Archive : Category

LA REPUBBLICA del 15 luglio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Secondo i deputati leghisti Fugatti e Negro è necessario appendere il crocifisso anche all´interno della Camera dei deputati perché "sarebbe imperdonabile ignorare da dove deriva la democrazia, ovvero dalla tradizione cristiana". Di fronte a questo ridicolo tartufismo (condito di ignoranza) devo dire di preferire di gran lunga lo schietto fanatismo dell´ultradestra cattolica, i vari lefevriani e lepantisti che brandiscono la croce come un´arma propria, e della democrazia se ne infischiano. Loro, almeno, si battono apertamente per una società confessionale e papista, non laica e non separata dalla Chiesa, per la quale democrazia e pluralismo sono un insopportabile cedimento alla secolarizzazione e ai suoi vizi. La Lega, dopo avere giocherellato per anni con un paganesimo da cartoni animati, da un po´ di tempo ha scoperto le radici cristiane, che pratica con l´impaccio di un hobby troppo impegnativo. Libera di farlo, e libera, anche, di considerare la laicità dello Stato un insignificante dettaglio. Ma non vengano a raccontarci, i leghisti, queste panzane imparaticce sul nesso (inesistente) tra imposizione del crocifisso e democrazia. Siano coerentemente intolleranti e coerentemente di destra, e diano al loro istinto reazionario una congrua base culturale. Meriterebbero almeno il rispetto che si deve a chi sa quello che è e quello che vuole. 

LA REPUBBLICA del 31 luglio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Non sapevo proprio che Amaca scrivere, oggi su questo giornale che è in lutto, e si sente più solo e più debole perché ha perduto uno dei suoi uomini più bravi e più forti. Poi ho pensato che la cosa più giusta da dire, su Peppe e di riflesso su noi tutti, era anche la più semplice: il giornalismo, che è uno dei mestieri più ignobili del mondo (rifugio di vice-scrittori, palestra di improvvisatori, bolgia di pettegoli), può anche diventare uno dei mestieri più coraggiosi e necessari. A un patto: che il giornalista ci creda e che lo voglia. D´Avanzo ci ha creduto e lo ha voluto. Il giornalismo non esiste, esistono i giornalisti. Quelli bravi e anche quelli bravissimi non li riconosci perché sono infallibili (ogni grande firma ha in archivio i suoi errori). Li riconosci perché non sprecano mai il mestiere, non lo lasciano scolorire nella routine, non permettono alle parole di perdere significato e potere. Le parole senza significato sono quelle che occultano, coprono tutto sotto una coltre inespressiva, sono il bla-bla che ammazza la pubblica opinione e la confonde. Le parole bene assestate, scelte con fatica e a volte dissotterrate dal silenzio e dal conformismo, sono un´arma fantastica e un dono alla comunità nella quale si vive. Un dono di libertà. Il giornalismo non è all´altezza di quel dono, ma alcuni giornalisti sì. 

LA REPUBBLICA del 2 agosto 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Dalle inchieste sui diversi scandali politico-affaristici, in particolare quella sulla cosiddetta P4, emerge un giro vorticoso di quattrini, con gente di non conclamato talento professionale che intasca per una "mediazione" quanto una persona onesta guadagna in un paio d´anni. E già questo è uno schiaffo non solamente alla legge, ma anche all´economia, perché sovverte ogni rapporto tra merito individuale e reddito: il complice o il servente di un politico disonesto può diventare ricco in poco tempo anche se è un fior di coglione. Di quasi peggio c´è il traffico di posti pubblici, incarichi di para-governo, consulenze dorate pagate con il denaro della comunità. Spicchi dello Stato usati per premiare i complici, i famigli o gli amiconi. E questo è un delitto contro la democrazia, perché mina alla base il concetto stesso di classe dirigente. Quei posti, nei paesi civili, sono l´approdo dei migliori, sono i luoghi dove si formano gli alti burocrati e i civil servant sulle cui spalle caricare le decisioni difficili, le responsabilità gravi. Sono posti importanti, ambiti, prestigiosi, che in Italia rischiano di diventare, agli occhi di un´opinione pubblica disgustata, il bottino maleodorante di una guerra per bande. Dire "consulente del Ministro" non può significare automaticamente genio da riverire. Ma non può diventare neanche sinonimo di losco intrallazzone. 

LA REPUBBLICA del 16 luglio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Da qualche giorno l´ipotesi più accreditata sul silenzio del premier è che "tace per non turbare i mercati". Non ho mai capito bene come funzionano i mercati, ma che il silenzio di un capo di governo sia giovevole alla salute dell´economia mondiale è una circostanza davvero curiosa, e quanto meno incongrua rispetto alle sue funzioni. È come dire che il successo di un´opera lirica è legato all´afonia del tenore, che un autista d´autobus è meglio che non guidi, che uno slalomista fortunatamente ha dimenticato a casa gli sci, che una pornostar ha tutte le cerniere lampo inceppate. Qualcosa non quadra nel profilo professionale di questi signori.
Lui, poi, ha sempre "fatto il fenomeno", come si dice a Roma. Loquacissimo, socievolissimo, spiritosissimo, non c´è occasione che non gli abbia dato il destro di una battuta, di un frizzo, di una sortita brillante. Nel caso di un leader pensoso e riflessivo, un eventuale silenzio potrebbe ammantarsi di un qualche significato recondito: chissà cosa starà pensando… Nel suo caso, nessuno può sospettare pause di riflessione. Ci ha talmente abituati all´invasività delle sue parole, sorrisi, discorsi, videoclip, che quando tace fa lo stesso effetto di un orologio a cucù quando il tempo passa, ma il cucù non esce. Vuol dire che è rotto. 

LA REPUBBLICA del 13 luglio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
La gretta, striminzita legge sul fine-vita voluta dalla maggioranza non è solo illiberale, perché costringe gli individui, proprio nel loro momento di estrema debolezza, a una morale imposta. È anche profondamente classista, perché da quel vincolo possono agevolmente liberarsi soprattutto i più facoltosi, i più colti e i più cosmopoliti, ai quali l´Italia appare ogni giorno di più una piccola provincia arretrata e (in questo caso) violenta, dalla quale uscire ogni volta che si desideri vivere più liberamente e liberamente morire. Mentre chi ha meno soldi e meno esperienza del mondo rimane inchiodato a questa croce, e sarà costretto a morire come vogliono i cardinali e non come vogliono loro o come detta la natura o come suggerisce il loro personale, inviolabile rapporto con la morte e con l´eterno. C´è una oramai millenaria retorica sugli umili come favoriti dal Padre, e di più facile accesso nel regno dei cieli. Ma si rinnova il sospetto, in occasioni come queste, che la predilezione per gli umili non sgorghi tanto dal cuore di Dio quanto dall´arbitrio delle gerarchie: che senza gli umili da dirigere e da controllare, non dirigerebbero né controllerebbero più niente e nessuno. 

LA REPUBBLICA del 9 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Non si capisce se sia più ingenuo o più sadico chiedere a Berlusconi "di cambiare", come fanno molti degli uomini del centrodestra più preoccupati dal rapido declino del loro leader. Come può credere nelle primarie, cioè nel conflitto democratico aperto, un autocrate che vive di applausi ed ovazioni? Come può imporre sacrifici economici, piegandosi ai conti tremontiani e agli obblighi europei, l´uomo che dipinge il mondo come una cornucopia che erutta quattrini, donnine e sorrisi? La verità è che la destra esce non solo scassata ma profondamente snaturata dal berlusconismo. La destra austera che anteponeva i doveri ai diritti, la destra legalitaria che detestava i furbi, la destra nazionalista che sarebbe inorridita di fronte a Bossi, la destra borghese che amava il basso profilo: che ne resta, dopo vent´anni di populismo, telecrazia, feste di corte, leggi ad personam? Ci vorrebbe un capolavoro politico, per restituire al paese una destra forte e rispettata. Ci ha provato Fini, sbeffeggiato dai cortigiani di Silvio e massacrato dai giornali maneschi e ottusi che vedono il tradimento in ogni manifestazione di autonomia. Perché ci possa provare anche qualcun altro, bisognerebbe che il beneamato Cav si levasse di torno. Chiedergli un altro lifting, alla sua età, non è neanche generoso nei suoi confronti. Ha già dato tanto e tolto tanto. Ancora non basta? 

LA REPUBBLICA del 7 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
È difficile, ma non impossibile, che si arrivi al quorum per i quattro referendum del 12 giugno. Dei referendum, in passato, si è abusato fino a svilirne il valore: non per caso è dal ´95 che il fatidico quorum non viene raggiunto. Ma i meno giovani ricordano perfettamente la portata storica di almeno tre referendum (legalizzazione di divorzio e aborto, referendum elettorale di Mario Segni) che sconquassarono il quadro politico e soprattutto diedero il segno di una maturazione profonda, e inattesa, dell´opinione pubblica. Nel clima di riscossa civile aperto dalle amministrative, i quattro quesiti di domenica prossima potrebbero sortire un effetto analogo: ridare alla politica quel significato di cambiamento, di salto di qualità, che la politica riveste nonostante (e contro) il deperimento degli ultimi anni. Chiedete a tutti di andare a votare, discutere con gli incerti e con gli indifferenti, non vergognatevi di sentirvi propagandisti importuni, così come non mi vergogno di scrivere queste righe di smaccata propaganda politica. La posta è alta, il contenuto dei quesiti molto rilevante. Specie i due referendum sull´acqua chiedono di rimettere l´accento sulla dimensione pubblica della nostra convivenza. La politica è tornata. Dite a tutti di tornare alla politica. 

LA REPUBBLICA del 27 maggio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Non vorrei che, dopo avere monopolizzato per vent´anni i nostri sentimenti pubblici (ira, vergogna, e quella forma definitiva di avvilimento che è la noia), il nostro premier riuscisse a strapparci anche qualche stilla di commiserazione. Quello che è andato a disturbare Obama per metterlo a parte di certe sue manie (i giudici cattivi, eccetera) non è il Caimano, è un signore anziano, stanco, preoccupato, che riceve in cambio solo lo sguardo assente di chi ha ben altro per la testa. Il Berlusconi di Deuville, per la prima volta, fa più pena che rabbia, ed è anche questo un segno dei tempi che cambiano. D´improvviso ci sembra un caratterista, una figuretta marginale che si intrufola in un vertice mondiale per rubare all´ordine del giorno uno spicchio di attenzione, e per chiedere udienza (non concessa) al più potente tra i potenti. Non avendo altra misura delle cose che se medesimo, è un uomo in balia del proprio umore e dei propri casi privati. Quando era allegro il suo contributo alla politica mondiale erano le barzellette e le pose spiritose per i fotografi. Oggi che è triste lo si vede vagare attorno al tavolo del mondo, indifferente all´ordine del giorno, al protocollo, al suo ruolo pubblico, e attaccare la solita pippa della persecuzione giudiziaria al povero Obama. In parole semplici: è uno che non sa fare il proprio lavoro. Quando perderà, è solo per questo che avrà perso.  

LA REPUBBLICA del 16 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Me lo sono chiesto già diverse volte, e qualche lettore noterà la ripetizione. Ma siccome devo ancora ricevere una risposta esauriente, oppure scoprirla da solo, me lo richiedo anche oggi. Perché la Rai, a fronte di un forte aumento di ascolti (5,8 per cento in più nel 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010) si trova alle prese con una contrazione degli introiti pubblicitari previsti di circa 40 milioni di euro? E perché Mediaset, i cui ascolti sono scesi del 2,1 per cento, vede aumentare la sua pubblicità fino al 56 per cento del mercato totale? Forse che il detto evangelico "gli ultimi saranno i primi" ha preso il sopravvento sulle logiche di mercato? Paolo Conti, che riporta questi dati sul Corriere, lo definisce "un autentico mistero imprenditoriale", non so con quanta dose di ironia. Un mistero che comincia evidentemente a dare nell´occhio, visto che se ne occuperà martedì prossimo la Commissione parlamentare di vigilanza il cui presidente Zavoli ha convocato Garimberti e Lei, sottraendoli per un paio d´ore (e ne saranno lieti) al groviglio politicante delle nomine. Mi permetto di suggerire a Garimberti e Lei questa soluzione: far credere agli inserzionisti che Berlusconi stia per acquistare la Rai. Forse i coraggiosi imprenditori italiani dirotterebbero qualche spot da Cologno Monzese a viale Mazzini. 

LA REPUBBLICA del 14 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
È una vittoria autoprodotta dai comitati, dalle associazioni, dai blog, dagli individui-cittadini che attraverso mille strade, mille ragioni (e perfino attraverso alcuni partiti, vivificati dall´impatto con l´ondata civile) hanno voluto riprendere in mano il bandolo della cosa pubblica. È una vittoria della società contro il Palazzo (parola che uso malvolentieri, ma in questo caso è perfetta), della politica contro il potere, dell´informazione diffusa che è riuscita a by-passare i media, e a turlupinare chi cercava di turlupinarla. In sequenza secca, l´abbinata amministrative-referendum ribalta la scena della politica italiana, dando al concetto (nobile ma astratto) di "opinione pubblica" un peso formidabile, il volto concreto di milioni di persone. Il boicottaggio arrogante e ottuso della classe di governo (quasi compattamente astensionista), alla luce dei risultati, la fa apparire spiazzata, isolata, fuori tempo: una consorteria in vertiginoso declino. Perfino il problema Berlusconi, che fino a un minuto fa ci appariva una montagna, è solo un aspetto, e forse neanche quello decisivo, di un passaggio d´epoca impetuoso: che rimette l´accento sulla cittadinanza, sulla comunità, insomma sulla politica di tutti e per tutti. La campana suona anche per la sinistra: niente potrà più essere pensato e deciso nelle vecchie stanze chiuse dei notabili di partito. 
Back to Top