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LA REPUBBLICA del 6 aprile 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Il dibattito giornalistico di questi ultimi giorni registra parole giudiziose contro l´animosità piazzaiola e i suoi eccessi retorici. Però bisognerebbe che queste premure arrivassero alle orecchie di una maggioranza parlamentare (non di piazza, dunque: di poltrona e di potere) che per la seconda volta vota in favore di una "verità" sconciamente falsa, controfirmando l´ipotesi che fossero davvero urgenze istituzionali quelle che hanno spinto il premier a telefonare a una Questura per tutelare "la nipote di Mubarak". È una posizione, questa, al tempo stesso tartufa ed estremista, ipocrita e violenta, che non tiene in alcun conto la tutela della verità, la dignità del Parlamento, il rispetto per gli elettori. C´è, evidentemente, un estremismo del potere che non contempla requie e ha, all´interno della maggioranza, nessun censore e zero calmieri. A tutti fa paura una piazza infurentita, e la radicalizzazione dello scontro tra italiani non sembra in grado di migliorare parole e pensieri dell´una come dell´altra parte. Ma, insomma: un voto come quello di ieri (non il primo) pesa o non pesa, nel computo delle parole e degli atti fuori posto, molte tonnellate più del più becero dei cortei? E se "indignazione" è una parola logora, e abusata, c´è qualcuno in grado di suggerirci, in presenza di porcherie come questa, un sinonimo meno retorico, e una postura più moderata? 

 LA REPUBBLICA del 18 marzo 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
La festa tricolore è stata istituzionale ma anche popolare. Nessuno, qualche mese fa, poteva prevedere che il Centocinquantenario sarebbe diventato un´occasione così profonda e sentita di riflessione sull´identità e la storia del nostro paese. Gran parte del merito va alla Lega. È soprattutto come reazione a vent´anni di attacco frontale contro l´identità italiana che milioni di cittadini, soprattutto al Nord, hanno sentito l´urgenza di far sentire la propria voce, di esporre il tricolore, di manifestare anche visivamente la propria presenza di italiani in Italia. Sentire continuamente parlare "a nome del Nord" una minoranza aggressiva, un partito-nazione tendenzialmentre totalitario (vedi Adro, vedi la continua confusione tra identità di partito e identità "etnica") è stata un´offesa prolungata e, alla lunga, insopportabile. È anche per il bisogno di rimediare a questa offesa che il 17 marzo ha potuto avere un impatto popolare così forte. Di qui in poi, Bossi e i suoi sanno che "parlare a nome del Nord" non è più consentito. Parleranno, come fa ogni partito, a nome dei propri elettori. Solo Napolitano, che è capo dello Stato, ha il diritto di parlare a nome di tutti. Il Nord (scuole, municipi, piazze, case, balconi, gente) ha detto, in larga maggioranza, di sentirsi italiano, tricolore, risorgimentale e repubblicano. 

LA REPUBBLICA del 2 aprile 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Mi chiedo che cosa può avere pensato un ragazzo di vent´anni udendo l´onorevole Cicchitto, l´altra sera da Santoro, che spiegava gli ultimi vent´anni di storia italiana come una specie di regolamento di conti tra inquisiti e inquisitori. Una coda interminabile di Tangentopoli (1992), con il berlusconismo eletto a riorganizzazione vittoriosa dei partiti democratici distrutti dall´infame golpe Pci-magistratura. Il ragazzo di vent´anni si sarà chiesto, intanto, perché il suo presente e il suo futuro sono sotto sequestro, da quando è nato, a causa di un gruppo di rissanti, ormai tutti con i capelli bianchi, che ingombrano tutta intera la scena italiana per regolare i loro conti personali di vent´anni fa. Poi si sarà chiesto come mai un uomo di potere (una lunga vita di potere) parli con lo spirito di vendetta dello sconfitto, e con l´animosità della vittima, pur avendo stravinto, lui e i suoi amici, il lungo derby contro la "giustizia liberticida". Si consoli, il ragazzo di vent´anni: neanche io, che nel ´92 ero già adulto da un pezzo, conosco la risposta a queste due domande. So solo che un pezzo rilevante del potere italiano – quello che è arrivato a Berlusconi via Craxi, anzi meglio, quello che ha dato l´abbrivio a Berlusconi grazie a Craxi – neppure concepisce che esistano ragioni e torti più consistenti e più urgenti ai quali riconsegnare la scena. 

LA REPUBBLICA del 31 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Ieri, per il berlusconismo, è stato il Giorno Perfetto. Mentre a Roma, nella sala macchine, la sua ciurma manometteva il diritto, inceppandone gli ingranaggi, lui sulla tolda mediatica, a Lampedusa, raccoglieva l´applauso del popolo, recitando un discorso memorabile, capolavoro dell´irrealtà, nuvola di cipria, polvere d´oro negli occhi del suo pubblico. Così come John Kennedy disse "io sono berlinese", rendendo universale una condizione specifica, lui dice "io sono lampedusano", rendendo personale una questione collettiva. Promette un campo da golf, case colorate, rimboschimenti, il premio Nobel "della pace", una scuola, una flotta di "navi passeggere" che portino in crociera i clandestini, e su tutto leva, scintillante come Excalibur, il suo rogito salvifico, l´acquisto di una villa (e dagli) a Lampedusa. La redenzione passa da lui, dall´annessione dell´isola a Berlusconia, dalla sua fulminea promozione da asilo di disperati a residenza di miliardari. Dicendo "io sono lampedusano", ha detto molto di più. Ha detto ai lampedusani "voi siete Berlusconi", e in quanto tali salvi, sollevati da ogni pena. La gente, attorno a lui, era entusiasta. E pochi minuti dopo, già i nuovi vicini di casa vedevano rivalutati i loro quattro sassi. Come gli aquilani, tra qualche anno anche i lampedusani avranno diritto a un apposito figurante che, per 300 euro, esprimerà gratitudine per ciò che non è stato fatto. 

LA REPUBBLICA del 5 marzo 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
 Se vi è sfuggita (su Repubblica di ieri) la foto di Ruby Rubacuori con Gei Ar e il vecchio miliardario austriaco che li ospitava entrambi, cercatela in rete, stampatelae conservatela trai documenti storici. Si vedono due vecchi danarosi (uno americano, uno europeo) che mostrano la dentiera all’ obiettivo. Uno sventola il cappello da cow-boy come Buffalo Bill poco prima del decesso. L’ altro, essendo Gei Ar, è vestito da Gei Are ostenta il sorriso inespressivo dell’ ospite a noleggio. In mezzo ai due trionfa una giovanissima ragazza araba che per il solo talento di avere diciotto anni – talento puramente ormonale – è riuscita in pochi mesi a penetrare in quella decrepita ridotta di miliardi: e sta per espugnarla. È il nostro (meritato) destino. Una civiltà vecchia e di vecchi, seduta su una catasta di privilegi, sarà presto surclassata dalla brulicante marea dei popoli ragazzini (età media degli iraniani: vent’ anni. Età media degli italiani: 45 anni), affamati di pane e di potere, di vita e di agio. È una brutta notizia solo se la vediamo dal punto di vista, molto angusto, dei vecchi che si giocano il patrimonio per un paio di tette, e dei loro eredi che immaginiamo angustiati. Ma dal punto di vista dell’ umanità tutta intera, è una bella notizia: certifica che la vita continua, e che la Storia passa di mano.

LA REPUBBLICA del 1°aprile 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca

Il Sole 24 ore dell´altro giorno ha pubblicato un´analisi davvero impressionante del mercato televisivo italiano (dati Nielsen). In estrema sintesi: Mediaset ha perso molto pubblico (6 per cento) ma guadagnato parecchia pubblicità in più. La Rai ha perso poco pubblico (1 per cento) ma sta subendo un forte calo degli introiti pubblicitari. Anche volendo ammettere che Mediaset sia molto più abile nella vendita dei suoi spot, trovate voi se c´è un nesso tra il sedicente libero mercato e questo crudo dato. Tra il merito e i risultati. Chi ottiene meno ascolti, guadagna di più.

Se ne deduce che il potere conta più del merito. Che molti inserzionisti, quando si tratti di restringere il budget pubblicitario, non hanno dubbi: più conveniente, o più prudente, non penalizzare le televisioni del capo del Governo. Meglio mantenere buoni rapporti con chi ha il potere di legiferare, tanto più se costui, a più riprese, ha invitato i suoi colleghi imprenditori a non dare soldi alla Rai, nota azienda comunista, e di conseguenza di darli a lui: che come capo del Governo boicotta un´azienda pubblica, e come padrone di Mediaset intasca i quattrini dirottati dalle casse della Rai. Tutto questo è pazzesco? Sì, lo è. Ma ci viviamo sprofondati da vent’anni: quasi una vita. 

LA REPUBBLICA del 8 marzo 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca

Non so se addebitare a moralismo o puritanesimo (le due categorie nelle quali è di moda rottamare quasi ogni opinione o giudizio) la morsa allo stomaco che mi prende ogni volta che sento su Sky il "promo" televisivo di un popolare noir a puntate nel quale si promette, testualmente, "sesso e sangue" a caterve. L´archetipo è quello stentoreo delle fiere di una volta (venghino signori a vedere la donna barbuta e l´uomo serpente!), però il pathos televisivo lo potenzia e insieme lo muta, rendendo efferato e seducente ciò che nella grida di piazza era solo goffo e naif. 

Sesso e sangue, naturalmente, non sono ingredienti di poco conto, e da sempre innervano romanzi (come quello, notevole, che ispira la serie televisiva), drammi teatrali, opere liriche e film. Solo che sventolarli sotto il naso del pubblico, come nemmeno il più rozzo dei pescivendoli si permette di fare con il cefalo o la seppia, ha qualcosa di irrimediabilmente volgare e basso. Questa volgarità e questa bassezza degradano il pubblico a una massa trucida, facile da abbindolare con gli effettacci, per la quale crimine, sesso e sangue sono un pacchetto irresistibile (per tutta la famiglia?). Può darsi che parte del pubblico sia abbastanza inebetito da non accorgersene. Ma un´altra parte, della quale faccio parte, cambia canale alla velocità della luce. 

LA REPUBBLICA del 22 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Ad ogni nuova guerra aumenta il tasso di difficoltà nel giudicarla, e addirittura nel capirla. Leggo le analisi di interventisti e neutralisti e mi sembrano tutte condivisibili. Ancora più condivisibili quelle dei dubbiosi. Ho quasi invidia per gli avi animosi che sbraitavano "dagli al nemico!", come pure per i pacifisti con bongos e spinelli che facevano l´amore e non la guerra anche perché quella guerra – il Vietnam – fu tra le più presuntuose e inutili. E dunque? E dunque siamo qui aspettiamo – credo in parecchi – che qualche Buona Causa, voglio dire abbastanza limpida da non farsi intorbidire dalle solite speculazioni sul mercato degli idrocarburi, ci aiuti a giudicare le guerre e le paci alla luce di convinzioni un po´ meno relative. Le cosiddette potenze occidentali, come somministratrici di Valori, non sono abbastanza convincenti. Pesano sulle loro spalle almeno un paio di avventure maldestre (l´Iraq, l´Afghanistan) che hanno potenziato l´odio islamista piuttosto che disinnescarlo. Quanto a Gheddafi, non è che puoi riceverlo a Roma come se fosse la reincarnazione di Cleopatra e poi, qualche mese dopo, cercare di centrare con un missile il suo abbaino. Mi sento indeciso a tutto, ma con un alibi di ferro: sono in folta e illustre compagnia. 

LA REPUBBLICA del 3 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Un manipolo di italiani residenti in Finlandia sta organizzando un sit-in di protesta in occasione dell´arrivo di Berlusconi a Helsinki. Più che a una qualche forma di agitazione politica, la micro-mobilitazione fa pensare a un´impellente quanto basica necessità di autodifesa. Non c´è italiano in trasferta che non patisca l´asfissiante compatimento e la sistematica derisione degli altri europei. La domanda fissa che ci rivolgono è: «Come avete potuto ridurvi così? Come è stato possibile? ». Giornali e siti stranieri grondano ilarità e disprezzo per una leadership che, ai loro occhi, non è più neanche improponibile: è inverosimile. Non riescono a farsene una ragione, se non alludendo a una sorta di minorità civile e culturale del nostro povero Paese. Un amico appena rientrato dalla Germania mi ha detto, affranto, che la raffica di domande irridenti su Berlusconi era tale da averlo quasi indotto a dare risposte irritate, ai limiti della maleducazione. Il sit-in finlandese, in questo quadro, serve a evitare la penosa incombenza di dover rispondere a quello stillicidio insopportabile di domande beffarde. I partecipanti non manifesteranno contro Berlusconi, ma per se stessi: sperano che i finlandesi, vedendoli, capiscano che non è a loro che devono chiedere conto della nostra ridicola tragedia. 

LA REPUBBLICA del 3 aprile 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Elogio di un truffato. Il truffato è il mio vecchio, caro amico David Riondino, ottimo poeta satirico (suggerisco "Rombi e milonghe", Feltrinelli), attore, conduttore radiofonico, dicitore di vaglia come i fiorentini migliori. È di quelli che hanno perso il loro gruzzolo affidandolo al Gatto e alla Volpe dei Parioli. Ha rilasciato un´intervista (a Capponi del Corriere) che mi ha fatto inumidire gli occhi per quanto era serena, intelligente e pulita. Dice, in sostanza: sì, mi hanno turlupinato. Sono stato grullo. Ma siccome non ho mai creduto di valere per quello che ho, me ne sono fatto una ragione. Rido di me stesso e guardo avanti. Ho denunciato i miei truffatori, ma li ringrazio perché per una decina d´anni mi hanno fatto credere di essere un benestante. In un Paese che invidia i furbi, e deride gli ingenui, faccio un applauso solitario a David. No, non è un merito perdere quattrini, specie se se ne hanno pochi. Ma è un merito inestimabile sorridere alla sfortuna, allargare le braccia e dire: scusate tanto, ma tra le mie poche virtù la furbizia manca. Poi mi ricordo mio padre: «Guarda che gli onesti, alla lunga, vincono sempre». Purtroppo non è vero. Ma è vero che, anche quando perdono, perdono meglio. 
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