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LA REPUBBLICA del 27 luglio 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Da ieri a Milano si torna a circolare liberamente in automobile nelle strette vie del centro. La diminuzione del traffico, degli incidenti e del tasso di veleni nell’aria sono stati un successo, ma il vero successo l’ha ottenuto Mediolanum Parking, un parcheggio privato in Corsia dei Servi, che ha ottenuto dal Consiglio di Stato l’annullamento del provvedimento della giunta Pisapia. Motivo: gli interessi di Mediolanum Parking sono stati lesi dalla diminuzione del traffico. Prendo alla lettera la sentenza del Consiglio di Stato, dalla quale si apprende che gli interessi di un privato sono la stella polare che deve tracciare il cammino. Considero che il mio privato interesse di abitante di Milano sia gravemente leso dalla riapertura di Area C, e dunque da Mediolanum Parking. Invito chiunque si consideri personalmente danneggiato dalla riapertura indiscriminata al traffico, a non parcheggiare mai più a Mediolanum Parking, boicottando chi boicotta la lotta all’inquinamento e ostacola la battaglia in favore dei mezzi pubblici. Se dev’essere una guerra tra interessi privati, a decidere il futuro di Milano e non solo, non è giusto che a combatterla sia solamente la lobby dei parcheggi.

LA REPUBBLICA del 3 ottobre 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
La foto di Lele Mora che lavora in un campo soddisfa, di primo acchito, il facile piacere di vedere un ex privilegiato faticare come l’ultimo dei braccianti. Ma è questione di un attimo – il tempo di mettere davvero a fuoco quell’immagine – e si vede solo un uomo di una certa età che prova ad affidare a mani e braccia il compito di ridare un poco di senso, forse una regola, a un’esistenza travolta prima da una tempesta economica, poi dallo scandalo e dalla galera. Non ho nessuna simpatia per Mora, per il lavoro vacuo e cortigiano in cui eccelleva, per l’odiosa leggerezza con la quale ostentava le sue simpatie mussoliniane. Ma quella foto non può che generare rispetto. Rimanda a qualcosa che sappiamo (o intuiamo) riguardare tutti, indistintamente: nell’umiltà del lavoro manuale, e specialmente del lavoro agricolo, c’è una misura che dissolve molti inganni, e suggerisce la più ovvia, la più basica delle ripartenze: chinare la schiena. La fatica fisica è stata, per i nostri avi, una maledizione. Per molti regimi carcerari è una punizione. Per un evo ammalato di virtualità, potrebbe essere una guarigione. 

LA REPUBBLICA del 7 settembre 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Il codazzo di fotografi, cameramen e cronisti che fa da scorta a Nicole Minetti costituisce, in sé, una delle prove più schiaccianti della mancanza di dignità e di libertà del sistema mediatico così come ci illudiamo di gestirlo e così come lo stiamo subendo, per metà impotenti e per metà complici. Non c’è persona di buon senso, di qualunque orientamento ideologico e livello culturale, che non ritenga futile e dannoso dedicare tempo, tecnologia, parole e pensieri a una figuretta minore della nostra scena pubblica che è stata, a suo tempo, co-protagonista di uno scandalo di regime e oggi è protagonista di niente. Con la sola e spiegabile eccezione della stessa signorina Minetti, nessuno ha interesse a tenere acceso anche un solo riflettore su di lei. Se questo avviene è solo perché il potere (anzi: il dovere) di scegliere che cosa mostrare, di che cosa parlare è progressivamente venuto meno fino a scomparire dentro l’alibi – davvero ignobile – che bisogna “dare alla gente quello che vuole”: ma la gente legge e clicca ciò che le viene offerto, non altro. Non è la gente che fabbrica le notizie, sono i media. Anche il più scalcinato dei bancarellai ha facoltà di decidere quali merci esporre. I media sono gli unici commercianti che danno sempre al cliente la colpa della loro merce avariata. 

LA REPUBBLICA del 14 settembre 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Breve sunto dei pensieri e dei dubbi di un probabile elettore alle probabili primarie del centrosinistra. Bersani è una persona seria, competente e anche simpatica, ma è troppo legato alla cultura produttivista del Novecento e all’ossessione della crescita. Renzi è tosto e ha ragione da vendere quando accusa il paese (e il Pd) di essere castali e gerontocratici, ma ancora non ho capito che idea di società ha in testa, ammesso ne abbia una. Vendola ogni volta che parla mi fa capire che senso ha essere di sinistra, ma vederlo in fotografia con Diliberto e Ferrero mi fa dubitare delle sue capacità di stare in un governo senza sfasciarlo. Tabacci è bravo e intelligente, quando lo vedo da Gad Lerner sono tanto contento, ma con il centrosinistra che accidenti c’entra? Laura Puppato (vedi intervista a Concita De Gregorio, Repubblica di ieri) è l’unica donna e il suo programma è di gran lunga la cosa più intelligente, bella e consolante fin qui udita, ma fino a ieri l’altro non sapevo chi fosse e un dalemiano chiederebbe: quante divisioni ha Laura Puppato? Classifica (del tutto personale, nonché aggiornabile): prima Puppato, secondi ex aequo Bersani e Vendola, quarto Renzi, fuori concorso Tabacci. 

LA REPUBBLICA del 4 settembre 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Finché siamo noi della sinistra incanutita, a borbottare contro la dittatura dei mercati finanziari, possiamo anche credere di star ripetendo le solite vecchie solfe, come ufficiali in congedo nel loro circolo polveroso. Ma quando è la signora Merkel a dire che i mercati finanziari «non sono al servizio del popolo perché negli ultimi cinque anni hanno consentito a poca gente di arricchirsi a spese della maggioranza”, aggiungendo che “non bisogna consentire ai mercati di distruggere i frutti del lavoro della gente”, beh, ci sentiamo un poco rinfrancati. Forse alcune delle fole novecentesche attorno alle quali ci siamo formati — per esempio che il lavoro degli esseri umani deve avere più valore della speculazione, per il semplice fatto che vale di più — andrebbero rivalutate, visto che seducono anche una valorosa scampata al comunismo della Ddr, nemicissima dell’economia pianificata e statalizzata, leader autorevole del liberismo applicato. Non per tartufismo, ma per evidente comodità tattica, di qui in poi potremmo sempre aggiungere ad ogni critica ai mercati finanziari una postilla invincibile: “Credete che l’abbia detto Nichi Vendola? Macché! L’ha detto la Merkel”. 

LA REPUBBLICA del 28 giugno 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Se tutti “seguono”, chi dirige? Se lo chiede Thomas Friedman sul New York Times e su questo giornale (ieri), in un eccellente editoriale, “Il potere dei followers”, nel quale ragiona sulla coincidenza, non casuale, tra trionfo dei nuovi media e crisi delle leadership mondiali. Classi dirigenti risucchiate dall’ossessione di “piacere alla gente”, e condannate a saperlo in tempo reale, non sono più in grado di concentrarsi sul diritto-dovere di fare scelte e fare programmi (cioè di fare il proprio mestiere di classe dirigente) senza farsi schiacciare da quel costante aggiornamento sulle opinioni e le emozioni di massa che sono Twitter, Facebook e i media sociali in genere. È come se ogni gesto, ogni parola fosse continuamente sotto il ricatto di un fischio o di un applauso. A quanto scrive Friedman va aggiunto che i media sociali sono al tempo stesso causa ed effetto di un nuovo tipo di democrazia diretta che si considera tanto più efficiente e virtuosa quanti più “followers” e “mi piace” riesce a rastrellare, ovvero quanto più “uguale a me” risulta essere il mondo. Ma, forse per un vecchio equivoco, credo che la forza della democrazia non è permettermi di votare per chi è uguale a me, ma per chi è migliore di me. 

LA REPUBBLICA del 17 luglio 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Risuonano ripetuti “allarme crescita”. Rimandano all’obbligo, decisamente ansiogeno, di ricominciare a correre, incrementare numeri, migliorare il rendimento. Come il tamburo nelle triremi romane, l’“allarme crescita” esorta ad accelerare il ritmo della voga: ma a parte i rematori scoppiati, c’è un sacco di gente che non ha più nemmeno un remo da impugnare, neanche per darsi un contegno. I disoccupati, i pensionati, gli esodati, gli imprenditori espulsi dalla corsa, i ragazzi in coda in attesa di un imbarco che non verrà mai. Capita così che l’allarme crescita finisca per sembrare più irritante che invogliante. È un “dover essere” che assomiglia sempre meno alla ricerca di un decente equilibrio tra vita e lavoro, soldi e libertà, consumi e necessità. Se c’è un momento per pensare a un’alternativa, per inventarsi una via di fuga, è esattamente questo. Si ignora se davvero esistano una o più rivoluzioni “fai da te”, lavori nuovi, romitaggi, farsi monaca, vivere di pane e ceci, aprire un bar in Alaska, diventare ricchi brevettando le bolle di sapone quadrate, non so. Certo quando risuona, lugubre e trafelato, l’“allarme crescita”, si avverte con certezza assoluta che non è più questo il ritmo che ci salverà. 

LA REPUBBLICA del 16 giugno 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Fa simpatia il nuovo sindaco di Parma, il pallido Pizzarotti, che per raccomandarsi a qualche santo dei dintorni si insedia citando Guareschi. La citazione è un po’ goffa, ma congrua: “nel suo mondo alcune figure si scontrano, ma poi arrivano al bene dei cittadini”. Voleva dire che Peppone e don Camillo litigano su tutto, ma sulle grandi scelte, quelle che mettono in gioco la dignità e l’identità dell’intera comunità, si ritrovano alleati. È una versione nobile (e letteraria) di quello che oggi si chiama “consociativismo”. Fa specie, la citazione, in bocca al primo sindaco importante di un movimento che ha fatto sfracelli maledicendo i compromessi, minacciando sfracelli, rifiutando qualunque tipo di alleanza o apparentamento. Così, del resto, è il potere: se si è stupidi rende più arroganti, se si è intelligenti rende più umili, perché se ne percepisce il peso. Quando ero giovane giudicavo malissimo il rivoltoso che entrando a Palazzo abbassava la cresta, cambiava tono e atteggiamento. Pensavo al tradimento. Con gli anni, si arriva a capire che è fisiologico debuttare da rivoluzionari e governare da riformatori. Pizzarotti merita tutti i nostri auguri. Anche perché governa una città difficile e poco affidabile: prima di lui i parmigiani avevano eletto la maggioranza più incapace e corrotta del pianeta. Non so se lo meritano, Pizzarotti. 

LA REPUBBLICA del 4 luglio 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Un senatore che si chiama Bodega è stato molto sbertucciato sul web perché ha sbagliato un congiuntivo parlando a Palazzo Madama. Non si vede dove stia la notizia: questa legislatura è ricca di onorevoli (specie leghisti e dipietristi) che hanno problemi già con l’indicativo, non si può pretendere che padroneggino addirittura il congiuntivo. Piuttosto, si è avuto modo di sapere, a margine del discorso di Bodega, che costui, eletto nella Lega, oggi fa parte di un raggruppamento politico che si chiama, ve lo giuro, Siamo Gente Comune. (Il solo precedente politico noto è “Semo gente de borgata” dei Vianella). Immagino che questa gioiosa rivendicazione di ordinarietà, nelle intenzioni del Bodega e dei suoi compagni di strada, giustifichi e anzi rivendichi un parlato molto spiccio: è gente che lavora, non ha mica tempo da perdere con quel tipico espediente da radicalchic che è il congiuntivo. Il problema è che la gente comune, proprio perché sa quanto sia faticoso e importante esprimersi bene, si è via via affidata, nei secoli, a tribuni dall’oratoria trascinante, leader di alto profilo intellettuale, oratori in grado di affrontare alla pari i rappresentanti delle classi privilegiate. In sintesi: perché la gente comune, con tutti gli svantaggi che ha, dovrebbe anche farsi rappresentare in Parlamento dal senatore Bodega? 

LA REPUBBLICA del 26 maggio 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Il capitalismo ha molti difetti, ma tra i suoi pregi annovera l´etica del rischio individuale. Non si capisce, dunque, con chi ce l´hanno i risparmiatori che hanno strapagato le azioni di Facebook e ora vogliono rivalersi in tribunale dopo il tracollo delle medesime. Si dice "giocare in Borsa", significa – appunto – che si può vincere ma si può anche perdere. Se qualcuno (brocker o altri) ha sopravvalutato il valore di Facebook, qualcun altro ha deciso di fidarsi dei suoi consigli e ha perso la scommessa. Se la prenda con se stesso. Gli investitori spennati che vanno dall´avvocato mi ricordano i fumatori ammalati che fanno causa ai produttori di sigarette. Prima di smettere ho fumato per quarant´anni, sapevo benissimo che i miei polmoni non se ne sarebbero avvantaggiati, considererei vile e stupido dare la colpa al tabacco: la colpa, se mi ammalo di cancro ai polmoni, è solo mia. Colpisce constatare, dopo un paio di secoli di cultura capitalista e di culto dell´individualismo, che la pratica della responsabilità personale è ancora così poco diffusa, e dare la colpa ad altri (allo Stato, alle banche, alla Borsa, al sistema) è un vizio spalmato ovunque, tra le piagnucolanti clientele dello Stato assistenziale così come tra gli intrepidi (apparentemente) investitori americani. 
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