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LA REPUBBLICA del 20 febbraio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Non credo che i tre anziani borghesoni milanesi che al Dal Verme inveivano contro l’inviato di "Anno zero" fossero di sinistra. Non lo sono neanche le duchessee contesse romane che hanno organizzato una cena pro-Silvio. Non lo sono la maggior parte dei confindustriali e degli italiani ricchi. E l’analisi del voto, città per città, conferma che nei quartieri del centro, tradizionale habitat degli italiani di censo alto, prevale il voto a destra: come da sempre. Come è nata, allora, la vulgata politica di questi anni secondo la quale il popolo tende a destra, la borghesia a sinistra? È nata per solide ragioni di propaganda: quando la destra non è più liberale (e dunque borghese) ma è populista, diventa fondamentale ingigantire la sua composizione popolare. La seconda ragione è culturale. Prevalentemente di sinistra sono, loro sì, i ceti intellettuali (professori, insegnanti, mondo della culturae dello spettacolo), edè in odio a loro che la destra alimenta l’onda di spregio contro i "radical chic". I tre abbienti milanesi che circondavano minacciosi il santoriano Formigli erano certamente più ricchi di lui (anche se più volgari), ma dandogli del "radical chic" potevano travestirsi da animosi protestatari che insorgono contro un privilegiato. Il geniale trucco della destra berlusconiana è esattamente questo: essere al potere, e con il culo al caldo, ma dare a bere ai suoi elettori che stanno facendo la rivoluzione. 

LA REPUBBLICA del 10 marzo 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Potessi avere la soluzione di uno dei tanti misteri italiani, ne sceglierei uno apparentemente molto minore, ma carico di significati reconditi: l´autosospensione del ministro della Cultura Sandro Bondi. Da circa tre mesi è chiuso in casa, esacerbato e offeso dall´ostilità dell´opposizione ma anche – si dice – da gravi incomprensioni con la sua parte politica. Non va a lavorare, vuole dimettersi ma non si dimette (né viene dismesso), e questo è già sbalorditivo perché scardina ogni regola e ogni convenzione tra un salariato (Bondi) e i suoi datori di lavoro (noi cittadini contribuenti). Ma ben al di là di questo scandalo "tecnico", si intuisce nel caso Bondi un travaglio umano che, se spiegato, potrebbe darci qualche prezioso elemento in più per capire quella sorta di incantesimo collettivo che chiamiamo berlusconismo. Devoto tra i devoti, innamorato del suo Capo con un trasporto tanto assoluto e indifeso da disarmare molti dei potenziali detrattori, quest´uomo passionale e vulnerabile si è dato improvvisamente alla fuga, disertando un impegno politico (Bondi è anche uno dei tre coordinatori nazionali del Pdl) che pareva ferreo. Che gli è accaduto? Da chi e da che cosa fugge? Sapesse mai spiegarcelo, un giorno anche lontano, sono sicuro che capiremmo molte cose di questi anni, così spiacevoli, così illeggibili. 

LA REPUBBLICA del 30 marzo 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Già è stato sottolineato che alla prèmiere di Berlusconi a Palazzo di Giustizia c´erano più giornalisti, fotografi e cameraman che pubblico. Pochi figuranti (un´ottantina pro-Silvio, venti contro) per una troupe così cospicua, che magari sperava di potere immortalare "dal vero" la scena finale del Caimano, con la città in fiamme mentre Lui scende ghignando i gradini del tribunale; e invece si è trovata davanti a una sparuta filodrammatica di massaie osannanti. Dev´essere per rimediare a questo fiasco mediatico che l´avvocato Ghedini ha preparato un cast di testimoni quasi strepitoso, Clooney e la Canalis, Belen senza Corona, la povera Carfagna che cerca invano di essere nominata in quanto ministro e non in quanto Carfagna. Udienze noiosissime potranno così diventare appetibili anche per il popolino televisivo, promosse a spettacolo e dunque sottratte al solito tran-tran della realtà e impacchettate per il Silvio-show. Il copione della giustizia non ha abbastanza appeal per lui, che come la Wandissima si aspetta di scendere tra due ali di boys (i suoi avvocati) e guadagnare il proscenio in un tripudio di fiori, baci, gratitudine. Peccato, solo, per quelle grigie stanze che odorano di vuote attese, di faldoni pieni di acari, di burocrazia. Ci vorrebbero uno scenografo, qualche luce burina ma allegra (basta chiedere a Mediaset), uno stacchetto musicale quando entra il testimone illustre. La Corte sarà disponibile? 

LA REPUBBLICA del 5 marzo 2011

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
 Se vi è sfuggita (su Repubblica di ieri) la foto di Ruby Rubacuori con Gei Ar e il vecchio miliardario austriaco che li ospitava entrambi, cercatela in rete, stampatelae conservatela trai documenti storici. Si vedono due vecchi danarosi (uno americano, uno europeo) che mostrano la dentiera all’ obiettivo. Uno sventola il cappello da cow-boy come Buffalo Bill poco prima del decesso. L’ altro, essendo Gei Ar, è vestito da Gei Are ostenta il sorriso inespressivo dell’ ospite a noleggio. In mezzo ai due trionfa una giovanissima ragazza araba che per il solo talento di avere diciotto anni – talento puramente ormonale – è riuscita in pochi mesi a penetrare in quella decrepita ridotta di miliardi: e sta per espugnarla. È il nostro (meritato) destino. Una civiltà vecchia e di vecchi, seduta su una catasta di privilegi, sarà presto surclassata dalla brulicante marea dei popoli ragazzini (età media degli iraniani: vent’ anni. Età media degli italiani: 45 anni), affamati di pane e di potere, di vita e di agio. È una brutta notizia solo se la vediamo dal punto di vista, molto angusto, dei vecchi che si giocano il patrimonio per un paio di tette, e dei loro eredi che immaginiamo angustiati. Ma dal punto di vista dell’ umanità tutta intera, è una bella notizia: certifica che la vita continua, e che la Storia passa di mano.

LA REPUBBLICA del 22 febbraio 2011

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Questo giornale ha pubblicato ieri un´intervista seria e incalzante al candidato sindaco di Milano Giuliano Pisapia a proposito del suo coinvolgimento indiretto nella vicenda degli affitti di case di proprietà di enti pubblici. Pisapia, che è un galantuomo, ha spiegato (con rammarico perfino eccessivo) che l´affitto della sua attuale compagna (stipulato vent´anni fa e scaduto nel 2008!) è un problema del quale avrebbe dovuto preoccuparsi più tempestivamente. Due considerazioni. La prima: quando leggeremo su un giornale di destra un´intervista altrettanto rigorosa (nelle domande e nelle risposte) a una personalità pubblica di destra coinvolta in scandali veri o gonfiati, sarà un bel giorno per questo Paese. La seconda: nel clima truce e urlante di questi anni, è un palese obiettivo politico intorbidare le acque e confondere dimensioni e gravità delle colpe, da quelle evidenti a quelle presunte. Partecipare alle varie cosche del malaffare e degli appalti deviati, e fidanzarsi con una persona che fu intestataria di un affitto inferiore ai prezzi di mercato non è, ovviamente, la stessa cosa. Interesse del lupo è sostenere che l´agnello è il carnefice, lui la vittima. La diceria dell´untore è che tutti abbiamo la peste, e di conseguenza nessuno è integro, nessuno salvo, nessuno in diritto di giudicare. Vale ripeterlo ogni volta che il lupo ripete il suo verso. 

LA REPUBBLICA del 11 marzo 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca

Il reclutamento di Ferrara e (forse) Sgarbi nei palinsesti Rai è una buona notizia, perché aggiunge due voci non banali all´offerta televisiva. Chi non li sopporta (e sono in tanti) potrà rimediare con l´arma finale di ogni teleutente: cambiando canale.

Ma la buona notizia è fortemente condizionata dalle altre scelte della televisione pubblica. Se ai due nuovi ingressi dovessero corrispondere, come è nell´aria, epurazioni e soppressioni di programmi considerati «di sinistra», Ferrara e Sgarbi si troverebbero in una detestabile condizione: quella di rimpiazzi filogovernativi che vanno a maramaldeggiare su un campo di battaglia coperto dai cadaveri dei vinti. In una Rai già pesantemente berlusconizzata (i dati dell´Osservatorio di Pavia sui tigì di gennaio sono raccapriccianti) la puzza di regime sarebbe asfissiante, e definitiva. È quanto chiedono di fatto, con ottusa ferocia, giornali e giornalini di destra, catalizzatori, da anni, di un odio ideologico e perfino fisico per i cosiddetti "conduttori comunisti", in pratica tutti coloro che hanno il torto di non controfirmare le veline di governo. In un paese di sana costituzione democratica (e di davvero libero mercato) la sfida sarebbe solo sul terreno degli ascolti e dei risultati professionali. Poiché quel terreno, per i "conduttori comunisti", è stato fin qui vincente, restano, per combatterli, la delegittimazione giornalistica e il bavaglio politico.

LA REPUBBLICA del 31 marzo 2011 

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Ieri, per il berlusconismo, è stato il Giorno Perfetto. Mentre a Roma, nella sala macchine, la sua ciurma manometteva il diritto, inceppandone gli ingranaggi, lui sulla tolda mediatica, a Lampedusa, raccoglieva l´applauso del popolo, recitando un discorso memorabile, capolavoro dell´irrealtà, nuvola di cipria, polvere d´oro negli occhi del suo pubblico. Così come John Kennedy disse "io sono berlinese", rendendo universale una condizione specifica, lui dice "io sono lampedusano", rendendo personale una questione collettiva. Promette un campo da golf, case colorate, rimboschimenti, il premio Nobel "della pace", una scuola, una flotta di "navi passeggere" che portino in crociera i clandestini, e su tutto leva, scintillante come Excalibur, il suo rogito salvifico, l´acquisto di una villa (e dagli) a Lampedusa. La redenzione passa da lui, dall´annessione dell´isola a Berlusconia, dalla sua fulminea promozione da asilo di disperati a residenza di miliardari. Dicendo "io sono lampedusano", ha detto molto di più. Ha detto ai lampedusani "voi siete Berlusconi", e in quanto tali salvi, sollevati da ogni pena. La gente, attorno a lui, era entusiasta. E pochi minuti dopo, già i nuovi vicini di casa vedevano rivalutati i loro quattro sassi. Come gli aquilani, tra qualche anno anche i lampedusani avranno diritto a un apposito figurante che, per 300 euro, esprimerà gratitudine per ciò che non è stato fatto. 

LA REPUBBLICA del 6 marzo 2011

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
 Nell’ asfissiante pressing che gli uomini del governo infliggono alla Rai, e alle persone che per la Rai lavorano e alla Rai portano ascolti e quattrini (Gabanelli, Santoro, Floris, Fazio, Dandini e a chi tocca tocca), c’ è un aspetto particolarmente grave e particolarmente insopportabile. Nessuno di questi censori, regolamentatori, suggeritori ha ombra di titolo professionale per dare lezioni di televisione a persone che la televisione la fanno – e bene – da una vita. Non ne sanno niente, e se discettano di un prodotto della cui natura e della cui fattura ignorano tutto, è solo in virtù di un mandato politico. Sono, di fatto, pretoriani di partito che fanno irruzione in una fabbrica pretendendo (come fa l’ onorevole Butti con la sua ridicola proposta di “alternanza dei conduttori”) di insegnare alle maestranze di quella fabbrica come si lavora. E il colmo è che accusano di “politicizzazione” (proprio loro, che senza un mandato politico in Rai non potrebbero mettere piede nemmeno come figurante) interi pezzi di palinsesto, guarda caso tra i più premiati dagli ascolti. La pura veritàè che del prodotto non gli importa un fico, e anzi (vedi il caso di “Vieniviaconme”) li rattrista un’ impennata di ascolti che, fossero davvero interessati ai destini della Rai, dovrebbe farli felici. Al di là del tentativo di controllo politico, quando li senti parlare lasciano l’ impressione di mediocri che odiano i meritevoli.

LA REPUBBLICA del 23 febbraio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Si farebbe a meno degli umori leggeri, di fronte a tragedie come quella libica. Ma inevitabilmente, e non certo per colpa nostra, la parabola catastrofica del colonnello Gheddafi scatena, nei peggiori bar delle nostre città, fantasie mezzo satiriche mezzo politico-diplomatiche sul suo destino, se ad Arcore (dividendo la cameretta con l´amico Putin) o ad Antigua, se da solo sul Mig o con un cargo di amazzoni al seguito. E quale uniforme, in caso di fuga, sceglierà nel suo guardaroba, quella ieratica (la sola elegante) da capo beduino o quella da generale pazzo mutuata dalle peggiori tradizioni dell´occidente colonizzatore? O tutte e due, per segnalare il disastro bicefalo prodotto dal colonialismo militare e dall´arcaismo tribale? E soprattutto: che cosa staranno pensando, in queste ore, le miss reclutate a mazzi per ascoltare le lezioni coraniche di un tizio che fa bombardare il suo popolo? Avranno colto la differenza tra una convention di elettrodomestici e lo strano stage di indottrinamento nato sull´asse di ferro Roma-Tripoli, oppure penseranno solo di essersi prestate a un pomeriggio appena più pittoresco del normale? E se hanno conservato il velo in omaggio, sapranno rivolgere un pensiero alle donne libiche che quel velo, adesso, lo usano per asciugare il sangue?

LA REPUBBLICA del 12 marzo 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Leggendo sui quotidiani che gli investimenti pubblici per la banda larga sono passati in due anni da un miliardo e trecento milioni di euro a 70 milioni di euro, giuro che ho pensato a un refuso. «Saranno 700 milioni», ho pensato, e già sarebbe stato gravemente significativo un dimezzamento dei quattrini destinati a dotare anche l´Italia di una rete Internet adeguata ai tempi. Ma no, non era un refuso. Sono proprio 70 milioni. È il gruzzolo che rimane dopo ripetuti dirottamenti di fondi statali verso il digitale terrestre, cioè verso la televisione. Indipendentemente da ogni sospetto, o illazione, o documentata notizia sui destinatari del lucroso (e obbligatorio) passaggio dall´analogico al digitale terrestre, rimane l´oggettiva volontà politica di favorire la televisione rispetto a Internet. La differenza tra i due media è evidente e risaputa: la televisione è controllabile dall´alto, specie in un Paese nel quale coincidono potere politico e potere televisivo. Internet è incontrollabile, come dimostrano le recenti insurrezioni giovanili e urbane nell´Africa del Nord, in buona parte nate e alimentate in rete. Avvantaggiare la prima e ostacolare il secondo è una scelta politica di enorme impatto sul presente e soprattutto sul futuro, così come decidere di costruire autostrade piuttosto che ferrovie. Rendiamocene conto: il potere berlusconiano sta giocando, quasi tutte assieme, le carte con le quali cerca di chiudere la sua partita. 
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