Archive : Category

LA REPUBBLICA del 2 agosto 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Dalle inchieste sui diversi scandali politico-affaristici, in particolare quella sulla cosiddetta P4, emerge un giro vorticoso di quattrini, con gente di non conclamato talento professionale che intasca per una "mediazione" quanto una persona onesta guadagna in un paio d´anni. E già questo è uno schiaffo non solamente alla legge, ma anche all´economia, perché sovverte ogni rapporto tra merito individuale e reddito: il complice o il servente di un politico disonesto può diventare ricco in poco tempo anche se è un fior di coglione. Di quasi peggio c´è il traffico di posti pubblici, incarichi di para-governo, consulenze dorate pagate con il denaro della comunità. Spicchi dello Stato usati per premiare i complici, i famigli o gli amiconi. E questo è un delitto contro la democrazia, perché mina alla base il concetto stesso di classe dirigente. Quei posti, nei paesi civili, sono l´approdo dei migliori, sono i luoghi dove si formano gli alti burocrati e i civil servant sulle cui spalle caricare le decisioni difficili, le responsabilità gravi. Sono posti importanti, ambiti, prestigiosi, che in Italia rischiano di diventare, agli occhi di un´opinione pubblica disgustata, il bottino maleodorante di una guerra per bande. Dire "consulente del Ministro" non può significare automaticamente genio da riverire. Ma non può diventare neanche sinonimo di losco intrallazzone. 

LA REPUBBLICA del 16 luglio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Da qualche giorno l´ipotesi più accreditata sul silenzio del premier è che "tace per non turbare i mercati". Non ho mai capito bene come funzionano i mercati, ma che il silenzio di un capo di governo sia giovevole alla salute dell´economia mondiale è una circostanza davvero curiosa, e quanto meno incongrua rispetto alle sue funzioni. È come dire che il successo di un´opera lirica è legato all´afonia del tenore, che un autista d´autobus è meglio che non guidi, che uno slalomista fortunatamente ha dimenticato a casa gli sci, che una pornostar ha tutte le cerniere lampo inceppate. Qualcosa non quadra nel profilo professionale di questi signori.
Lui, poi, ha sempre "fatto il fenomeno", come si dice a Roma. Loquacissimo, socievolissimo, spiritosissimo, non c´è occasione che non gli abbia dato il destro di una battuta, di un frizzo, di una sortita brillante. Nel caso di un leader pensoso e riflessivo, un eventuale silenzio potrebbe ammantarsi di un qualche significato recondito: chissà cosa starà pensando… Nel suo caso, nessuno può sospettare pause di riflessione. Ci ha talmente abituati all´invasività delle sue parole, sorrisi, discorsi, videoclip, che quando tace fa lo stesso effetto di un orologio a cucù quando il tempo passa, ma il cucù non esce. Vuol dire che è rotto. 

LA REPUBBLICA del 13 luglio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
La gretta, striminzita legge sul fine-vita voluta dalla maggioranza non è solo illiberale, perché costringe gli individui, proprio nel loro momento di estrema debolezza, a una morale imposta. È anche profondamente classista, perché da quel vincolo possono agevolmente liberarsi soprattutto i più facoltosi, i più colti e i più cosmopoliti, ai quali l´Italia appare ogni giorno di più una piccola provincia arretrata e (in questo caso) violenta, dalla quale uscire ogni volta che si desideri vivere più liberamente e liberamente morire. Mentre chi ha meno soldi e meno esperienza del mondo rimane inchiodato a questa croce, e sarà costretto a morire come vogliono i cardinali e non come vogliono loro o come detta la natura o come suggerisce il loro personale, inviolabile rapporto con la morte e con l´eterno. C´è una oramai millenaria retorica sugli umili come favoriti dal Padre, e di più facile accesso nel regno dei cieli. Ma si rinnova il sospetto, in occasioni come queste, che la predilezione per gli umili non sgorghi tanto dal cuore di Dio quanto dall´arbitrio delle gerarchie: che senza gli umili da dirigere e da controllare, non dirigerebbero né controllerebbero più niente e nessuno. 

LA REPUBBLICA del 19 luglio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Nel potente articolo di Carl Bernstein (Repubblica di domenica) sullo scandalo che sta travolgendo l´impero di Rupert Murdoch, impressionava l´estrema durezza con la quale il grande giornalista, coautore dello scoop sul Watergate, giudica la stampa popolare anglosassone, quella incentrata sul gossip. Il "segreto" del successo di Murdoch, per Bernstein, è uno solo: l´abbassamento vertiginoso della qualità giornalistica, fino a sostituire alla "faticosa ricerca della verità" quella parodia della realtà che è il gossip. Nel nostro piccolo, anche in Italia abbiamo sperimentato questa progressiva sostituzione della realtà con un suo scadente surrogato, edulcorato e sciocco. Ma il problema è mondiale: la società di massa ha creato un nesso forte e chiaro tra la cattiva qualità e il successo commerciale. Accade per i cibi, per il giornalismo, per la politica, per il turismo, per tutto. Non so quanto sia fondata l´idea (classista) che la qualità sia destinata solo a un pubblico di nicchia, e il "popolo" sia per definizione, direi per destino, di bocca buona. Ma so che, nell´attesa di capire quanto solido e duraturo sia l´impero della mediocrità, l´autostima di ciascuno è la sola bussola che conti, anche per i giornalisti. Forse non si può scegliere se diventare Bernstein o occuparsi delle gravidanze delle attrici. Ma si può scegliere, almeno, di provarci. 

LA REPUBBLICA del 20 luglio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Il povero Mario Cal, manager del San Raffaele, aveva 72 anni. Il suo capo don Verzé ne ha 91. Il loro principale referente politico, il capo del governo, va per i 75. Il suo grande alleato Bossi sta per compierne 70 ed è gravemente malato. Il capo dello Stato, alla cui tenuta psicologica e fisica siamo tutti aggrappati, ne ha appena compiuti 86. Sull´età avanzata del potere italiano si è detto e scritto molto, ma non abbastanza da scalfirne la longevità stupefacente. Nell´astio montante contro "la casta", e più in generale nel senso di declino irreversibile del paese, questo dato anagrafico, ben al di là dei meriti e colpe dei singoli, pesa come un macigno. Desta sgomento in chi, come chi scrive, ha superato i cinquanta. Immagino desti impotenza e rancore in chi è giovane, chiede spazio e voce, e si vede governato non dai padri ma dai nonni. Inoltre: la stagnazione della nostra classe dirigente fa ripensare alla "rivoluzione" di Tangentopoli come a un falso movimento. Una rivoluzione vera rinnova radicalmente la classe dirigente di un paese. L´età ormai castrista del nostro establishment documenta che questo non è mai avvenuto, che chi era ricco e potente vent´anni fa in genere lo è anche adesso. La Prima Repubblica era retta da cinquantenni, la Seconda da settantenni, la Terza, se i conti torneranno, sarà nelle mani dei novantenni. O dei centenari se don Verzé e il San Raffaele troveranno il colpo di reni. 

LA REPUBBLICA del 1 giugno 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Il centrosinistra non è la somma (variabile) dei partiti che lo compongono. È molto di più, qualitativamente e (soprattutto) quantitativamente. È la somma dei cittadini italiani disposti a votarlo, ai quali importa nulla se il candidato è del Pd, di Sel, dell´Idv o altro: basta che sia un candidato credibile, e che sia scelto con le primarie, e sarà il candidato di tutti. Questa, in sintesi, è la lezione di questo fantastico voto. Ora si tratta di capire se i leader hanno fatto lo stesso salto di qualità dei loro elettori. O se qualcuno ha ancora intenzione di mestare nel fondo disseccato della vecchia politica, pasticciando con accordi di vertice, patti opachi, spartizioni di potere, furbate tattiche, sgambetti reciproci tra i dinosauri della nomenklatura. Costoro, se come Berlusconi non hanno avuto il tempo per stabilire la data del loro funerale, facciano almeno lo sforzo di stabilire la data della loro resa incondizionata alla volontà del loro stesso popolo. Mettano i loro incarichi, le loro fondazioni, le loro logore reputazioni di ex-strateghi a disposizione del movimento, evitando di disturbare chi ha vinto e scoprendo – meglio tardi che mai – il piacere dell´umiltà. Lavorino per gli altri e non per se stessi. La smettano di spiegarci che cosa dobbiamo fare. E ci chiedano: "Che cosa vi serve?"

LA REPUBBLICA del 14 giugno 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
È una vittoria autoprodotta dai comitati, dalle associazioni, dai blog, dagli individui-cittadini che attraverso mille strade, mille ragioni (e perfino attraverso alcuni partiti, vivificati dall´impatto con l´ondata civile) hanno voluto riprendere in mano il bandolo della cosa pubblica. È una vittoria della società contro il Palazzo (parola che uso malvolentieri, ma in questo caso è perfetta), della politica contro il potere, dell´informazione diffusa che è riuscita a by-passare i media, e a turlupinare chi cercava di turlupinarla. In sequenza secca, l´abbinata amministrative-referendum ribalta la scena della politica italiana, dando al concetto (nobile ma astratto) di "opinione pubblica" un peso formidabile, il volto concreto di milioni di persone. Il boicottaggio arrogante e ottuso della classe di governo (quasi compattamente astensionista), alla luce dei risultati, la fa apparire spiazzata, isolata, fuori tempo: una consorteria in vertiginoso declino. Perfino il problema Berlusconi, che fino a un minuto fa ci appariva una montagna, è solo un aspetto, e forse neanche quello decisivo, di un passaggio d´epoca impetuoso: che rimette l´accento sulla cittadinanza, sulla comunità, insomma sulla politica di tutti e per tutti. La campana suona anche per la sinistra: niente potrà più essere pensato e deciso nelle vecchie stanze chiuse dei notabili di partito. 

LA REPUBBLICA del 18 giugno 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
"Il linguaggio è importante", scrive Pierluigi Battista sul Corriere biasimando le sgarberie e la rozzezza verbale di alcuni (molti) dei governanti. Già. Ma il linguaggio era importante anche "prima". Quando la destra vinceva. Quando non al nervosismo o allo choc della sconfitta, ma alla sicumera del potere si potevano attribuire l´aggressività e le insolenze (Bossi che mostra il dito medio, Bossi che fa il gesto dell´ombrello, Calderoli che vuole portare i porci a pascolare davanti alle moschee, Berlusconi che dà del coglione a chi non lo vota: la lista è interminabile). Non è agli sconfitti, è soprattutto ai vincitori che urge rinfacciare la bassa qualità dei comportamenti e delle parole. La vittoria non è un lasciapassare, semmai è un ulteriore carico di responsabilità. A Vendola, giustamente, è stata rimproverata una smagliatura ("abbiamo espugnato Milano") uscitagli di bocca proprio nel momento del trionfo. Ci si chiede – e non è una polemica – se la notte sarebbe stata meno lunga, la caduta di stile meno implacabile, se ciò che appariva protervo e insopportabile, nel potere berlusconiano e bossiano, lo fosse stato per chiunque aveva occhi per vedere e orecchie per sentire. Noi moralisti di Repubblica saremmo stati molto felici di dividere con qualcun altro la fatica e la noia (soprattutto la noia) di ripetere per quasi vent´anni le stesse cose. 

LA REPUBBLICA del 2 giugno 2011  

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Tra le varie stravaganze post-elettorali, fa spicco quella uscita di bocca a Formigoni che, papale papale, propone Berlusconi al Quirinale così da liberare il posto di leader del centrodestra a un altro, magari lui stesso. Che un cattolico candidi al Colle l´uomo del Bunga Bunga è già una stupefacente assurdità sul piano etico: ma questi sono conti che Formigoni farà con se stesso, ammesso che conservi l´abitudine di farli. Perfino peggiore è il giudizio politico che il governatore di Lombardia si attira, alla luce del fatto che per quella carica sono richiesti alto profilo istituzionale (quanto ne basta per presiedere anche il Consiglio superiore della magistratura), moderazione nei comportamenti e nelle esternazioni verbali, e una statura politica tale da potersi sollevare al di sopra delle fazioni. Nessuna di queste virtù è in dotazione all´uomo di Arcore, che per giunta è appena sortito da una rovinosa sconfitta politica imputabile proprio a quei difetti di faziosità, insofferenza alle regole, smodatezza di toni e di pensiero che lo rendono palesemente inabile al Colle. Come diavolo si fa, dunque, e proprio in questi giorni, a disegnare un percorso politico che vede Berlusconi al Quirinale? Per formulare un´assurdità del genere, si deve essere più ciechi o più arroganti? Sarà stato informato, il governatore Formigoni, dell´esito delle elezioni?
 
  

LA REPUBBLICA del 28 giugno 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
«Siamo come i galli contro i romani», dicono i no-Tav. Duole ricordare loro che i romani stravinsero, e usando una potenza soverchiante al cui confronto le legioni di Maroni sono una delegazione amichevole. Giocava, in favore dei romani, un salto tecnologico (e politico, scientifico, amministrativo, culturale, burocratico) di qualche secolo. Chi vince soggiogando popoli e paesaggi non è mai simpatico, ma spesso incarna un´idea di mondo più funzionale e dinamica, che sta in piedi perché (e fino a che) favorisce molte più persone di quante ne danneggia. La lotta dei no-Tav ha molte buone ragioni, e a parte i fanatici che usano quel luogo e quella situazione come una palestra (una vale l´altra), un sacco di gente brava, ragionevole e informata è contro quel buco nella montagna. Ma a favore di quel buco c´è l´Europa, e per quanto arbitraria e discussa sia, l´istituzione transnazionale che chiamiamo Europa è la sola speranza che abbiamo di un futuro pensato su larga scala, e condiviso con altri popoli. Un futuro che ci salvi dalla dannazione delle Piccole Patrie, che sono la sentina di ogni grettezza reazionaria, di ogni chiusura di orizzonte. Non possiamo invocarla quando ci fa comodo, l´Europa, e maledirla quando mette il naso nel nostro cortile. O la malediciamo sempre, come fa con qualche coerenza Borghezio, o ne accettiamo lo scomodo ma autorevole patrocinio. 
Torna all'inizio