di molti intrecci opachi e scandali italiani (P4 e dintorni) si dice, in genere giustamente, che è materia politicamente e moralmente infetta, ma non facile da affrontare e risolvere per via giudiziaria. Di quanto è accaduto alla Rai in questi ultimi anni penso esattamente il contrario: è un tale coacervo di irregolarità, forzature e interventi illeciti, che solo un processo bene istruito e ben condotto potrebbe e dovrebbe, prima o poi, rimettere ordine e rifare giustizia. Dalle carte, dalle intercettazioni, dalle evidenze della vita aziendale, il fondato sospetto è che dentro l´azienda pubblica abbiano agito uomini fedeli alla concorrenza, discutendo e forse concordando con Mediaset i palinsesti. Per capirci: è come se la Coca-Cola avesse imposto alla Pepsi un management di suo gradimento. Che questo corrisponda (come scriveva ieri Massimo Giannini su questo giornale) a un disegno di controllo totale dell´informazione, è certamente un problema politico di prima grandezza. Ma la concorrenza sleale, i danni finanziari, le violazioni di enne regole del libero mercato e di enne norme di diritto amministrativo non sono un problema politico, sono materia tipica per gli avvocati (d´accusa e di difesa, ovviamente) e per la magistratura inquirente e giudicante. 

LA REPUBBLICA del 27 luglio 2011 

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Maiali in piazza Affari, ieri mattina a Milano, davanti alla Borsa che mai aveva udito grugnire sotto la sua bella facciata bianca. Colpo d´occhio notevole, una manifestazione di contadini (uomini e bestie) nel luogo dove l´economia si fa meno concreta, più immateriale, e niente valgono le mani, il sudore, il lavoro fisico. Il primario (che vuol dire: il cibo, il nutrimento della vita) spunta guadagni da fame perché dentro quel grande palazzo bianco, e nei suoi omologhi sparsi per il mondo, pochi speculatori giocano sui prezzi dei cereali, dei mangimi, di tutto quanto viene prodotto al mondo dal lavoro umano, e decidono il destino del pane, della carne, del latte e delle persone che quei fondamenti producono, che su quei fondamenti campano. Mai la parola "valore" fu più storpiata, se il risultato è che il valore del cibo, della terra, della natura è niente rispetto all´azzardo e allo strapotere del capitale finanziario. Più o meno nello stesso momento i pastori sardi protestavano a Cagliari, perché il prezzo del latte è così basso da non coprire neanche le spese. Chi conosce appena un poco l´agricoltura e i suoi problemi ha una richiesta da fare: non chiamatelo più "primario", perché suona come una beffa per un settore che viene ultimo, ignorato e umiliato. 

LA REPUBBLICA del 1 luglio 2011 

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 Ma quanto può durare ancora, l´agonia politica di Silvio Berlusconi? E con quali conseguenze ulteriori, in un paese che avrebbe fretta di voltare pagina e non può, non ci riesce, ne è impedito da un ex leader che non ha più una vera maggioranza, non più una credibilità, non più una prospettiva? Tra i vari scenari ipotizzati (la furia sovversiva del Caimano, il collasso del rapporto tra politica e giustizia, l´accelerazione autoritaria) si fa strada la meno berlusconiana e dunque la meno prevedibile: la mesta ostinazione del pugile suonato che non trova la forza di scendere dal ring, e ripete in modo sempre più flebile e patetico le vecchie mosse un tempo di successo, oggi mal sopportate perfino dal suo entourage. Una decadenza logora e opaca imposta ancora per mesi, magari per un paio d´anni: potrebbe essere questa la vendetta davvero atroce che l´ex dinamico imprenditore, e scoppiettante demagogo, e smodato viveur perpetra ai nostri danni, per punirci di avergli voltato le spalle. Costringerci ad annoiarci e languire al suo capezzale, e dopo averci imposto il vitalismo volgare, e le luci pacchiane del suo potente varietà, renderci spettatori obbligati del suo finale triste, e crocerossini sfiniti della sua ostinazione senile. Tutto, pur di continuare a decidere anche per nostro conto.

LA REPUBBLICA del 28 luglio 2011 

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Se io ti picchio o ti uccido perché tu sei omosessuale, la legge italiana mi condannerà per averti picchiato o ucciso. Ma il movente del reato, ovvero ciò che ha fatto di me un carnefice e di te una vittima, non potrà avere alcun rilievo processuale: il Parlamento italiano ha deciso che accettare l´omofobia tra le aggravanti penali sarebbe "anticostituzionale", perché introdurrebbe un discrimine in favore dei cittadini omosessuali… A ciascuno stabilire se questo voto sia più ridicolo o più osceno. Fingendo di combattere un discrimine giuridico ritenuto omofilo, nega l´esistenza del solo pesante discrimine in opera, che è quello omofobo. Di aggressioni contro eterosessuali al grido di "sporco etero" non si ha infatti notizia, non essendo la cosiddetta "normalità" oggetto di odio o di intolleranza. Mentre di violenze omofobe, al grido di "lurido frocio", che è al tempo stesso un´offesa e una rivendicazione, sono piene le cronache italiane (specialmente romane), ed è in virtù di questa dolorosa e inaccettabile realtà, non certo di astrazioni da leguleio, che si discuteva in Parlamento una legge contro l´omofobia. Questa legge non è passata, e il governo più eterogeneo e diviso del secolo ha ritrovato tutta la sua sicumera per negare compattamente agli omosessuali il diritto di avere un´identità perfino quando per quella identità vengono uccisi. 

LA REPUBBLICA del 2 luglio 2011 

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Non so se per malizia o per caso, ieri questo giornale riportava nella stessa pagina le accuse di Bossi ai napoletani per il disastro dei rifiuti, e la sentenza della Corte d´Appello di Torino che ha condannato per associazione a delinquere i Cobas del latte del Piemonte e l´europarlamentare leghista Giovanni Robusti. Duecento milioni di euro nascosti all´erario attraverso finte vendite di latte a cooperative fittizie, per aggirare le famose multe dell´Ue sullo sforamento delle quote latte. L´intera vicenda delle quote latte (che prende abbrivio, molti anni fa, da dichiarazioni false degli allevatori per pagare meno tasse) è un desolante spaccato socio-economico del Nord Italia. Espedienti e furbate (ai danni degli allevatori onesti), illegalità e corporativismo, e la Lega a reggere il gioco per specularci sopra in termini di voti, di polemica anti-europea e anti-statale, di generica propaganda anti-fiscale. Come direbbe Bossi, una cosa da napoletani, con tanto di "onorevole" che offre aiuto e protezione, però fiorita all´ombra del Monviso e delle verdi valle alpine. Piuttosto che latrare all´indirizzo dei "terroni", il senatore Bossi farebbe meglio a guardare fuori dalla propria finestra. Perché se i voti non puzzano, le condanne per frode sono un brutto affare a qualunque latitudine. Dello scandalo politico delle quote-latte si è parlato molto poco solo perché dell´agricoltura, in questo Paese, non importa niente a nessuno. 

LA REPUBBLICA del 16 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Me lo sono chiesto già diverse volte, e qualche lettore noterà la ripetizione. Ma siccome devo ancora ricevere una risposta esauriente, oppure scoprirla da solo, me lo richiedo anche oggi. Perché la Rai, a fronte di un forte aumento di ascolti (5,8 per cento in più nel 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010) si trova alle prese con una contrazione degli introiti pubblicitari previsti di circa 40 milioni di euro? E perché Mediaset, i cui ascolti sono scesi del 2,1 per cento, vede aumentare la sua pubblicità fino al 56 per cento del mercato totale? Forse che il detto evangelico "gli ultimi saranno i primi" ha preso il sopravvento sulle logiche di mercato? Paolo Conti, che riporta questi dati sul Corriere, lo definisce "un autentico mistero imprenditoriale", non so con quanta dose di ironia. Un mistero che comincia evidentemente a dare nell´occhio, visto che se ne occuperà martedì prossimo la Commissione parlamentare di vigilanza il cui presidente Zavoli ha convocato Garimberti e Lei, sottraendoli per un paio d´ore (e ne saranno lieti) al groviglio politicante delle nomine. Mi permetto di suggerire a Garimberti e Lei questa soluzione: far credere agli inserzionisti che Berlusconi stia per acquistare la Rai. Forse i coraggiosi imprenditori italiani dirotterebbero qualche spot da Cologno Monzese a viale Mazzini. 

LA REPUBBLICA del 17 giugno 2011 

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Cerco di immaginare la vita di questo signor Luigi Bisignani, le mosse, le contromosse, gli abboccamenti, gli incontri, le raccomandazioni, i calcoli a breve medio e lungo periodo, i dossier da tenere curati come le ortensie, una rubrica del telefono grossa come la Treccani, l´agenda personale senza mezza giornata vuota, una rete di conoscenze infinita e guai a rispondere picche a un amico confondendolo con un nemico e viceversa, le trame e l´ordito, gli azzardi e gli errori, le false piste (tempo perso!) e quelle giuste, le vecchie manfrine lasciate a mezza via a causa delle nuove manfrine intraprese e l´ansia di trovare il tempo per non trascurare qualcosa o qualcuno, e presumibilmente il tutto essendo sempre in ordine, lavato, stirato, vestito bene, con l´alito leggero e il sorriso in resta. Potere e denaro, e va bene. Ma la libertà? Che vita devono fare, questi moltiplicatori di occasioni, questi servi della fortuna? Di tutti i vizi, quello della libertà è davvero il più raro. Scriveva Orazio in una delle sue epistole a un Bisignani della sua epoca: ma quand´è che molli Roma e i tuoi trafelati uffici, e tutti quegli isterici e isteriche (oggi si direbbe: stressati e stressate) che ogni minuto ti chiedono qualcosa, e mi raggiungi in campagna a bere il vino nuovo, e far nulla in mia compagnia? Già: quando è che? 
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