LA REPUBBLICA del 21 maggio 2011
Le "sorprese" si fanno ai bambini: vieni Carluccio, che papà ti ha portato una sorpresa. È dunque una inconsueta proprietà di linguaggio quella sfoderata dal ministro Calderoli annunciando "una sorpresa per gli elettori milanesi". Sorpresa è la parola perfetta per chi vede negli elettori dei bambini da incantare, non dei cittadini da servire. E lo sconticino fiscale escogitato in fretta e furia alla vigilia del ballottaggio rimanda diritti ad altre dazioni, alcune pittoresche altre solo squallide, tipiche del peggior paternalismo politico nazionale, dai pacchi di pasta alle scarpe (la destra adesso, la sinistra solo se mi eleggono). Un laurismo a scoppio ritardato che, applicato alla Milano del 2010, non può che irritare ulteriormente un elettorato che non sa che farsene delle "sorprese", e cerca faticosamente di trovare il bandolo di una città in crisi in un Paese in crisi. Conosco un gruppo di ragazzi milanesi (uno tra tanti) che in perfetta solitudine, senza mezzo soldo pubblico, sta per aprire un ostello in pieno centro, e cerca dunque di "fare impresa" così come predicano i miliardari al governo dell´Italia e di Milano. Dall´amministrazione milanese, dal governo, dalla politica hanno avuto zero agevolazioni e zero quattrini. Come volete che accolgano, a un passo dal ballottaggio, una "sorpresa" che puzza lontano un miglio di elemosina offensiva, di buffetto ruffiano?
LA REPUBBLICA del 2 giugno 2011
Tra le varie stravaganze post-elettorali, fa spicco quella uscita di bocca a Formigoni che, papale papale, propone Berlusconi al Quirinale così da liberare il posto di leader del centrodestra a un altro, magari lui stesso. Che un cattolico candidi al Colle l´uomo del Bunga Bunga è già una stupefacente assurdità sul piano etico: ma questi sono conti che Formigoni farà con se stesso, ammesso che conservi l´abitudine di farli. Perfino peggiore è il giudizio politico che il governatore di Lombardia si attira, alla luce del fatto che per quella carica sono richiesti alto profilo istituzionale (quanto ne basta per presiedere anche il Consiglio superiore della magistratura), moderazione nei comportamenti e nelle esternazioni verbali, e una statura politica tale da potersi sollevare al di sopra delle fazioni. Nessuna di queste virtù è in dotazione all´uomo di Arcore, che per giunta è appena sortito da una rovinosa sconfitta politica imputabile proprio a quei difetti di faziosità, insofferenza alle regole, smodatezza di toni e di pensiero che lo rendono palesemente inabile al Colle. Come diavolo si fa, dunque, e proprio in questi giorni, a disegnare un percorso politico che vede Berlusconi al Quirinale? Per formulare un´assurdità del genere, si deve essere più ciechi o più arroganti? Sarà stato informato, il governatore Formigoni, dell´esito delle elezioni?
LA REPUBBLICA del 7 giugno 2011
È difficile, ma non impossibile, che si arrivi al quorum per i quattro referendum del 12 giugno. Dei referendum, in passato, si è abusato fino a svilirne il valore: non per caso è dal ´95 che il fatidico quorum non viene raggiunto. Ma i meno giovani ricordano perfettamente la portata storica di almeno tre referendum (legalizzazione di divorzio e aborto, referendum elettorale di Mario Segni) che sconquassarono il quadro politico e soprattutto diedero il segno di una maturazione profonda, e inattesa, dell´opinione pubblica. Nel clima di riscossa civile aperto dalle amministrative, i quattro quesiti di domenica prossima potrebbero sortire un effetto analogo: ridare alla politica quel significato di cambiamento, di salto di qualità, che la politica riveste nonostante (e contro) il deperimento degli ultimi anni. Chiedete a tutti di andare a votare, discutere con gli incerti e con gli indifferenti, non vergognatevi di sentirvi propagandisti importuni, così come non mi vergogno di scrivere queste righe di smaccata propaganda politica. La posta è alta, il contenuto dei quesiti molto rilevante. Specie i due referendum sull´acqua chiedono di rimettere l´accento sulla dimensione pubblica della nostra convivenza. La politica è tornata. Dite a tutti di tornare alla politica.
LA REPUBBLICA del 14 maggio 2011
Avere rivolto una falsa accusa al suo avversario gioverà o non gioverà alla campagna elettorale di Letizia Moratti? A Milano non si discute d´altro; e il solo fatto che se ne discuta è un indizio tremendo sullo stato della nostra civiltà politica. Un´accusa falsa dovrebbe infatti ritorcersi contro chi la rivolge, almeno in teoria. Se qualcuno dubita di questa logica consequenzialità tra causa ed effetto, è per due ragioni. La prima: è probabile che una parte non piccola degli elettori non sia informata dell´infondatezza dell´accusa. La seconda (ben più grave): è probabile che molti elettori di centrodestra, anche se informati dell´infondatezza dell´accusa, la considerino comunque calzante ai loro pregiudizi su Pisapia, e dunque vera a prescindere. In altre parole, nell´elettorato sedicente moderato, l´odio per "la sinistra" sarebbe così radicato da considerare un dettaglio trascurabile il fatto che Pisapia fosse colpevole o innocente. L´immagine di Pisapia "estremista e amico dei terroristi" serve a milioni di elettori per evitare di fare i conti con la realtà, con la politica, con il giudizio che si è chiamati a dare sul governo di Milano. Berlusconi – che conosce bene il suo elettorato – è sicuro che la sortita di Moratti sia stata vincente. È sicuro, cioè, dell´efficacia della menzogna presso moltissimi italiani. Se ha ragione, vuol dire che ci siamo giocati, come italiani (anche di destra) non questa o quella elezione, ma la realtà.
LA REPUBBLICA del 14 giugno 2011
È una vittoria autoprodotta dai comitati, dalle associazioni, dai blog, dagli individui-cittadini che attraverso mille strade, mille ragioni (e perfino attraverso alcuni partiti, vivificati dall´impatto con l´ondata civile) hanno voluto riprendere in mano il bandolo della cosa pubblica. È una vittoria della società contro il Palazzo (parola che uso malvolentieri, ma in questo caso è perfetta), della politica contro il potere, dell´informazione diffusa che è riuscita a by-passare i media, e a turlupinare chi cercava di turlupinarla. In sequenza secca, l´abbinata amministrative-referendum ribalta la scena della politica italiana, dando al concetto (nobile ma astratto) di "opinione pubblica" un peso formidabile, il volto concreto di milioni di persone. Il boicottaggio arrogante e ottuso della classe di governo (quasi compattamente astensionista), alla luce dei risultati, la fa apparire spiazzata, isolata, fuori tempo: una consorteria in vertiginoso declino. Perfino il problema Berlusconi, che fino a un minuto fa ci appariva una montagna, è solo un aspetto, e forse neanche quello decisivo, di un passaggio d´epoca impetuoso: che rimette l´accento sulla cittadinanza, sulla comunità, insomma sulla politica di tutti e per tutti. La campana suona anche per la sinistra: niente potrà più essere pensato e deciso nelle vecchie stanze chiuse dei notabili di partito.
LA REPUBBLICA del 3 giugno 2011
Il goffo, spregevole trucco del governo per evitare il referendum sul nucleare, a rivederlo adesso dopo la sentenza della Cassazione, sembra esattamente quello che è: un goffo, spregevole trucco. Fino a pochi giorni fa eravamo rassegnati a considerare sortite del genere, malgrado la loro oggettiva miseria politica, come il colpo di mano di un abilissimo baro, che falsa le carte ma riscuote l´applauso di un pubblico stregato dalla sua faccia tosta. Ora che l´applauso sta mutando, inesorabilmente, in fischi e pernacchie, non basta godersi il pur legittimo sollievo. Dobbiamo chiederci su quali debolezze, quali credulità, quali complicità il baro ha potuto costruire, per vent´anni, un consenso così vasto e appassionato. L´Italia non può essere cambiata in pochi mesi, sia pure i primi mesi fatidici del 2011, anno del centocinquantenario e della impetuosa riscoperta di un´identità civile. Vent´anni di incantesimo non si cancellano così in fretta. Vorrei ricordare che il Parlamento di questo Paese, pochi mesi fa, ha votato in maggioranza, e scandalosamente, in favore di un bugia conclamata: che Berlusconi abbia telefonato alla questura di Milano per evitare un incidente diplomatico con Mubarak e la sua nipotina. Veniamo da troppe menzogne, da troppe vergogne, da troppo servilismo, da troppe prepotenze per poterci illudere che tutto sia finito così facilmente.
LA REPUBBLICA del 20 aprile 2011
´Europa che cincischia sull´onda migratoria ha certamente le sue colpe, ma anche le sue attenuanti, vista l´estrema complessità (anche giuridica) del problema. Ma che attenuanti ha l´Europa che vede uno dei suoi membri, l´Ungheria, adottare una nuova Costituzione clerico-fascista, con pesantissime limitazioni dei diritti e della libertà d´espressione, e non muove neanche mezzo passo ufficiale almeno per dire "non sono d´accordo"? Ne aveva già parlato diffusamente e inutilmente (anche su questo giornale) la filosofa Agnes Heller, denunciando la sconcia campagna sciovinista del governo del signor Orban, l´odio contro gli intellettuali e i giornali "nemici della patria", il clima di fanatico richiamo alle "radici etniche", la provocatoria estensione del diritto di voto alle minoranze ungheresi che risiedono nelle nazioni limitrofe, una specie di strisciante annessione in vista di una "Grande Ungheria" (come se non ci fossero bastate la Grande Serbia, la Grande Albania e tutte le truci conseguenze delle piccole patrie che si gonfiano per sfregio del vicino di casa). Possibile che l´Europa, già secolare sentina di ogni faida religiosa, di ogni guerra mondiale e di ogni follia razzista, non abbia ancora gli anticorpi in grado di individuare e neutralizzare un virus micidiale come questo?
LA REPUBBLICA del 21 aprile 2011
Merita molta simpatia un ragazzo di vent´anni (Mattia Calise, grillino) che vuole fare il sindaco di Milano, disinteressatamente, spendendo per la sua campagna elettorale quello che Letizia Moratti spende per una messa in piega, e dichiara ai giornali, insieme a qualche comprensibile fesseria, anche molte cose giuste. Ma la simpatia non basta quando il ragazzo Mattia ripete la solfa (vecchia come il cucco) «destra e sinistra sono la stessa cosa», e mette sullo stesso piano Moratti e Pisapia, che sono due persone profondamente diverse in rappresentanza di culture diverse, interessi diversi, mondi diversi. Per i grillini tutto – tranne loro stessi – è "vecchia politica", ma in questa macina indistinta e rozza tritano persone, esperienze, ideali, comunità che hanno qualche merito da spendere, e qualche esperienza da raccontare. Non voterei mai per un candidato minore (è il caso di Mattia) che rifiuta di dirmi con chi intende allearsi in un eventuale secondo turno di ballottaggio. Il voto non è solo una nobile testimonianza, è una monetina che serve, insieme a milioni di altre monetine, a formare un patrimonio. Si va in politica, si fa politica, per battersi e spesso anche per allearsi e compromettersi. «Destra e sinistra sono uguali» non è politica né antipolitica: è un lusso per presuntuosi. La politica è umile. E fa i conti con l´imperfezione.
LA REPUBBLICA del 26 aprile 2011
A nome dell´associazione Qualcuno Fermi la Cronaca Nera, della quale sono presidente e unico iscritto, mi dichiaro entusiasta dell´esilarante incidente nel quale è incorso il Tg5, mandando in onda in pompa magna la perizia grafologica di una falsa cartolina scritta dal computer di Chi l´ha visto? e attribuita al celebre "papà delle gemelline" (nome d´arte). Siamo alla messa in scena (intervento della grafologa) su una messa in scena (falsa cartolina) di una messa in scena (la cartolina vera spedita dal probabile assassino a infanticidio avvenuto). Solo quest´ultima, che fortunatamente è nelle mani degli inquirenti e non di una redazione televisiva, appartiene all´inevitabile tragedia della realtà. Le altre due, ma soprattutto la sedicente "perizia" effettuata su una grafia che anche un bambino sa attribuire a prima vista al computer, fanno parte di quel fiorente indotto del dolore che è la "nera" televisiva, dilagante su ogni rete, padrona assoluta di molti tigì (i tre di Mediaset grondano sangue quasi da ogni titolo), presenza costante e ossessiva dei palinsesti pomeridiani. Già detto cento volte che quando "nera" e "rosa" dilagano, lo fanno a scapito di quella ragionevole indagine della realtà (e dunque della normalità) che ci aspettiamo dai media. Al nostro boicottaggio volontario (cambiare subito canale), si aggiunge il boicottaggio involontario del Tg5: è un´ottima notizia, e non di nera.
LA REPUBBLICA del 27 aprile 2011
Il pazzesco pestaggio dei due carabinieri in Toscana innesca l´inevitabile, angoscioso dibattito sulle "responsabilità degli adulti". Genitori sconvolti, autorità sbigottite, e chiunque abbia un figlio di quell´età che si chiede quanto lo conosce, e se davvero lo conosce. Tutto dolorosamente giusto, ma forse manca, e manca da troppo tempo, anche un bel dibattito sulle responsabilità dei ragazzi. La responsabilità è un peso dell´individuo: di ogni singolo individuo. Ambiente, società, educazione, modelli di comportamento hanno il loro peso, ma a guidare i pensieri, la testa, le mani è ciascun essere umano. Né la migliore società né il miglior genitore né la migliore scuola possono governare fino in fondo le azioni di un ragazzo e determinarne il destino. Forse gli adulti dovrebbero parlare meno delle loro responsabilità, e di più delle responsabilità dei loro figli. Riusciamo a essere invadenti perfino rispetto alla colpa e al dolore, parliamo dei figli come fossero sacchi vuoti che solo le nostre virtù e i nostri vizi possono riempire. Ci rimproveriamo di "parlare poco ai figli", ma i nostri genitori con noi parlavano anche meno. Era scontato che toccasse a noi (a scuola, con gli amici, poi nel lavoro) essere ciò che eravamo, diventare ciò che eravamo capaci (o no) di diventare. Anche per questo, forse, siamo diventati adulti più in fretta. In grado di affrontare una ramanzina dei carabinieri senza uscire di senno.