LA REPUBBLICA del 27 settembre 2011
Ma per altri italiani (molti, forse moltissimi) questi vent´anni non sono affatto passati invano. Grazie alla progressiva sconfitta del cosiddetto "giustizialismo" (il solo affermarsi di quella parola segna la netta vittoria culturale degli immoralisti al potere), e allo sdoganamento politico-culturale dell´ambizione privata come giustificazione di qualunque furbata o porcheria o sopraffazione, sono diventati ricchi. Hanno fatto strada, strappato appalti, conquistato amicizie. Si sono sentiti finalmente liberi di dare gomitate, di essere sleali, di vivere "da leoni e non da pecore" come da folgorante sintesi di una delle fidanzatine del Sire. Rispetto a vent´anni fa, il ceto dei furbi e degli sgomitanti non è solo materialmente più vasto e radicato. È, soprattutto, più cosciente della propria nuova centralità politica e del proprio diritto (sì, diritto) di farsi largo con ogni mezzo. Bastò una procura, vent´anni fa, per ribaltare l´Italia. Non ne basterebbero cento, oggi, per ridarle fiato.
LA REPUBBLICA del 11 settembre 2011
LA REPUBBLICA del 28 settembre 2011
LA REPUBBLICA del 14 settembre 2011
LA REPUBBLICA del 12 luglio 2011
LA REPUBBLICA del 30 luglio 2011
Leggo avidamente le cronache del "Trota-gate", vicenda minore ma gustosissima del sottobosco lumbard. Pare pensata da Piero Chiara e scritta, però, da un suo emulo non di vaglia, di quelli che mandano tutto in vacca fin dalle prime righe. A cominciare dal nome di battaglia della protagonista, "Monica della Valcamonica", assessore regionale lombardo. Per proseguire con la sensitiva-veggente da lei fatta assumere al Pirellone, seguace del culto di Orion (la Giunta Formigoni, si sa, è molto attenta alla religione). E poi gli immancabili dossier (chi non ne ha un paio nel cassetto?) che riguarderebbero quelle che i giornali chiamano "storie di corna", per fare fuori i rivali interni del Trota, affidato dal papà a Monica della Valcamonica e a uno staff, come dire, piuttosto composito, anzi talmente composito che ne faceva parte anche l´indimenticabile Valerio Merola detto Merolone. E finte lauree in psicologia, e un mondo di paesi, di compaesani e di millanterie paesane, di aspirazioni nate al bar e trascinate con febbrile fatica fino a Milano, la grande città che non vota Lega ma alla quale i leghisti arrivano come Renzo Tramaglino, tramortiti dallo stupore. Detestiamo i dossier: puzzano. Ma una sbirciata a un dossier a caso di quelli compilati dalla maga del Pirellone e da Monica della Valcamonica dev´essere un divertimento irresistibile.