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LA REPUBBLICA del 5 marzo 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
 Se vi è sfuggita (su Repubblica di ieri) la foto di Ruby Rubacuori con Gei Ar e il vecchio miliardario austriaco che li ospitava entrambi, cercatela in rete, stampatelae conservatela trai documenti storici. Si vedono due vecchi danarosi (uno americano, uno europeo) che mostrano la dentiera all’ obiettivo. Uno sventola il cappello da cow-boy come Buffalo Bill poco prima del decesso. L’ altro, essendo Gei Ar, è vestito da Gei Are ostenta il sorriso inespressivo dell’ ospite a noleggio. In mezzo ai due trionfa una giovanissima ragazza araba che per il solo talento di avere diciotto anni – talento puramente ormonale – è riuscita in pochi mesi a penetrare in quella decrepita ridotta di miliardi: e sta per espugnarla. È il nostro (meritato) destino. Una civiltà vecchia e di vecchi, seduta su una catasta di privilegi, sarà presto surclassata dalla brulicante marea dei popoli ragazzini (età media degli iraniani: vent’ anni. Età media degli italiani: 45 anni), affamati di pane e di potere, di vita e di agio. È una brutta notizia solo se la vediamo dal punto di vista, molto angusto, dei vecchi che si giocano il patrimonio per un paio di tette, e dei loro eredi che immaginiamo angustiati. Ma dal punto di vista dell’ umanità tutta intera, è una bella notizia: certifica che la vita continua, e che la Storia passa di mano.

LA REPUBBLICA del 1°aprile 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca

Il Sole 24 ore dell´altro giorno ha pubblicato un´analisi davvero impressionante del mercato televisivo italiano (dati Nielsen). In estrema sintesi: Mediaset ha perso molto pubblico (6 per cento) ma guadagnato parecchia pubblicità in più. La Rai ha perso poco pubblico (1 per cento) ma sta subendo un forte calo degli introiti pubblicitari. Anche volendo ammettere che Mediaset sia molto più abile nella vendita dei suoi spot, trovate voi se c´è un nesso tra il sedicente libero mercato e questo crudo dato. Tra il merito e i risultati. Chi ottiene meno ascolti, guadagna di più.

Se ne deduce che il potere conta più del merito. Che molti inserzionisti, quando si tratti di restringere il budget pubblicitario, non hanno dubbi: più conveniente, o più prudente, non penalizzare le televisioni del capo del Governo. Meglio mantenere buoni rapporti con chi ha il potere di legiferare, tanto più se costui, a più riprese, ha invitato i suoi colleghi imprenditori a non dare soldi alla Rai, nota azienda comunista, e di conseguenza di darli a lui: che come capo del Governo boicotta un´azienda pubblica, e come padrone di Mediaset intasca i quattrini dirottati dalle casse della Rai. Tutto questo è pazzesco? Sì, lo è. Ma ci viviamo sprofondati da vent’anni: quasi una vita. 

LA REPUBBLICA del 8 marzo 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca

Non so se addebitare a moralismo o puritanesimo (le due categorie nelle quali è di moda rottamare quasi ogni opinione o giudizio) la morsa allo stomaco che mi prende ogni volta che sento su Sky il "promo" televisivo di un popolare noir a puntate nel quale si promette, testualmente, "sesso e sangue" a caterve. L´archetipo è quello stentoreo delle fiere di una volta (venghino signori a vedere la donna barbuta e l´uomo serpente!), però il pathos televisivo lo potenzia e insieme lo muta, rendendo efferato e seducente ciò che nella grida di piazza era solo goffo e naif. 

Sesso e sangue, naturalmente, non sono ingredienti di poco conto, e da sempre innervano romanzi (come quello, notevole, che ispira la serie televisiva), drammi teatrali, opere liriche e film. Solo che sventolarli sotto il naso del pubblico, come nemmeno il più rozzo dei pescivendoli si permette di fare con il cefalo o la seppia, ha qualcosa di irrimediabilmente volgare e basso. Questa volgarità e questa bassezza degradano il pubblico a una massa trucida, facile da abbindolare con gli effettacci, per la quale crimine, sesso e sangue sono un pacchetto irresistibile (per tutta la famiglia?). Può darsi che parte del pubblico sia abbastanza inebetito da non accorgersene. Ma un´altra parte, della quale faccio parte, cambia canale alla velocità della luce. 

LA REPUBBLICA del 22 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Ad ogni nuova guerra aumenta il tasso di difficoltà nel giudicarla, e addirittura nel capirla. Leggo le analisi di interventisti e neutralisti e mi sembrano tutte condivisibili. Ancora più condivisibili quelle dei dubbiosi. Ho quasi invidia per gli avi animosi che sbraitavano "dagli al nemico!", come pure per i pacifisti con bongos e spinelli che facevano l´amore e non la guerra anche perché quella guerra – il Vietnam – fu tra le più presuntuose e inutili. E dunque? E dunque siamo qui aspettiamo – credo in parecchi – che qualche Buona Causa, voglio dire abbastanza limpida da non farsi intorbidire dalle solite speculazioni sul mercato degli idrocarburi, ci aiuti a giudicare le guerre e le paci alla luce di convinzioni un po´ meno relative. Le cosiddette potenze occidentali, come somministratrici di Valori, non sono abbastanza convincenti. Pesano sulle loro spalle almeno un paio di avventure maldestre (l´Iraq, l´Afghanistan) che hanno potenziato l´odio islamista piuttosto che disinnescarlo. Quanto a Gheddafi, non è che puoi riceverlo a Roma come se fosse la reincarnazione di Cleopatra e poi, qualche mese dopo, cercare di centrare con un missile il suo abbaino. Mi sento indeciso a tutto, ma con un alibi di ferro: sono in folta e illustre compagnia. 

LA REPUBBLICA del 19 febbraio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Ieri le telefonate a Radio Padania schiumavano rabbia e indignazione per lo show tricolore di Benigni a Sanremo. Era prevedibile, ed è comprensibile. In vent’ anni di irresistibile ascesa, la Lega non ha incontrato sul suo cammino anti-nazionale che sparute, timide resistenze. I suoi capi e i suoi militanti si erano trovati nella fortunata (ma ingannevole) condizione di chi guida contromano senza incontrare nessuno nella corsia opposta, fino a convincersi che non esista flusso contrario. Grazie alla quasi fortuita circostanza del centocinquantenario (anche il Caso è motore della Storia), la Lega si trova di fronte, senza aspettarselo, un muro. E per giunta un muro di popolo (65 per cento l’ audience di Benigni!) che non è liquidabile con il tradizionale spregio per i «salotti», i «comunisti», gli intellettuali. Esiste l’ Italia e soprattutto esistono gli italiani, questo il sorprendente contrattempo che, a caldo, fa imbufalire la gente del Carroccio. A freddo, se è vero come dicono che Bossi è un capo saggio e navigato, sarà interessante capire se e quanto la Lega sarà capace di prendere atto di una realtà nuova, che la ricolloca (anche al Nord) nel suo naturale e legittimo ruolo di minoranza politica e soprattutto di minoranza identitaria: la stragrande maggioranza degli italiani si sente italiana. Prima ne prenderanno atto, meglio sarà per tutti.

LA REPUBBLICA del 16 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Mentre i sondaggi, e più in generale l’umore del Paese, lasciano intendere la possibilità di un’alternativa politica, lo scambio di insolenze tra Grillo e De Magistris ci riporta alla realtà. L’opposizione è un campo di battaglia tra leader e leaderini occupatissimi a vantare una caratura di "purezza" superiore a quella del vicino di pianerottolo. Queste persone sono terminali di speranze, di umori di cambiamento, di voti (specie giovanili). Ma evidentemente non se ne sentono responsabili. Da solo, ognuno di loro conta come il due di picche (anche se presume di essere almeno il tre), eppure maneggia la sua scheggia di consenso come un’arma contro la concorrenza. Primo tra gli ultimi: questo è evidentemente l’obiettivo che si danno questi concessionari della pubblica indignazione.
 
A sinistra del Pd, e comunque fuori da esso, c’è una marea di voti dispersa in cento rivoli. Tra i voti in sonno degli astensionisti (milioni) e il voto irrequieto che si riversa su Idv, Sel, Cinque Stelle, Verdi e altre particole, stiamo parlando di un quinto e forse un quarto dell’elettorato italiano: il doppio della Lega. Non solo l’umiltà, anche l’intelligenza vorrebbe che i gestori di questo patrimonio non lo dilapidassero. Dei loro sbocchi di narcisismo noi non sappiamo che farcene. Berlusconi sì. 

LA REPUBBLICA del 20 febbraio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Non credo che i tre anziani borghesoni milanesi che al Dal Verme inveivano contro l’inviato di "Anno zero" fossero di sinistra. Non lo sono neanche le duchessee contesse romane che hanno organizzato una cena pro-Silvio. Non lo sono la maggior parte dei confindustriali e degli italiani ricchi. E l’analisi del voto, città per città, conferma che nei quartieri del centro, tradizionale habitat degli italiani di censo alto, prevale il voto a destra: come da sempre. Come è nata, allora, la vulgata politica di questi anni secondo la quale il popolo tende a destra, la borghesia a sinistra? È nata per solide ragioni di propaganda: quando la destra non è più liberale (e dunque borghese) ma è populista, diventa fondamentale ingigantire la sua composizione popolare. La seconda ragione è culturale. Prevalentemente di sinistra sono, loro sì, i ceti intellettuali (professori, insegnanti, mondo della culturae dello spettacolo), edè in odio a loro che la destra alimenta l’onda di spregio contro i "radical chic". I tre abbienti milanesi che circondavano minacciosi il santoriano Formigli erano certamente più ricchi di lui (anche se più volgari), ma dandogli del "radical chic" potevano travestirsi da animosi protestatari che insorgono contro un privilegiato. Il geniale trucco della destra berlusconiana è esattamente questo: essere al potere, e con il culo al caldo, ma dare a bere ai suoi elettori che stanno facendo la rivoluzione. 

LA REPUBBLICA del 15 novembre 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Dal Canada mio cugino mi manda una mail di mezza riga: "Enfin il est parti, le clown…". Finalmente se n´è andato, il clown. Sintetico. E terribile. Mi sembra che nelle dotte analisi di questi giorni non sia compreso quel sentimento di umiliazione e insieme di incredulità che è stato l´anima del cosiddetto "antiberlusconismo". Era qualcosa che andava molto al di là della passione politica (e proprio per questo suonano incongrue le polemiche sulla faziosità degli italiani). Era qualcosa che riguardava i modi e i toni dello stare al mondo, andando a toccare il nervo profondo, profondissimo della misura umana. Le frasi dei padri: "Non ti vantare, solo gli sciocchi si vantano". Quel disagio per gli eccessi del denaro e del potere, e per gli eccessi in genere, che è, tra le virtù democratiche, la più spontanea, la più popolare e la meno ideologica. Quell´imbarazzo tremendo (quasi vergognandosi in sua vece) per l´egolatria puerile, rumorosa, invadente, insana in un adulto, patologica nel capo di una democrazia. Quel non trovare più traccia, nel suo volto, nelle sue parole, nelle sue cerimonie aliene, di niente che ci ricordasse le nostre origini borghesi, operaie, contadine. Quell´idea delle donne. Quel sentirci, a milioni, stranieri in patria. Quel sentirci, per giunta, incapaci di spiegare a tutti, anche ai suoi elettori, che non era la politica, a farci stare così male. 

LA REPUBBLICA del 2 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Se un giornale di sinistra proponesse ai suoi lettori un "Diario di Stalin" a puntate, i suoi lettori telefonerebbero al direttore per chiedergli se è uscito di senno, e se non si vergogna. Feltri e Belpietro, mettendoci la faccia, possono invece lietamente pubblicizzare i loro "Diari di Mussolini" (by Dell’ Utri) senza ombra di imbarazzo, e forse guadagnando qualche copia. Tanti passi indietro ha compiuto, negli anni di Berlusconi, la destra italiana, che un gadget per nostalgici può essere tranquillamente spacciato per divulgazione storica, e le minute retroguardie fasciste che si accontentavano, fino a pochi anni fa, di vivacchiare negli interstizi della pubblicistica nazionale (là dove la ficcava Montanelli), oggi vedono la loro bandiera sventolare sul pennone più alto del secondo quotidiano della destra di governo. Che sia una cattiva notizia per la povera democrazia italiana, è un’ ovvietà. Meno ovvio, ma altrettanto rilevante, è che questo ducismo a fascicoli è una pessima notizia per la destra, così affannosamente in cerca di una sua rivincita culturale da incartare le sue peggiori memorie dentro i suoi migliori anni di potere politico. Vincere non ha ingentilito la destra nostrana, l’ ha ingaglioffita e fascistizzata. 

LA REPUBBLICA del 22 febbraio 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Questo giornale ha pubblicato ieri un´intervista seria e incalzante al candidato sindaco di Milano Giuliano Pisapia a proposito del suo coinvolgimento indiretto nella vicenda degli affitti di case di proprietà di enti pubblici. Pisapia, che è un galantuomo, ha spiegato (con rammarico perfino eccessivo) che l´affitto della sua attuale compagna (stipulato vent´anni fa e scaduto nel 2008!) è un problema del quale avrebbe dovuto preoccuparsi più tempestivamente. Due considerazioni. La prima: quando leggeremo su un giornale di destra un´intervista altrettanto rigorosa (nelle domande e nelle risposte) a una personalità pubblica di destra coinvolta in scandali veri o gonfiati, sarà un bel giorno per questo Paese. La seconda: nel clima truce e urlante di questi anni, è un palese obiettivo politico intorbidare le acque e confondere dimensioni e gravità delle colpe, da quelle evidenti a quelle presunte. Partecipare alle varie cosche del malaffare e degli appalti deviati, e fidanzarsi con una persona che fu intestataria di un affitto inferiore ai prezzi di mercato non è, ovviamente, la stessa cosa. Interesse del lupo è sostenere che l´agnello è il carnefice, lui la vittima. La diceria dell´untore è che tutti abbiamo la peste, e di conseguenza nessuno è integro, nessuno salvo, nessuno in diritto di giudicare. Vale ripeterlo ogni volta che il lupo ripete il suo verso. 
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