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LA REPUBBLICA del 15 giugno 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Tra le dichiarazioni sull´esito dei referendum, suona strepitosa (e vince il Nobel del 2011 per il dadaismo) quella del ministro per lo Sviluppo Paolo Romani: «Sul nucleare i cittadini ci hanno dato ragione, confermando la moratoria varata dal governo dopo Fukushima». Il fatto che quella moratoria sia stata abborracciata in fretta e furia per cercare di affondare il referendum (e di posticipare il nucleare) deve parere al ministro Romani un trascurabile dettaglio. Poiché Romani non è, tra i governanti, uno dei più sconnessi o caciaroni o improvvidi, ci si domanda come abbia potuto elaborare, e per giunta diffondere in pubblico, un concetto così deragliante. La sola spiegazione possibile è che perdere la testa, in aggiunta alla faccia, è tipico delle compagini in preda al panico. A un elettorato (sto parlando del loro) che mostra segni evidenti di disaffezione, specie perché è stanco di mezzucci e di frottole, rispondere con una frase che contiene una frottola (gli italiani ci hanno dato ragione) a proposito di un mezzuccio (la moratoria) è di un masochismo impressionante. Si capisce che sentirsi in bilico non è piacevole, e non favorisce la saldezza di nervi. Ma quel poco di compartecipazione, perfino di solidarietà che viene istintivo destinare ai soccombenti, francamente svanisce di fronte a un soccombente che, invece di darsi un contegno, fa il gesto dell´ombrello. 

LA REPUBBLICA del 22 giugno 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Al netto della sua complicatissima lettura giudiziaria (è duro, in quel pappa e ciccia, distinguere tra i reati e le "normali" scorrettezze), il caso Bisignani conferma, purtroppo, la grave incompiutezza della nostra democrazia. L´idea che si faccia carriera e si concludano affari non per merito, ma perché si conosce qualcuno, si è amici di qualcun altro, si è bene introdotti nelle stanze che contano, è semplicemente anti-democratica. È un insopportabile affronto al talento dei solitari, al sudore e al lavoro dei non affiliati e dei non arruolati, alla speranza di farcela con le proprie forze e il proprio valore. È il contrario esatto dell´American Dream, è una cappa illiberale, mafioseggiante, è il potere dei soliti che se lo amministrano al riparo da ogni trasparenza. Sono nato a Roma e ne sono orgoglioso, ma quella Roma lì è terribile. Ingoia e digerisce qualunque cambio di regime, amministra poltrone e somministra veleni, gestisce perfino il lavoro parlamentare con intenzioni e metodi extraparlamentari. Danneggia ed esclude chi non ne fa parte, ma invischia e compromette chi ne fa parte fino a fargli perdere autonomia politica e indipendenza personale. Blandisce e ricatta. Quella Roma lì è la vera antipolitica, il vero anti-Stato, la vera falla nello scafo del Paese. Ce ne libereremo mai? Generazioni e governi sono trascorsi a frotte senza che accadesse. Sperare è obbligatorio. Illudersi, pericoloso. 

LA REPUBBLICA del 8 giugno 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
La piazzata delle cameriere d´albergo (in alta uniforme) contro Strauss-Kahn non è certo un esempio edificante: non sono le urla di strada, è la legge a dover giudicare. Eppure, l´umiltà sociale delle manifestanti (in larga parte afroamericane), di contro all´altissimo rango di un imputato che attende la sentenza in una dimora stellare, ci dice qualcosa che va ben oltre le intemperanze forcaiole. Ci dice che il nervo della diseguaglianza (qui doppia: il ricco e le povere, il maschio di potere e le femmine senza status) è scoperto, e duole forse più di sempre. La lunga rimozione degli ultimi anni non riesce più a occultare una divaricazione di censo, e di potere, che confligge non solamente con la perduta speranza socialista, ma anche con le promesse abortite del libero mercato. Per giunta, la malevola regia del Caso ha voluto che il ricchissimo accusato sia leader di una delle sinistre più forti e nobili del mondo, quella francese. Quasi a dirci che la confusione, sotto il cielo, dev´essere grandissima se un leader della gauche planetaria, ostentatamente facoltoso, si ritrova a essere detestato come simbolo dell´arroganza del denaro. Forse gli arresti domiciliari in un bilocale con vista sui bidoni della spazzatura non sarebbero bastati a rimettere le cose a posto. Di certo, la magione da 50mila dollari al mese le ha messe ancora più in disordine. 

LA REPUBBLICA del 24 giugno 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Nella Milano di Pisapia, il nuovo consiglio d´amministrazione della nettezza urbana, appena eletto, non conta la presenza di politici, ma solo di tecnici espressi dall´azienda medesima. Sembra incredibile, ma si tratta di una rivoluzione: la giunta Moratti, prevedendo di rivincere le elezioni, aveva già in animo di destinare quelle poltrone a un paio di assessori, secondo la tradizione (ovviamente non solo milanese, e non solo di destra) che intende le aziende pubbliche come indotto della politica e dei partiti politici. Siamo di fronte, dunque, a una notizia cattiva e a una buona. Quella cattiva è che il nostro Paese è così malridotto, specie sotto il profilo dei rapporti tra eletti ed elettori, e della trasparenza degli scopi e dei mezzi della politica, che la normalissima scelta di affidare un´azienda pubblica ai tecnici (dunque a sé stessa) sottraendola al poltronificio dei partiti, è un fatto di per sé clamoroso. La notizia buona è che in un Paese così incrostato, vecchio, malgovernato e immobile, bastano un gesto pulito, una scelta indipendente, un segno di novità per dare l´impressione che tutto possa cambiare. Anche se è cambiata solo l´azienda di nettezza urbana di Milano. Fino a un paio di mesi fa, eravamo sicuri che non sarebbe mai cambiata nemmeno quella. 

LA REPUBBLICA del 17 giugno 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Cerco di immaginare la vita di questo signor Luigi Bisignani, le mosse, le contromosse, gli abboccamenti, gli incontri, le raccomandazioni, i calcoli a breve medio e lungo periodo, i dossier da tenere curati come le ortensie, una rubrica del telefono grossa come la Treccani, l´agenda personale senza mezza giornata vuota, una rete di conoscenze infinita e guai a rispondere picche a un amico confondendolo con un nemico e viceversa, le trame e l´ordito, gli azzardi e gli errori, le false piste (tempo perso!) e quelle giuste, le vecchie manfrine lasciate a mezza via a causa delle nuove manfrine intraprese e l´ansia di trovare il tempo per non trascurare qualcosa o qualcuno, e presumibilmente il tutto essendo sempre in ordine, lavato, stirato, vestito bene, con l´alito leggero e il sorriso in resta. Potere e denaro, e va bene. Ma la libertà? Che vita devono fare, questi moltiplicatori di occasioni, questi servi della fortuna? Di tutti i vizi, quello della libertà è davvero il più raro. Scriveva Orazio in una delle sue epistole a un Bisignani della sua epoca: ma quand´è che molli Roma e i tuoi trafelati uffici, e tutti quegli isterici e isteriche (oggi si direbbe: stressati e stressate) che ogni minuto ti chiedono qualcosa, e mi raggiungi in campagna a bere il vino nuovo, e far nulla in mia compagnia? Già: quando è che? 

LA REPUBBLICA del 9 giugno 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Non si capisce se sia più ingenuo o più sadico chiedere a Berlusconi "di cambiare", come fanno molti degli uomini del centrodestra più preoccupati dal rapido declino del loro leader. Come può credere nelle primarie, cioè nel conflitto democratico aperto, un autocrate che vive di applausi ed ovazioni? Come può imporre sacrifici economici, piegandosi ai conti tremontiani e agli obblighi europei, l´uomo che dipinge il mondo come una cornucopia che erutta quattrini, donnine e sorrisi? La verità è che la destra esce non solo scassata ma profondamente snaturata dal berlusconismo. La destra austera che anteponeva i doveri ai diritti, la destra legalitaria che detestava i furbi, la destra nazionalista che sarebbe inorridita di fronte a Bossi, la destra borghese che amava il basso profilo: che ne resta, dopo vent´anni di populismo, telecrazia, feste di corte, leggi ad personam? Ci vorrebbe un capolavoro politico, per restituire al paese una destra forte e rispettata. Ci ha provato Fini, sbeffeggiato dai cortigiani di Silvio e massacrato dai giornali maneschi e ottusi che vedono il tradimento in ogni manifestazione di autonomia. Perché ci possa provare anche qualcun altro, bisognerebbe che il beneamato Cav si levasse di torno. Chiedergli un altro lifting, alla sua età, non è neanche generoso nei suoi confronti. Ha già dato tanto e tolto tanto. Ancora non basta? 

LA REPUBBLICA del 7 giugno 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
È difficile, ma non impossibile, che si arrivi al quorum per i quattro referendum del 12 giugno. Dei referendum, in passato, si è abusato fino a svilirne il valore: non per caso è dal ´95 che il fatidico quorum non viene raggiunto. Ma i meno giovani ricordano perfettamente la portata storica di almeno tre referendum (legalizzazione di divorzio e aborto, referendum elettorale di Mario Segni) che sconquassarono il quadro politico e soprattutto diedero il segno di una maturazione profonda, e inattesa, dell´opinione pubblica. Nel clima di riscossa civile aperto dalle amministrative, i quattro quesiti di domenica prossima potrebbero sortire un effetto analogo: ridare alla politica quel significato di cambiamento, di salto di qualità, che la politica riveste nonostante (e contro) il deperimento degli ultimi anni. Chiedete a tutti di andare a votare, discutere con gli incerti e con gli indifferenti, non vergognatevi di sentirvi propagandisti importuni, così come non mi vergogno di scrivere queste righe di smaccata propaganda politica. La posta è alta, il contenuto dei quesiti molto rilevante. Specie i due referendum sull´acqua chiedono di rimettere l´accento sulla dimensione pubblica della nostra convivenza. La politica è tornata. Dite a tutti di tornare alla politica. 

LA REPUBBLICA del 27 maggio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Non vorrei che, dopo avere monopolizzato per vent´anni i nostri sentimenti pubblici (ira, vergogna, e quella forma definitiva di avvilimento che è la noia), il nostro premier riuscisse a strapparci anche qualche stilla di commiserazione. Quello che è andato a disturbare Obama per metterlo a parte di certe sue manie (i giudici cattivi, eccetera) non è il Caimano, è un signore anziano, stanco, preoccupato, che riceve in cambio solo lo sguardo assente di chi ha ben altro per la testa. Il Berlusconi di Deuville, per la prima volta, fa più pena che rabbia, ed è anche questo un segno dei tempi che cambiano. D´improvviso ci sembra un caratterista, una figuretta marginale che si intrufola in un vertice mondiale per rubare all´ordine del giorno uno spicchio di attenzione, e per chiedere udienza (non concessa) al più potente tra i potenti. Non avendo altra misura delle cose che se medesimo, è un uomo in balia del proprio umore e dei propri casi privati. Quando era allegro il suo contributo alla politica mondiale erano le barzellette e le pose spiritose per i fotografi. Oggi che è triste lo si vede vagare attorno al tavolo del mondo, indifferente all´ordine del giorno, al protocollo, al suo ruolo pubblico, e attaccare la solita pippa della persecuzione giudiziaria al povero Obama. In parole semplici: è uno che non sa fare il proprio lavoro. Quando perderà, è solo per questo che avrà perso.  

LA REPUBBLICA del 16 giugno 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Me lo sono chiesto già diverse volte, e qualche lettore noterà la ripetizione. Ma siccome devo ancora ricevere una risposta esauriente, oppure scoprirla da solo, me lo richiedo anche oggi. Perché la Rai, a fronte di un forte aumento di ascolti (5,8 per cento in più nel 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010) si trova alle prese con una contrazione degli introiti pubblicitari previsti di circa 40 milioni di euro? E perché Mediaset, i cui ascolti sono scesi del 2,1 per cento, vede aumentare la sua pubblicità fino al 56 per cento del mercato totale? Forse che il detto evangelico "gli ultimi saranno i primi" ha preso il sopravvento sulle logiche di mercato? Paolo Conti, che riporta questi dati sul Corriere, lo definisce "un autentico mistero imprenditoriale", non so con quanta dose di ironia. Un mistero che comincia evidentemente a dare nell´occhio, visto che se ne occuperà martedì prossimo la Commissione parlamentare di vigilanza il cui presidente Zavoli ha convocato Garimberti e Lei, sottraendoli per un paio d´ore (e ne saranno lieti) al groviglio politicante delle nomine. Mi permetto di suggerire a Garimberti e Lei questa soluzione: far credere agli inserzionisti che Berlusconi stia per acquistare la Rai. Forse i coraggiosi imprenditori italiani dirotterebbero qualche spot da Cologno Monzese a viale Mazzini. 

LA REPUBBLICA del 14 giugno 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
È una vittoria autoprodotta dai comitati, dalle associazioni, dai blog, dagli individui-cittadini che attraverso mille strade, mille ragioni (e perfino attraverso alcuni partiti, vivificati dall´impatto con l´ondata civile) hanno voluto riprendere in mano il bandolo della cosa pubblica. È una vittoria della società contro il Palazzo (parola che uso malvolentieri, ma in questo caso è perfetta), della politica contro il potere, dell´informazione diffusa che è riuscita a by-passare i media, e a turlupinare chi cercava di turlupinarla. In sequenza secca, l´abbinata amministrative-referendum ribalta la scena della politica italiana, dando al concetto (nobile ma astratto) di "opinione pubblica" un peso formidabile, il volto concreto di milioni di persone. Il boicottaggio arrogante e ottuso della classe di governo (quasi compattamente astensionista), alla luce dei risultati, la fa apparire spiazzata, isolata, fuori tempo: una consorteria in vertiginoso declino. Perfino il problema Berlusconi, che fino a un minuto fa ci appariva una montagna, è solo un aspetto, e forse neanche quello decisivo, di un passaggio d´epoca impetuoso: che rimette l´accento sulla cittadinanza, sulla comunità, insomma sulla politica di tutti e per tutti. La campana suona anche per la sinistra: niente potrà più essere pensato e deciso nelle vecchie stanze chiuse dei notabili di partito. 
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