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LA REPUBBLICA del 17 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Cerco di immaginare la vita di questo signor Luigi Bisignani, le mosse, le contromosse, gli abboccamenti, gli incontri, le raccomandazioni, i calcoli a breve medio e lungo periodo, i dossier da tenere curati come le ortensie, una rubrica del telefono grossa come la Treccani, l´agenda personale senza mezza giornata vuota, una rete di conoscenze infinita e guai a rispondere picche a un amico confondendolo con un nemico e viceversa, le trame e l´ordito, gli azzardi e gli errori, le false piste (tempo perso!) e quelle giuste, le vecchie manfrine lasciate a mezza via a causa delle nuove manfrine intraprese e l´ansia di trovare il tempo per non trascurare qualcosa o qualcuno, e presumibilmente il tutto essendo sempre in ordine, lavato, stirato, vestito bene, con l´alito leggero e il sorriso in resta. Potere e denaro, e va bene. Ma la libertà? Che vita devono fare, questi moltiplicatori di occasioni, questi servi della fortuna? Di tutti i vizi, quello della libertà è davvero il più raro. Scriveva Orazio in una delle sue epistole a un Bisignani della sua epoca: ma quand´è che molli Roma e i tuoi trafelati uffici, e tutti quegli isterici e isteriche (oggi si direbbe: stressati e stressate) che ogni minuto ti chiedono qualcosa, e mi raggiungi in campagna a bere il vino nuovo, e far nulla in mia compagnia? Già: quando è che? 

LA REPUBBLICA del 9 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Non si capisce se sia più ingenuo o più sadico chiedere a Berlusconi "di cambiare", come fanno molti degli uomini del centrodestra più preoccupati dal rapido declino del loro leader. Come può credere nelle primarie, cioè nel conflitto democratico aperto, un autocrate che vive di applausi ed ovazioni? Come può imporre sacrifici economici, piegandosi ai conti tremontiani e agli obblighi europei, l´uomo che dipinge il mondo come una cornucopia che erutta quattrini, donnine e sorrisi? La verità è che la destra esce non solo scassata ma profondamente snaturata dal berlusconismo. La destra austera che anteponeva i doveri ai diritti, la destra legalitaria che detestava i furbi, la destra nazionalista che sarebbe inorridita di fronte a Bossi, la destra borghese che amava il basso profilo: che ne resta, dopo vent´anni di populismo, telecrazia, feste di corte, leggi ad personam? Ci vorrebbe un capolavoro politico, per restituire al paese una destra forte e rispettata. Ci ha provato Fini, sbeffeggiato dai cortigiani di Silvio e massacrato dai giornali maneschi e ottusi che vedono il tradimento in ogni manifestazione di autonomia. Perché ci possa provare anche qualcun altro, bisognerebbe che il beneamato Cav si levasse di torno. Chiedergli un altro lifting, alla sua età, non è neanche generoso nei suoi confronti. Ha già dato tanto e tolto tanto. Ancora non basta? 

LA REPUBBLICA del 27 maggio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Non vorrei che, dopo avere monopolizzato per vent´anni i nostri sentimenti pubblici (ira, vergogna, e quella forma definitiva di avvilimento che è la noia), il nostro premier riuscisse a strapparci anche qualche stilla di commiserazione. Quello che è andato a disturbare Obama per metterlo a parte di certe sue manie (i giudici cattivi, eccetera) non è il Caimano, è un signore anziano, stanco, preoccupato, che riceve in cambio solo lo sguardo assente di chi ha ben altro per la testa. Il Berlusconi di Deuville, per la prima volta, fa più pena che rabbia, ed è anche questo un segno dei tempi che cambiano. D´improvviso ci sembra un caratterista, una figuretta marginale che si intrufola in un vertice mondiale per rubare all´ordine del giorno uno spicchio di attenzione, e per chiedere udienza (non concessa) al più potente tra i potenti. Non avendo altra misura delle cose che se medesimo, è un uomo in balia del proprio umore e dei propri casi privati. Quando era allegro il suo contributo alla politica mondiale erano le barzellette e le pose spiritose per i fotografi. Oggi che è triste lo si vede vagare attorno al tavolo del mondo, indifferente all´ordine del giorno, al protocollo, al suo ruolo pubblico, e attaccare la solita pippa della persecuzione giudiziaria al povero Obama. In parole semplici: è uno che non sa fare il proprio lavoro. Quando perderà, è solo per questo che avrà perso.  

LA REPUBBLICA del 7 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
È difficile, ma non impossibile, che si arrivi al quorum per i quattro referendum del 12 giugno. Dei referendum, in passato, si è abusato fino a svilirne il valore: non per caso è dal ´95 che il fatidico quorum non viene raggiunto. Ma i meno giovani ricordano perfettamente la portata storica di almeno tre referendum (legalizzazione di divorzio e aborto, referendum elettorale di Mario Segni) che sconquassarono il quadro politico e soprattutto diedero il segno di una maturazione profonda, e inattesa, dell´opinione pubblica. Nel clima di riscossa civile aperto dalle amministrative, i quattro quesiti di domenica prossima potrebbero sortire un effetto analogo: ridare alla politica quel significato di cambiamento, di salto di qualità, che la politica riveste nonostante (e contro) il deperimento degli ultimi anni. Chiedete a tutti di andare a votare, discutere con gli incerti e con gli indifferenti, non vergognatevi di sentirvi propagandisti importuni, così come non mi vergogno di scrivere queste righe di smaccata propaganda politica. La posta è alta, il contenuto dei quesiti molto rilevante. Specie i due referendum sull´acqua chiedono di rimettere l´accento sulla dimensione pubblica della nostra convivenza. La politica è tornata. Dite a tutti di tornare alla politica. 

LA REPUBBLICA del 16 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Me lo sono chiesto già diverse volte, e qualche lettore noterà la ripetizione. Ma siccome devo ancora ricevere una risposta esauriente, oppure scoprirla da solo, me lo richiedo anche oggi. Perché la Rai, a fronte di un forte aumento di ascolti (5,8 per cento in più nel 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010) si trova alle prese con una contrazione degli introiti pubblicitari previsti di circa 40 milioni di euro? E perché Mediaset, i cui ascolti sono scesi del 2,1 per cento, vede aumentare la sua pubblicità fino al 56 per cento del mercato totale? Forse che il detto evangelico "gli ultimi saranno i primi" ha preso il sopravvento sulle logiche di mercato? Paolo Conti, che riporta questi dati sul Corriere, lo definisce "un autentico mistero imprenditoriale", non so con quanta dose di ironia. Un mistero che comincia evidentemente a dare nell´occhio, visto che se ne occuperà martedì prossimo la Commissione parlamentare di vigilanza il cui presidente Zavoli ha convocato Garimberti e Lei, sottraendoli per un paio d´ore (e ne saranno lieti) al groviglio politicante delle nomine. Mi permetto di suggerire a Garimberti e Lei questa soluzione: far credere agli inserzionisti che Berlusconi stia per acquistare la Rai. Forse i coraggiosi imprenditori italiani dirotterebbero qualche spot da Cologno Monzese a viale Mazzini. 

LA REPUBBLICA del 14 maggio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Avere rivolto una falsa accusa al suo avversario gioverà o non gioverà alla campagna elettorale di Letizia Moratti? A Milano non si discute d´altro; e il solo fatto che se ne discuta è un indizio tremendo sullo stato della nostra civiltà politica. Un´accusa falsa dovrebbe infatti ritorcersi contro chi la rivolge, almeno in teoria. Se qualcuno dubita di questa logica consequenzialità tra causa ed effetto, è per due ragioni. La prima: è probabile che una parte non piccola degli elettori non sia informata dell´infondatezza dell´accusa. La seconda (ben più grave): è probabile che molti elettori di centrodestra, anche se informati dell´infondatezza dell´accusa, la considerino comunque calzante ai loro pregiudizi su Pisapia, e dunque vera a prescindere. In altre parole, nell´elettorato sedicente moderato, l´odio per "la sinistra" sarebbe così radicato da considerare un dettaglio trascurabile il fatto che Pisapia fosse colpevole o innocente. L´immagine di Pisapia "estremista e amico dei terroristi" serve a milioni di elettori per evitare di fare i conti con la realtà, con la politica, con il giudizio che si è chiamati a dare sul governo di Milano. Berlusconi – che conosce bene il suo elettorato – è sicuro che la sortita di Moratti sia stata vincente. È sicuro, cioè, dell´efficacia della menzogna presso moltissimi italiani. Se ha ragione, vuol dire che ci siamo giocati, come italiani (anche di destra) non questa o quella elezione, ma la realtà. 

 LA REPUBBLICA del 13 novembre 2010

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca

Contestare Amos Oz per contestare la politica di Israele è come avere contestato,a suo tempo, Hemingway per la guerra di Corea, o Italo Calvino per la politica dei governi democristiani. Un assurdo in termini politici e logici: eppure è accaduto a Torino, ai danni di uno scrittore luminoso e di un uomo pacifico e sensibile al quale può essere imputato solo di essere israeliano (così come a Hemingway di essere americano e a Calvino di essere italiano). Con l’ aggravante che l’ imputazione, nel caso di un cittadino di Israele, finisce per essere sgradevolmente sospettabile di pregiudizio razziale. Poiché la questione mediorientale è gravida di morte e di dolore, gli schiamazzi incongrui sono particolarmente inopportuni. Più grave è più umanamente aspra è una contesa, più i toni dovrebbero farsi ugualmente gravi (la "gravitas" è una virtù, nonché un tono retorico, che non si concilia con le urla e la superficialità). In giro ci sono troppe Vestali dell’ Indignazione che confondono il volume della voce, e i toni rissosi, con la forza della parola e la giustezza delle cause. Ma la parola, dai loro rumorosi attacchi, esce indebolita, e la causa disonorata.

LA REPUBBLICA del 21 maggio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Le "sorprese" si fanno ai bambini: vieni Carluccio, che papà ti ha portato una sorpresa. È dunque una inconsueta proprietà di linguaggio quella sfoderata dal ministro Calderoli annunciando "una sorpresa per gli elettori milanesi". Sorpresa è la parola perfetta per chi vede negli elettori dei bambini da incantare, non dei cittadini da servire. E lo sconticino fiscale escogitato in fretta e furia alla vigilia del ballottaggio rimanda diritti ad altre dazioni, alcune pittoresche altre solo squallide, tipiche del peggior paternalismo politico nazionale, dai pacchi di pasta alle scarpe (la destra adesso, la sinistra solo se mi eleggono). Un laurismo a scoppio ritardato che, applicato alla Milano del 2010, non può che irritare ulteriormente un elettorato che non sa che farsene delle "sorprese", e cerca faticosamente di trovare il bandolo di una città in crisi in un Paese in crisi. Conosco un gruppo di ragazzi milanesi (uno tra tanti) che in perfetta solitudine, senza mezzo soldo pubblico, sta per aprire un ostello in pieno centro, e cerca dunque di "fare impresa" così come predicano i miliardari al governo dell´Italia e di Milano. Dall´amministrazione milanese, dal governo, dalla politica hanno avuto zero agevolazioni e zero quattrini. Come volete che accolgano, a un passo dal ballottaggio, una "sorpresa" che puzza lontano un miglio di elemosina offensiva, di buffetto ruffiano? 

LA REPUBBLICA del 20 aprile 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
´Europa che cincischia sull´onda migratoria ha certamente le sue colpe, ma anche le sue attenuanti, vista l´estrema complessità (anche giuridica) del problema. Ma che attenuanti ha l´Europa che vede uno dei suoi membri, l´Ungheria, adottare una nuova Costituzione clerico-fascista, con pesantissime limitazioni dei diritti e della libertà d´espressione, e non muove neanche mezzo passo ufficiale almeno per dire "non sono d´accordo"? Ne aveva già parlato diffusamente e inutilmente (anche su questo giornale) la filosofa Agnes Heller, denunciando la sconcia campagna sciovinista del governo del signor Orban, l´odio contro gli intellettuali e i giornali "nemici della patria", il clima di fanatico richiamo alle "radici etniche", la provocatoria estensione del diritto di voto alle minoranze ungheresi che risiedono nelle nazioni limitrofe, una specie di strisciante annessione in vista di una "Grande Ungheria" (come se non ci fossero bastate la Grande Serbia, la Grande Albania e tutte le truci conseguenze delle piccole patrie che si gonfiano per sfregio del vicino di casa). Possibile che l´Europa, già secolare sentina di ogni faida religiosa, di ogni guerra mondiale e di ogni follia razzista, non abbia ancora gli anticorpi in grado di individuare e neutralizzare un virus micidiale come questo? 

LA REPUBBLICA del 17 maggio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Nella città italiana che, insieme a Roma, ha pagato il prezzo più alto all´odio politico degli anni Settanta, il tentativo di riesumarlo si è ritorto contro i suoi tardivi artefici. La carta di "Pisapia amico dei terroristi", sventolata dai due più importanti giornali di destra italiani (entrambi milanesi), ha contato come il due di picche. La "moderata" Moratti, che l´ha goffamente impugnata per esorcizzare il suo rivale, sa chi deve ringraziare per il suo tonfo. Di qui al ballottaggio, è lecito attendersi ogni bassezza. Si moltiplicheranno gli attacchi personali a Pisapia, alla sua storia politica, ai suoi familiari. È stata esemplare, fin qui, la sua saldezza di nervi, nonché una signorilità che, lei sì, ha certamente contribuito ad accreditare di un profilo davvero "moderato" un candidato che veniva da Rifondazione. Sarà certamente felice anche Massimo D´Alema, che ha sempre sostenuto che non basta vincere le primarie, conta vincere le secondarie. A Pisapia le primarie sono servite per "scaldare" il suo elettorato e compattarlo (anche grazie alla lealtà del rivale sconfitto, Stefano Boeri). Non così è andata a Napoli, dove il Pd paga il prezzo di primarie obbrobriose, finte e manipolate, e giustamente arranca. Aiuta e conforta riscoprire che in politica ciascuno è responsabile del proprio destino. E che nella vittoria e nella sconfitta pesa, e molto, ciò che si dice, ciò che si fa, ciò che si è. 
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