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LA REPUBBLICA del 12 maggio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Che squallore il colpo basso della signora Moratti ai danni di Giuliano Pisapia, sferrato quasi fuori tempo massimo così che l´avversario non potesse nemmeno replicare. E che autogol: un´assoluzione piena (caparbiamente voluta anche se il reato era già amnistiato) spacciata per grave colpa, e proprio da parte di chi ha fatto campagna elettorale sotto l´ala protettrice del re delle prescrizioni, delle amnistie, del non-giudizio come regola difensiva. Ci si domanda, ogni volta, perché la destra più potente e votata dell´intera storia italiana non abbia trovato, nell´esercizio del suo potere e dei suoi affari, pacatezza, equilibrio, fiducia in se stessa, giustificando in qualche maniera quell´attributo di "moderata" della quale Moratti si è auto-insignita pochi secondi prima di aggredire il suo avversario come una Santanchè appena più compunta. Una stampa sbraitante, calunniosa, sovreccitata, un leader ormai quasi folle nelle sue quotidiane urla di impunità e di astio contro "i signori della sinistra", un alleato di governo che colleziona ogni giorno volgarità razziste, un candidato che chiama "brigatisti" i giudici, ora anche un sindaco in carica che balbetta accuse mal documentate infiammando una campagna elettorale fin qui quasi civile: sarebbero questi i "moderati"? Il post-comunista Pisapia, al confronto, è un´icona della pacatezza. Se davvero i milanesi volessero un sindaco moderato, vincerebbe a mani basse Pisapia. 

LA REPUBBLICA del 14 maggio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Avere rivolto una falsa accusa al suo avversario gioverà o non gioverà alla campagna elettorale di Letizia Moratti? A Milano non si discute d´altro; e il solo fatto che se ne discuta è un indizio tremendo sullo stato della nostra civiltà politica. Un´accusa falsa dovrebbe infatti ritorcersi contro chi la rivolge, almeno in teoria. Se qualcuno dubita di questa logica consequenzialità tra causa ed effetto, è per due ragioni. La prima: è probabile che una parte non piccola degli elettori non sia informata dell´infondatezza dell´accusa. La seconda (ben più grave): è probabile che molti elettori di centrodestra, anche se informati dell´infondatezza dell´accusa, la considerino comunque calzante ai loro pregiudizi su Pisapia, e dunque vera a prescindere. In altre parole, nell´elettorato sedicente moderato, l´odio per "la sinistra" sarebbe così radicato da considerare un dettaglio trascurabile il fatto che Pisapia fosse colpevole o innocente. L´immagine di Pisapia "estremista e amico dei terroristi" serve a milioni di elettori per evitare di fare i conti con la realtà, con la politica, con il giudizio che si è chiamati a dare sul governo di Milano. Berlusconi – che conosce bene il suo elettorato – è sicuro che la sortita di Moratti sia stata vincente. È sicuro, cioè, dell´efficacia della menzogna presso moltissimi italiani. Se ha ragione, vuol dire che ci siamo giocati, come italiani (anche di destra) non questa o quella elezione, ma la realtà. 

 LA REPUBBLICA del 13 novembre 2010

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca

Contestare Amos Oz per contestare la politica di Israele è come avere contestato,a suo tempo, Hemingway per la guerra di Corea, o Italo Calvino per la politica dei governi democristiani. Un assurdo in termini politici e logici: eppure è accaduto a Torino, ai danni di uno scrittore luminoso e di un uomo pacifico e sensibile al quale può essere imputato solo di essere israeliano (così come a Hemingway di essere americano e a Calvino di essere italiano). Con l’ aggravante che l’ imputazione, nel caso di un cittadino di Israele, finisce per essere sgradevolmente sospettabile di pregiudizio razziale. Poiché la questione mediorientale è gravida di morte e di dolore, gli schiamazzi incongrui sono particolarmente inopportuni. Più grave è più umanamente aspra è una contesa, più i toni dovrebbero farsi ugualmente gravi (la "gravitas" è una virtù, nonché un tono retorico, che non si concilia con le urla e la superficialità). In giro ci sono troppe Vestali dell’ Indignazione che confondono il volume della voce, e i toni rissosi, con la forza della parola e la giustezza delle cause. Ma la parola, dai loro rumorosi attacchi, esce indebolita, e la causa disonorata.

LA REPUBBLICA del 21 maggio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Le "sorprese" si fanno ai bambini: vieni Carluccio, che papà ti ha portato una sorpresa. È dunque una inconsueta proprietà di linguaggio quella sfoderata dal ministro Calderoli annunciando "una sorpresa per gli elettori milanesi". Sorpresa è la parola perfetta per chi vede negli elettori dei bambini da incantare, non dei cittadini da servire. E lo sconticino fiscale escogitato in fretta e furia alla vigilia del ballottaggio rimanda diritti ad altre dazioni, alcune pittoresche altre solo squallide, tipiche del peggior paternalismo politico nazionale, dai pacchi di pasta alle scarpe (la destra adesso, la sinistra solo se mi eleggono). Un laurismo a scoppio ritardato che, applicato alla Milano del 2010, non può che irritare ulteriormente un elettorato che non sa che farsene delle "sorprese", e cerca faticosamente di trovare il bandolo di una città in crisi in un Paese in crisi. Conosco un gruppo di ragazzi milanesi (uno tra tanti) che in perfetta solitudine, senza mezzo soldo pubblico, sta per aprire un ostello in pieno centro, e cerca dunque di "fare impresa" così come predicano i miliardari al governo dell´Italia e di Milano. Dall´amministrazione milanese, dal governo, dalla politica hanno avuto zero agevolazioni e zero quattrini. Come volete che accolgano, a un passo dal ballottaggio, una "sorpresa" che puzza lontano un miglio di elemosina offensiva, di buffetto ruffiano? 

LA REPUBBLICA del 20 aprile 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
´Europa che cincischia sull´onda migratoria ha certamente le sue colpe, ma anche le sue attenuanti, vista l´estrema complessità (anche giuridica) del problema. Ma che attenuanti ha l´Europa che vede uno dei suoi membri, l´Ungheria, adottare una nuova Costituzione clerico-fascista, con pesantissime limitazioni dei diritti e della libertà d´espressione, e non muove neanche mezzo passo ufficiale almeno per dire "non sono d´accordo"? Ne aveva già parlato diffusamente e inutilmente (anche su questo giornale) la filosofa Agnes Heller, denunciando la sconcia campagna sciovinista del governo del signor Orban, l´odio contro gli intellettuali e i giornali "nemici della patria", il clima di fanatico richiamo alle "radici etniche", la provocatoria estensione del diritto di voto alle minoranze ungheresi che risiedono nelle nazioni limitrofe, una specie di strisciante annessione in vista di una "Grande Ungheria" (come se non ci fossero bastate la Grande Serbia, la Grande Albania e tutte le truci conseguenze delle piccole patrie che si gonfiano per sfregio del vicino di casa). Possibile che l´Europa, già secolare sentina di ogni faida religiosa, di ogni guerra mondiale e di ogni follia razzista, non abbia ancora gli anticorpi in grado di individuare e neutralizzare un virus micidiale come questo? 

LA REPUBBLICA del 17 maggio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Nella città italiana che, insieme a Roma, ha pagato il prezzo più alto all´odio politico degli anni Settanta, il tentativo di riesumarlo si è ritorto contro i suoi tardivi artefici. La carta di "Pisapia amico dei terroristi", sventolata dai due più importanti giornali di destra italiani (entrambi milanesi), ha contato come il due di picche. La "moderata" Moratti, che l´ha goffamente impugnata per esorcizzare il suo rivale, sa chi deve ringraziare per il suo tonfo. Di qui al ballottaggio, è lecito attendersi ogni bassezza. Si moltiplicheranno gli attacchi personali a Pisapia, alla sua storia politica, ai suoi familiari. È stata esemplare, fin qui, la sua saldezza di nervi, nonché una signorilità che, lei sì, ha certamente contribuito ad accreditare di un profilo davvero "moderato" un candidato che veniva da Rifondazione. Sarà certamente felice anche Massimo D´Alema, che ha sempre sostenuto che non basta vincere le primarie, conta vincere le secondarie. A Pisapia le primarie sono servite per "scaldare" il suo elettorato e compattarlo (anche grazie alla lealtà del rivale sconfitto, Stefano Boeri). Non così è andata a Napoli, dove il Pd paga il prezzo di primarie obbrobriose, finte e manipolate, e giustamente arranca. Aiuta e conforta riscoprire che in politica ciascuno è responsabile del proprio destino. E che nella vittoria e nella sconfitta pesa, e molto, ciò che si dice, ciò che si fa, ciò che si è. 

LA REPUBBLICA del 25 maggio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Il clamore mediatico attorno a spintoni e urlacci fa torto alla vera novità di rilievo di questa campagna elettorale, che è l´imponente ondata satirica (in specie, parodistica) che si abbatte sui siti e i blog. Un´anti-propaganda di massa, fatta di migliaia di messaggi spesso molto spiritosi che buttano in ridicolo la politica della paura, boicottando quella fabbrica delle fobie che, nella destra di potere, è perfino più attiva e venefica della fabbrica del fango. Una risata non ha mai seppellito nessuno, ma è piacevole scoprire che all´invettiva, che in rete abbonda, molte persone preferiscono la presa per i fondelli, che ha il vantaggio di spiazzare e di far riflettere. Spiace che la destra, con pochissime eccezioni, non disponga di una efficace contraerea, rispondendo battuta su battuta, pur disponendo di un bersaglio (la sinistra) decisamente invitante. Ma è un vecchio problema, questo, che oggi ripropone a livello "di base" analoghe polemiche già udite a livello di "vertice". Solo che qui è un po´ difficile prendersela con varie ed eventuali caste televisive e teatrali di comici "comunisti", perché non risulta che gli internauti siano raccomandati o promossi da alcuno, o tutelati dalla famosa egemonia radical chic. Nessuno impedisce a eventuali incursori leghisti o pidiellini di fare il verso al Pisapia ciclista o alle sciure milanesi tutte Prada e goscismo. Se invece delle battute spiritose esce solo un livore greve, forse vuol dire che la risata, a destra, è un´arma poco conosciuta. 

LA REPUBBLICA del 26 maggio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
La catastrofica gaffe di Bruno Vespa l´altra sera (una dichiarazione della moglie di Pisapia contro Berlusconi trasformata, assurdamente, in una dichiarazione contro lo stesso Pisapia) è sicuramente senza dolo. Ma è uno dei tanti indizi che, messi in fila, mettono a nudo la debolezza e la stanchezza di un sistema di potere logoro. La pessima campagna elettorale morattiana, il tonfo della presuntuosa trasmissione di Sgarbi, l´inevitabile cartellino rosso dell´Agcom ai telegiornali-megafono, la promessa dello spostamento di ministeri che voleva incantare gli elettori e ha solo spaccato la maggioranza, le voci di palazzo su trame e controtrame per seppellire Berlusconi ancora da vivo, tutto ha un sapore nervoso, maldestro, mediocre. Soprattutto mediocre, come se un´intera classe dirigente si rivelasse infine al di sotto di ciò che si illudeva di essere. Come se il progressivo affievolirsi dell´astro Berlusconi permettesse di mettere finalmente a fuoco ciò che gli stava attorno, il suo personale politico, la sua corte, i suoi luogotenenti. Il problema più rilevante del leaderismo è che l´esistenza di un Capo consente di vivacchiare alla sua ombra, a volte con dubbio merito. I Capi non promuovono il merito, ma la fedeltà. Non creano una classe dirigente, ma una claque. 

LA REPUBBLICA del 6 maggio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
E così i famosi Responsabili hanno riscosso quanto dovuto (anzi, solo la prima tranche. La seconda è in arrivo). Pur sapendo bene che la politica non è un luogo che zampilla etica e sprizza probità, lascia di stucco la soave naturalezza con la quale tutto è accaduto. I nuovi sottosegretari parlano della loro nomina come di un prezzo dovuto, come il professionista che mostra sereno la sua parcella. Chi di loro si lasciò sfuggire, solo pochi mesi fa, frasi sprezzanti contro il premier, e giuramenti solenni sul proprio disinteresse (molti giornali e siti ne fanno un´impressionante florilegio, segnalo tra tutti il blog il Nichilista di Fabio Chiusi), oggi allarga le braccia come per dire "è la politica, ragazzi", e si rimangia ogni promessa e contropromessa: tutto è azzerato dal legittimo contratto di assunzione a sottosegretario, stipendio a cura di noi tutti. Non c´è dietrologia, non trama oscura, non recondite manovre. Tutto è alla luce del sole, tutto affiorato, e galleggia sotto il sole di maggio e sotto i nostri occhi sempre più assuefatti. Cerchiamo di ricordarci quando (mesi fa? anni fa? decenni fa?) un simile mercato avrebbe fatto avvampare il dibattito pubblico, arroventato tutte le prime pagine, e suggerito ai suoi protagonisti di nascondersi, per le trattative, dietro una tenda o una colonna. Ma non ce lo ricordiamo più. Già: che anno era, quando potevamo ancora dire e scrivere "che vergogna" senza essere sicuri di sprecare il fiato? 

LA REPUBBLICA del 21 aprile 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Merita molta simpatia un ragazzo di vent´anni (Mattia Calise, grillino) che vuole fare il sindaco di Milano, disinteressatamente, spendendo per la sua campagna elettorale quello che Letizia Moratti spende per una messa in piega, e dichiara ai giornali, insieme a qualche comprensibile fesseria, anche molte cose giuste. Ma la simpatia non basta quando il ragazzo Mattia ripete la solfa (vecchia come il cucco) «destra e sinistra sono la stessa cosa», e mette sullo stesso piano Moratti e Pisapia, che sono due persone profondamente diverse in rappresentanza di culture diverse, interessi diversi, mondi diversi. Per i grillini tutto – tranne loro stessi – è "vecchia politica", ma in questa macina indistinta e rozza tritano persone, esperienze, ideali, comunità che hanno qualche merito da spendere, e qualche esperienza da raccontare. Non voterei mai per un candidato minore (è il caso di Mattia) che rifiuta di dirmi con chi intende allearsi in un eventuale secondo turno di ballottaggio. Il voto non è solo una nobile testimonianza, è una monetina che serve, insieme a milioni di altre monetine, a formare un patrimonio. Si va in politica, si fa politica, per battersi e spesso anche per allearsi e compromettersi. «Destra e sinistra sono uguali» non è politica né antipolitica: è un lusso per presuntuosi. La politica è umile. E fa i conti con l´imperfezione. 
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