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LA REPUBBLICA del 25 marzo 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Con una scelta furbissima (la furbizia è la virtù di chi non ne possiede altre), il governo ha restituito qualche milione di euro a cultura e spettacoli caricandoli sul prezzo della benzina. Dando così modo al Giornale di sparare in prima pagina il ridicolo titolo "Benzina più cara? Colpa di Nanni Moretti", che aggiunge alla montagna d´odio accumulata negli anni contro la "cultura radical chic" una ulteriore cucchiaiata di cacca. Se a questo piccolo sfregio si aggiunge la nomina ai Beni Culturali di Giancarlo Galan, che può anche essere un genio della politica ma con i problemi della cultura ha la stessa dimestichezza che io ho con la cibernetica, si completa un quadro agghiacciante. La nomina non è stata fatta perché serviva un ministro dei Beni Culturali, è stata fatta perché serviva dare un ministero qualsivoglia a Galan (così come serviva dare un ministero, quello dell´Agricoltura, alla famelica pattuglia dei Responsabili: la cosa pubblica usata come moneta politica). Siamo di fronte alla somma aritmetica del peggio della Prima Repubblica (strapotere dei partiti) e del peggio della Seconda (strapotere dei mediocri). È una somma il cui risultato è zero per il Paese, molto per i suoi padroni politici. 

LA REPUBBLICA del 19 febbraio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Ieri le telefonate a Radio Padania schiumavano rabbia e indignazione per lo show tricolore di Benigni a Sanremo. Era prevedibile, ed è comprensibile. In vent’ anni di irresistibile ascesa, la Lega non ha incontrato sul suo cammino anti-nazionale che sparute, timide resistenze. I suoi capi e i suoi militanti si erano trovati nella fortunata (ma ingannevole) condizione di chi guida contromano senza incontrare nessuno nella corsia opposta, fino a convincersi che non esista flusso contrario. Grazie alla quasi fortuita circostanza del centocinquantenario (anche il Caso è motore della Storia), la Lega si trova di fronte, senza aspettarselo, un muro. E per giunta un muro di popolo (65 per cento l’ audience di Benigni!) che non è liquidabile con il tradizionale spregio per i «salotti», i «comunisti», gli intellettuali. Esiste l’ Italia e soprattutto esistono gli italiani, questo il sorprendente contrattempo che, a caldo, fa imbufalire la gente del Carroccio. A freddo, se è vero come dicono che Bossi è un capo saggio e navigato, sarà interessante capire se e quanto la Lega sarà capace di prendere atto di una realtà nuova, che la ricolloca (anche al Nord) nel suo naturale e legittimo ruolo di minoranza politica e soprattutto di minoranza identitaria: la stragrande maggioranza degli italiani si sente italiana. Prima ne prenderanno atto, meglio sarà per tutti.

 LA REPUBBLICA del 9 marzo 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Pare che non poche delle Papi-girls, spalleggiate da quegli implacabili press-agent che sono le madri e i padri, considerino basso il salario e miseri i regali, e nelle loro ciance telefoniche lamentino la "tirchieria" del principale. Se avessero il tempo, nei pochi momenti di relax, di leggersi qualche bigino di storiae di economia, capirebbero che l’ andamento di tutti i mercati – compreso quello della Jolanda, come direbbe la Littizzetto – risente dei tempi e delle condizioni date. Nell’ ancién regime il monarca, essendo lui stesso lo Stato, disponeva di forzieri inesauribili, e poteva concedersi tante manutengole quante ne voleva. Almeno fino a che qualcuno, anche per ripianare il deficit, lo decapitava (altre epoche, altri tagli). Oggi quei tempi dorati sono irripetibili, e un povero premier, per quanto dal portafogli smisurato, non è in grado di emulare quei fasti. E deve farei conti, poi, con la canea abbaiante dei moralisti (tra i quali mi schiero, arf arf) che fanno le pulci perfino al modico conto lasciato al Cipriani di Venezia dalla grande attrice bulgara Bonev (l’ amica Bonev), 97mila miserabili euri, cifretta equivalente allo stipendio (lordo) di quattro anni di un operaio. Non disponendo, il Re Papi, delle riserve auree di Bankitalia, gli tocca tribolare perfino per quel saldo veneziano: e non ha ancora ricevuto il conto della gondola… Non c’ è trippa per le gatte: non per tutte, almeno. Facciano una cassa comune di solidarietà in vista dei periodi grami. È un mestiere, quello, che dura pochi anni. 

LA REPUBBLICA del 20 febbraio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Non credo che i tre anziani borghesoni milanesi che al Dal Verme inveivano contro l’inviato di "Anno zero" fossero di sinistra. Non lo sono neanche le duchessee contesse romane che hanno organizzato una cena pro-Silvio. Non lo sono la maggior parte dei confindustriali e degli italiani ricchi. E l’analisi del voto, città per città, conferma che nei quartieri del centro, tradizionale habitat degli italiani di censo alto, prevale il voto a destra: come da sempre. Come è nata, allora, la vulgata politica di questi anni secondo la quale il popolo tende a destra, la borghesia a sinistra? È nata per solide ragioni di propaganda: quando la destra non è più liberale (e dunque borghese) ma è populista, diventa fondamentale ingigantire la sua composizione popolare. La seconda ragione è culturale. Prevalentemente di sinistra sono, loro sì, i ceti intellettuali (professori, insegnanti, mondo della culturae dello spettacolo), edè in odio a loro che la destra alimenta l’onda di spregio contro i "radical chic". I tre abbienti milanesi che circondavano minacciosi il santoriano Formigli erano certamente più ricchi di lui (anche se più volgari), ma dandogli del "radical chic" potevano travestirsi da animosi protestatari che insorgono contro un privilegiato. Il geniale trucco della destra berlusconiana è esattamente questo: essere al potere, e con il culo al caldo, ma dare a bere ai suoi elettori che stanno facendo la rivoluzione. 

LA REPUBBLICA del 10 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Potessi avere la soluzione di uno dei tanti misteri italiani, ne sceglierei uno apparentemente molto minore, ma carico di significati reconditi: l´autosospensione del ministro della Cultura Sandro Bondi. Da circa tre mesi è chiuso in casa, esacerbato e offeso dall´ostilità dell´opposizione ma anche – si dice – da gravi incomprensioni con la sua parte politica. Non va a lavorare, vuole dimettersi ma non si dimette (né viene dismesso), e questo è già sbalorditivo perché scardina ogni regola e ogni convenzione tra un salariato (Bondi) e i suoi datori di lavoro (noi cittadini contribuenti). Ma ben al di là di questo scandalo "tecnico", si intuisce nel caso Bondi un travaglio umano che, se spiegato, potrebbe darci qualche prezioso elemento in più per capire quella sorta di incantesimo collettivo che chiamiamo berlusconismo. Devoto tra i devoti, innamorato del suo Capo con un trasporto tanto assoluto e indifeso da disarmare molti dei potenziali detrattori, quest´uomo passionale e vulnerabile si è dato improvvisamente alla fuga, disertando un impegno politico (Bondi è anche uno dei tre coordinatori nazionali del Pdl) che pareva ferreo. Che gli è accaduto? Da chi e da che cosa fugge? Sapesse mai spiegarcelo, un giorno anche lontano, sono sicuro che capiremmo molte cose di questi anni, così spiacevoli, così illeggibili. 

LA REPUBBLICA del 30 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Già è stato sottolineato che alla prèmiere di Berlusconi a Palazzo di Giustizia c´erano più giornalisti, fotografi e cameraman che pubblico. Pochi figuranti (un´ottantina pro-Silvio, venti contro) per una troupe così cospicua, che magari sperava di potere immortalare "dal vero" la scena finale del Caimano, con la città in fiamme mentre Lui scende ghignando i gradini del tribunale; e invece si è trovata davanti a una sparuta filodrammatica di massaie osannanti. Dev´essere per rimediare a questo fiasco mediatico che l´avvocato Ghedini ha preparato un cast di testimoni quasi strepitoso, Clooney e la Canalis, Belen senza Corona, la povera Carfagna che cerca invano di essere nominata in quanto ministro e non in quanto Carfagna. Udienze noiosissime potranno così diventare appetibili anche per il popolino televisivo, promosse a spettacolo e dunque sottratte al solito tran-tran della realtà e impacchettate per il Silvio-show. Il copione della giustizia non ha abbastanza appeal per lui, che come la Wandissima si aspetta di scendere tra due ali di boys (i suoi avvocati) e guadagnare il proscenio in un tripudio di fiori, baci, gratitudine. Peccato, solo, per quelle grigie stanze che odorano di vuote attese, di faldoni pieni di acari, di burocrazia. Ci vorrebbero uno scenografo, qualche luce burina ma allegra (basta chiedere a Mediaset), uno stacchetto musicale quando entra il testimone illustre. La Corte sarà disponibile? 

LA REPUBBLICA del 5 marzo 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
 Se vi è sfuggita (su Repubblica di ieri) la foto di Ruby Rubacuori con Gei Ar e il vecchio miliardario austriaco che li ospitava entrambi, cercatela in rete, stampatelae conservatela trai documenti storici. Si vedono due vecchi danarosi (uno americano, uno europeo) che mostrano la dentiera all’ obiettivo. Uno sventola il cappello da cow-boy come Buffalo Bill poco prima del decesso. L’ altro, essendo Gei Ar, è vestito da Gei Are ostenta il sorriso inespressivo dell’ ospite a noleggio. In mezzo ai due trionfa una giovanissima ragazza araba che per il solo talento di avere diciotto anni – talento puramente ormonale – è riuscita in pochi mesi a penetrare in quella decrepita ridotta di miliardi: e sta per espugnarla. È il nostro (meritato) destino. Una civiltà vecchia e di vecchi, seduta su una catasta di privilegi, sarà presto surclassata dalla brulicante marea dei popoli ragazzini (età media degli iraniani: vent’ anni. Età media degli italiani: 45 anni), affamati di pane e di potere, di vita e di agio. È una brutta notizia solo se la vediamo dal punto di vista, molto angusto, dei vecchi che si giocano il patrimonio per un paio di tette, e dei loro eredi che immaginiamo angustiati. Ma dal punto di vista dell’ umanità tutta intera, è una bella notizia: certifica che la vita continua, e che la Storia passa di mano.

LA REPUBBLICA del 22 febbraio 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Questo giornale ha pubblicato ieri un´intervista seria e incalzante al candidato sindaco di Milano Giuliano Pisapia a proposito del suo coinvolgimento indiretto nella vicenda degli affitti di case di proprietà di enti pubblici. Pisapia, che è un galantuomo, ha spiegato (con rammarico perfino eccessivo) che l´affitto della sua attuale compagna (stipulato vent´anni fa e scaduto nel 2008!) è un problema del quale avrebbe dovuto preoccuparsi più tempestivamente. Due considerazioni. La prima: quando leggeremo su un giornale di destra un´intervista altrettanto rigorosa (nelle domande e nelle risposte) a una personalità pubblica di destra coinvolta in scandali veri o gonfiati, sarà un bel giorno per questo Paese. La seconda: nel clima truce e urlante di questi anni, è un palese obiettivo politico intorbidare le acque e confondere dimensioni e gravità delle colpe, da quelle evidenti a quelle presunte. Partecipare alle varie cosche del malaffare e degli appalti deviati, e fidanzarsi con una persona che fu intestataria di un affitto inferiore ai prezzi di mercato non è, ovviamente, la stessa cosa. Interesse del lupo è sostenere che l´agnello è il carnefice, lui la vittima. La diceria dell´untore è che tutti abbiamo la peste, e di conseguenza nessuno è integro, nessuno salvo, nessuno in diritto di giudicare. Vale ripeterlo ogni volta che il lupo ripete il suo verso. 

LA REPUBBLICA del 11 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca

Il reclutamento di Ferrara e (forse) Sgarbi nei palinsesti Rai è una buona notizia, perché aggiunge due voci non banali all´offerta televisiva. Chi non li sopporta (e sono in tanti) potrà rimediare con l´arma finale di ogni teleutente: cambiando canale.

Ma la buona notizia è fortemente condizionata dalle altre scelte della televisione pubblica. Se ai due nuovi ingressi dovessero corrispondere, come è nell´aria, epurazioni e soppressioni di programmi considerati «di sinistra», Ferrara e Sgarbi si troverebbero in una detestabile condizione: quella di rimpiazzi filogovernativi che vanno a maramaldeggiare su un campo di battaglia coperto dai cadaveri dei vinti. In una Rai già pesantemente berlusconizzata (i dati dell´Osservatorio di Pavia sui tigì di gennaio sono raccapriccianti) la puzza di regime sarebbe asfissiante, e definitiva. È quanto chiedono di fatto, con ottusa ferocia, giornali e giornalini di destra, catalizzatori, da anni, di un odio ideologico e perfino fisico per i cosiddetti "conduttori comunisti", in pratica tutti coloro che hanno il torto di non controfirmare le veline di governo. In un paese di sana costituzione democratica (e di davvero libero mercato) la sfida sarebbe solo sul terreno degli ascolti e dei risultati professionali. Poiché quel terreno, per i "conduttori comunisti", è stato fin qui vincente, restano, per combatterli, la delegittimazione giornalistica e il bavaglio politico.

LA REPUBBLICA del 31 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Ieri, per il berlusconismo, è stato il Giorno Perfetto. Mentre a Roma, nella sala macchine, la sua ciurma manometteva il diritto, inceppandone gli ingranaggi, lui sulla tolda mediatica, a Lampedusa, raccoglieva l´applauso del popolo, recitando un discorso memorabile, capolavoro dell´irrealtà, nuvola di cipria, polvere d´oro negli occhi del suo pubblico. Così come John Kennedy disse "io sono berlinese", rendendo universale una condizione specifica, lui dice "io sono lampedusano", rendendo personale una questione collettiva. Promette un campo da golf, case colorate, rimboschimenti, il premio Nobel "della pace", una scuola, una flotta di "navi passeggere" che portino in crociera i clandestini, e su tutto leva, scintillante come Excalibur, il suo rogito salvifico, l´acquisto di una villa (e dagli) a Lampedusa. La redenzione passa da lui, dall´annessione dell´isola a Berlusconia, dalla sua fulminea promozione da asilo di disperati a residenza di miliardari. Dicendo "io sono lampedusano", ha detto molto di più. Ha detto ai lampedusani "voi siete Berlusconi", e in quanto tali salvi, sollevati da ogni pena. La gente, attorno a lui, era entusiasta. E pochi minuti dopo, già i nuovi vicini di casa vedevano rivalutati i loro quattro sassi. Come gli aquilani, tra qualche anno anche i lampedusani avranno diritto a un apposito figurante che, per 300 euro, esprimerà gratitudine per ciò che non è stato fatto. 
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