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LA REPUBBLICA del 16 dicembre 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
“Se mi dicono che non posso più prendere un taxi o offrire un caffè al bar, io mi adeguo”, dice il consigliere regionale Bossetti (Lega Nord) al quale la Procura di Milano chiede conto di alcune pittoresche richieste di rimborso spese alla Regione. Come il collega di partito Toscani (cartucce da caccia, ostriche, cioccolata), come Renzo Bossi (videogiochi, sigarette, bibite), come la miracolata Minetti (creme per il viso, iPhone, cenette), come decine di altri colleghi, Bossetti sposa una linea di difesa tra l’amareggiato e l’offeso. Come se non capisse esattamente perché mai si scatena tutto questo casino “per un taxi e un caffè”. Naturalmente non si tratta di un taxi e di un caffè, ma di una lista pantagruelica e ridicola di spese voluttuarie il cui simbolo supremo sono le creme per il viso della Minetti (sì, gliele avete pagate voi con le vostre tasse). Ma anche fossero solo un taxi e un caffè, la cosa sbalorditiva è che non li sfiora nemmeno l’idea di pagarseli di tasca loro, il taxi e il caffè, come da una vita fanno le persone normali. Lei non ha idea, consigliere Bossetti, di quanti taxi e quanti caffè potrebbe ancora prendere liberamente (addirittura andando in taxi a prendere il caffè, o bevendo un caffè in taxi) se solo decidesse di mettere mano al portafogli. Il suo. 

LA REPUBBLICA del 19 dicembre 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Forte dei suoi 20.252 elettori alle primarie online (andranno in Parlamento persone che hanno avuto 90 preferenze, giusto i parenti e la cerchia degli amici più stretti), Beppe Grillo definisce “buffonarie” le imminenti primarie del Pd per scegliere i suoi candidati. In termini squisitamente matematici, è come se un criceto desse del nano a un elefante. In termini politici sarebbe interessante e utile capire in base a quali criteri logici, o etici, o dialettici, il sistema di selezione dei candidati adottato da Grillo (20.252 votanti alle sue primarie) sia migliore o più democratico o più rappresentativo o più efficiente di quello adottato dal Pd o da chiunque altro. Ma non lo sapremo mai, perché Grillo è uomo di sintesi (anche l’invettiva è una sintesi) ma non di analisi: e dunque se dice “Tizio è un cretino” e tu gli chiedi di spiegarti perché, la conversazione ha termine. Infine in termini umani – che perfino in politica, dopotutto, non sono così secondari – quello che colpisce, in Grillo, è la totale mancanza di magnanimità e di generosità nel giudicare chiunque non sia egli stesso, e qualunque atto o parola non gli appartenga. Lui ha ragione e gli altri torto, punto e basta. Fatte dagli altri, le primarie sono comunque merda. Fatte da lui (20.252 elettori), oro. 

LA REPUBBLICA del 15 dicembre 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Ragionando in astratto, ma anche in concreto, l’ipotesi di un centrodestra guidato da Monti che sfida un centrosinistra guidato da Bersani è quasi inebriante. Non dimentichiamo che stiamo parlando di un Paese ormai assuefatto a un micidiale mix di volgarità e inettitudine, nel quale più nulla pare riformabile, rimediabile, curabile. La normalità ci è negata da tempo, e la sola idea che a Palazzo Chigi, chiunque vinca le elezioni, ci vada una persona normale, quasi commuove, e ridispone alla serenità come la convalescenza dopo la malattia. In questo quadro non mi è chiaro in base a quale sofisticato calcolo alcuni del Pd hanno accolto di malanimo l’eventualità di una candidatura di Monti. Non aveva forse detto, il saggio Bersani, che il bene del Paese viene prima del bene del partito? Un Monti leader del centrodestra invece del vaneggiante e derelitto Berlusconi, sarebbe o non sarebbe un bene per il Paese? Il fatto che Monti sia un avversario più autorevole e dunque più impegnativo e pericoloso del sedicente Silvio è ovvio. Ma il livello dello scontro elettorale salirebbe di parecchio; e chiunque aspiri a governare non può che desiderare che la politica recuperi decenza e credibilità. 

LA REPUBBLICA del 23 ottobre 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
In una delle tante trasmissioni radio e tivù recentemente riciclate nel genere “dagli alla Casta” (gettonatissimo, ma a rischio di inflazione), il conduttore ha raccontato l’ultima impresa della Polverini spiegando che ha usato l’auto di scorta per andare a comperare, in contromano, “un paio di scarpe di gran lusso”. Mi è tornato alla mente un magistrale titolo di “Cronaca vera” di tanti anni fa: “Violenta la cognata su un tappeto di gran pregio”. Nel quale l’efferatezza del crimine viene esaltata, come si intende, dalla cornice di sfrenato comfort nel quale matura. Come è ovvio, il gesto della Polverini sarebbe stato ugualmente censurabile anche se fosse andata all’Upim, o a prendere un caffè da sua zia. Ma specificare che puntava a un paio di scarpe “di gran lusso”, in tempi di crisi, rende lo scandalo, diciamo così, più scandaloso. Allo stesso modo, quando sui giornali si vuole fare polemica contro questo o quello, si scrive che è “lautamente pagato”. Nessun cattivo, se notate, è mai normalmente pagato. Tutti lautamente. E calpestano tappeti di gran pregio calzando scarpe di gran lusso. 

LA REPUBBLICA del 5 febbraio 2013 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
C’è davvero qualcosa di vizioso nel signore straricco che parla solo di quattrini, e promette agli italiani la restituzione di una certa sommetta, e la fa tintinnare in televisione. Qualcosa di vizioso e di arcaico, un rapporto di signoraggio e dunque di sudditanza, di dipendenza, di corruttibilità che non odora di libertà, non di dignità, non di democrazia. Posto che i soldi sono importanti, lo sono in politica e lo sono nella vita di ciascuno, e che disprezzarli è un detestabile snobismo; disgusta, però, questo continuo farne il centro di gravità permanente, la quadratura del cerchio, il solo argomento (insieme al sesso) che merita una strizzata d’occhio, una gomitata d’intesa. Il concetto stesso di “idee politiche” – figuriamoci l’etica o la cultura o i diritti o quant’altro – svanisce in mezzo al puzzo disgustoso di una continua, ininterrotta compravendita di consenso, di fiducia, perfino di amore. Il losco intendersi tra il multimiliardario e i derelitti che gli danno credito concede a questi ultimi un sentimento soltanto, che è quello dell’invidia. Chi ha dignità e tiene in buon conto se stesso, non importa se povero o ricco, di destra o di sinistra, capisce che il solo possibile rapporto, con quel signore, è non avere con lui alcun rapporto. Starne alla larga. Chi lo tocca, o anche solo lo ascolta, diventa come lui. 

LA REPUBBLICA del 8 febbraio 2013 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Le polemiche sulla ricandidatura della parlamentare del Pdl Fiorella Ceccacci ci fanno capire quanto sia faticoso, nella politica e nella società italiana, rintracciare un bandolo etico, spesso coincidente con un bandolo logico. All’onorevole Ceccacci si imputa di avere girato un film erotico diretto da Tinto Brass. Ma non è una prova di indegnità politica: o meglio, può esserlo solo in una comunità sessuofoba. Sarebbe una prova di indegnità politica, invece, avere ottenuto un incarico pubblico in cambio di favori sessuali. Circostanza che, in ogni modo, potrebbe riguardare una suora o una ragioniera e non necessariamente un’attrice erotica. Quando si parla di “mignottocrazia” non ci si riferisce alla moralità delle elette nella loro vita privata; ci si riferisce all’eventualità, effettivamente deplorevole, che alcune signore e signorine riscuotano uno stipendio pubblico non per meriti o competenze, ma perché si sono concesse a un uomo di potere. L’onorevole Ceccacci fa dunque bene a pretendere che non la si giudichi per quelle immagini. Giudicherà da se sola (poiché solo lei conosce i fatti) se occupa quel seggio per le sue capacità o per la benevolenza di un maschio Alfa. 

LA REPUBBLICA del 3 gennaio 2013 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
La quasi totale rimozione della questione sociale è stato il tratto politico più forte, e più sconvolgente, degli ultimi anni. Soprattutto in Italia, dove questa rimozione ha indossato la maschera tragicomica del berlusconismo, poveri o semipoveri che venerano il più ricco, come se le sue promesse bugiarde fossero l’oppio indispensabile per dimenticare per sempre di essere svantaggiati, subalterni, umiliati. Anche alla luce di questo lungo inganno, mi ha fortemente colpito l’articolo di Gad Lerner ( Repubblicadi ieri) sulla povertà, meglio sull’impoverimento che oramai lambisce anche le porte di chi ci è parente o amico. Sostenere – come fa Lerner – che il compito prioritario della politica è combattere la povertà non solo non è una banalità; è, nei fatti, una rarità (giornalistica così come politica). Ma nello sgretolarsi del welfare, nella contrazione paurosa del lavoro, quale altro obiettivo può essere più importante, e al tempo stesso più innovativo, dell’organizzazione di un argine sociale alla miseria e alla solitudine? “Una nuova società più conviviale nella quale ritrovare il modo di aiutarci”, scrive Lerner. Mi sembra, con buona approssimazione, l’eccellente sintesi del programma elettorale di qualunque sinistra. 

LA REPUBBLICA del 14 dicembre 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
È stato chiarissimo, siete voi che non avete capito. Ha detto che nell´ipotesi che Monti si candidi a capo della coalizione che, pur stimandolo, gli ha appena tolto la fiducia, allora lui non si candida, ma mantiene la candidatura, forse la sua forse quella di Alfano, nel caso che Monti non si candidi oppure si candidi per una coalizione che non comprende il Pdl, tenendo fermo il fatto che Alfano è il candidato ideale ovviamente se non si candida lui stesso oppure Monti, a patto che la Lega accetti Monti nella coalizione dopo avere chiarito che quando la Lega gli dava del maledetto vampiro, a Monti, non si riferiva alla persona di Monti ma al governo Monti, perché l´alleanza con la Lega non è in discussione ma neanche il ruolo di Monti nell´eventuale ruolo di candidato di tutti i moderati dei quali lo stesso Berlusconi è comunque il garante tanto se si candida quanto se non si candida, nel quadro di una sicura visione europea perché l´Europa deve smettere di imporci il ricatto dello spread il quale del resto, votando alla fine di febbraio o all´inizio di marzo, ma volendo anche nei mesi estivi, subirà delle variazioni che non possono avere alcuna influenza sulla candidatura sua, di Alfano oppure di Monti. 

LA REPUBBLICA del 28 novembre 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Vicende come quella dell’Ilva alimentano un sospetto radicale. Che questa crisi non finirà mai: nel senso che questo sistema produttivo, questa organizzazione del lavoro, questi modelli di consumo hanno concluso la loro parabola ascendente, imboccando la china declinante. Se questo è vero – se, cioè, la crisi è davvero “strutturale” o “di sistema” come dicono in parecchi – chiunque annunci la fine della crisi mente; o si sbaglia; o si sente in dovere di dare conforto. L’agonia di un sistema – o di una civiltà – fa comunque parte della fisiologia della storia umana. La cosa davvero interessante da sapere e da capire, oggi, è dove sono, nel mondo e Italia, i semi della società futura e di una nuova economia; dove e perché nascono nuovi lavori e dunque nuovi posti di lavoro (quelli vecchi sono destinati ad assottigliarsi sempre di più) ; quali sono le persone e i luoghi che continuano a pensare il futuro e soprattutto ad architettarlo. Se fossi un leader politico cercherei in tutti i modi di scovare queste energie, organizzarle, metterle in rete. La grande utopia, per la politica di oggi, è provare a evitare che sia una guerra mondiale a segnare, come è quasi sempre accaduto, il passaggio d’epoca. 

LA REPUBBLICA del 13 dicembre 2012 

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Con una tenacia impressionante Pierluigi Battista rilancia, sul “Corriere”, il verbo terzista, lamentando il ritorno sulla scena del vecchio match berlusconiani-antiberlusconiani, trattati come le due fazioni rissose e inconcludenti che rubano la scena ai discorsi seri, alla politica seria, all’Italia seria. Nell’analisi di Battista manca una terza fazione (imbalsamata almeno quanto le prime due) che è la sua, quella dei terzisti. Che da anni fissano la scena evitando accuratamente di cogliere il rapporto di causa ed effetto che spiega la rissa in corso: l’antiberlusconismo è ovvia conseguenza del berlusconismo, è il livido che segnala la martellata, la difesa che replica all’offesa. Gli antiberlusconiani sarebbero stati entusiasti di non parlarne mai più e di passare ad altro argomento (ce ne sono tanti). Non è colpa loro, soprattutto non è scelta loro se quel signore nefasto, che ha reso ridicola l’Italia nel mondo, è ricicciato fuori quando nessuno (compresi parecchi dei suoi) ne sentiva la mancanza. Battista abbia pazienza, si spolveri la giacchetta dal polverone che solleviamo noi rissanti, quando avremo finito (perché prima o poi questo strazio finirà) gli faremo un fischio. 
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