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LA REPUBBLICA del 1°aprile 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca

Il Sole 24 ore dell´altro giorno ha pubblicato un´analisi davvero impressionante del mercato televisivo italiano (dati Nielsen). In estrema sintesi: Mediaset ha perso molto pubblico (6 per cento) ma guadagnato parecchia pubblicità in più. La Rai ha perso poco pubblico (1 per cento) ma sta subendo un forte calo degli introiti pubblicitari. Anche volendo ammettere che Mediaset sia molto più abile nella vendita dei suoi spot, trovate voi se c´è un nesso tra il sedicente libero mercato e questo crudo dato. Tra il merito e i risultati. Chi ottiene meno ascolti, guadagna di più.

Se ne deduce che il potere conta più del merito. Che molti inserzionisti, quando si tratti di restringere il budget pubblicitario, non hanno dubbi: più conveniente, o più prudente, non penalizzare le televisioni del capo del Governo. Meglio mantenere buoni rapporti con chi ha il potere di legiferare, tanto più se costui, a più riprese, ha invitato i suoi colleghi imprenditori a non dare soldi alla Rai, nota azienda comunista, e di conseguenza di darli a lui: che come capo del Governo boicotta un´azienda pubblica, e come padrone di Mediaset intasca i quattrini dirottati dalle casse della Rai. Tutto questo è pazzesco? Sì, lo è. Ma ci viviamo sprofondati da vent’anni: quasi una vita. 

LA REPUBBLICA del 8 marzo 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca

Non so se addebitare a moralismo o puritanesimo (le due categorie nelle quali è di moda rottamare quasi ogni opinione o giudizio) la morsa allo stomaco che mi prende ogni volta che sento su Sky il "promo" televisivo di un popolare noir a puntate nel quale si promette, testualmente, "sesso e sangue" a caterve. L´archetipo è quello stentoreo delle fiere di una volta (venghino signori a vedere la donna barbuta e l´uomo serpente!), però il pathos televisivo lo potenzia e insieme lo muta, rendendo efferato e seducente ciò che nella grida di piazza era solo goffo e naif. 

Sesso e sangue, naturalmente, non sono ingredienti di poco conto, e da sempre innervano romanzi (come quello, notevole, che ispira la serie televisiva), drammi teatrali, opere liriche e film. Solo che sventolarli sotto il naso del pubblico, come nemmeno il più rozzo dei pescivendoli si permette di fare con il cefalo o la seppia, ha qualcosa di irrimediabilmente volgare e basso. Questa volgarità e questa bassezza degradano il pubblico a una massa trucida, facile da abbindolare con gli effettacci, per la quale crimine, sesso e sangue sono un pacchetto irresistibile (per tutta la famiglia?). Può darsi che parte del pubblico sia abbastanza inebetito da non accorgersene. Ma un´altra parte, della quale faccio parte, cambia canale alla velocità della luce. 

LA REPUBBLICA del 22 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Ad ogni nuova guerra aumenta il tasso di difficoltà nel giudicarla, e addirittura nel capirla. Leggo le analisi di interventisti e neutralisti e mi sembrano tutte condivisibili. Ancora più condivisibili quelle dei dubbiosi. Ho quasi invidia per gli avi animosi che sbraitavano "dagli al nemico!", come pure per i pacifisti con bongos e spinelli che facevano l´amore e non la guerra anche perché quella guerra – il Vietnam – fu tra le più presuntuose e inutili. E dunque? E dunque siamo qui aspettiamo – credo in parecchi – che qualche Buona Causa, voglio dire abbastanza limpida da non farsi intorbidire dalle solite speculazioni sul mercato degli idrocarburi, ci aiuti a giudicare le guerre e le paci alla luce di convinzioni un po´ meno relative. Le cosiddette potenze occidentali, come somministratrici di Valori, non sono abbastanza convincenti. Pesano sulle loro spalle almeno un paio di avventure maldestre (l´Iraq, l´Afghanistan) che hanno potenziato l´odio islamista piuttosto che disinnescarlo. Quanto a Gheddafi, non è che puoi riceverlo a Roma come se fosse la reincarnazione di Cleopatra e poi, qualche mese dopo, cercare di centrare con un missile il suo abbaino. Mi sento indeciso a tutto, ma con un alibi di ferro: sono in folta e illustre compagnia. 

LA REPUBBLICA del 3 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Un manipolo di italiani residenti in Finlandia sta organizzando un sit-in di protesta in occasione dell´arrivo di Berlusconi a Helsinki. Più che a una qualche forma di agitazione politica, la micro-mobilitazione fa pensare a un´impellente quanto basica necessità di autodifesa. Non c´è italiano in trasferta che non patisca l´asfissiante compatimento e la sistematica derisione degli altri europei. La domanda fissa che ci rivolgono è: «Come avete potuto ridurvi così? Come è stato possibile? ». Giornali e siti stranieri grondano ilarità e disprezzo per una leadership che, ai loro occhi, non è più neanche improponibile: è inverosimile. Non riescono a farsene una ragione, se non alludendo a una sorta di minorità civile e culturale del nostro povero Paese. Un amico appena rientrato dalla Germania mi ha detto, affranto, che la raffica di domande irridenti su Berlusconi era tale da averlo quasi indotto a dare risposte irritate, ai limiti della maleducazione. Il sit-in finlandese, in questo quadro, serve a evitare la penosa incombenza di dover rispondere a quello stillicidio insopportabile di domande beffarde. I partecipanti non manifesteranno contro Berlusconi, ma per se stessi: sperano che i finlandesi, vedendoli, capiscano che non è a loro che devono chiedere conto della nostra ridicola tragedia. 

LA REPUBBLICA del 15 novembre 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Dal Canada mio cugino mi manda una mail di mezza riga: "Enfin il est parti, le clown…". Finalmente se n´è andato, il clown. Sintetico. E terribile. Mi sembra che nelle dotte analisi di questi giorni non sia compreso quel sentimento di umiliazione e insieme di incredulità che è stato l´anima del cosiddetto "antiberlusconismo". Era qualcosa che andava molto al di là della passione politica (e proprio per questo suonano incongrue le polemiche sulla faziosità degli italiani). Era qualcosa che riguardava i modi e i toni dello stare al mondo, andando a toccare il nervo profondo, profondissimo della misura umana. Le frasi dei padri: "Non ti vantare, solo gli sciocchi si vantano". Quel disagio per gli eccessi del denaro e del potere, e per gli eccessi in genere, che è, tra le virtù democratiche, la più spontanea, la più popolare e la meno ideologica. Quell´imbarazzo tremendo (quasi vergognandosi in sua vece) per l´egolatria puerile, rumorosa, invadente, insana in un adulto, patologica nel capo di una democrazia. Quel non trovare più traccia, nel suo volto, nelle sue parole, nelle sue cerimonie aliene, di niente che ci ricordasse le nostre origini borghesi, operaie, contadine. Quell´idea delle donne. Quel sentirci, a milioni, stranieri in patria. Quel sentirci, per giunta, incapaci di spiegare a tutti, anche ai suoi elettori, che non era la politica, a farci stare così male. 

LA REPUBBLICA del 2 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Se un giornale di sinistra proponesse ai suoi lettori un "Diario di Stalin" a puntate, i suoi lettori telefonerebbero al direttore per chiedergli se è uscito di senno, e se non si vergogna. Feltri e Belpietro, mettendoci la faccia, possono invece lietamente pubblicizzare i loro "Diari di Mussolini" (by Dell’ Utri) senza ombra di imbarazzo, e forse guadagnando qualche copia. Tanti passi indietro ha compiuto, negli anni di Berlusconi, la destra italiana, che un gadget per nostalgici può essere tranquillamente spacciato per divulgazione storica, e le minute retroguardie fasciste che si accontentavano, fino a pochi anni fa, di vivacchiare negli interstizi della pubblicistica nazionale (là dove la ficcava Montanelli), oggi vedono la loro bandiera sventolare sul pennone più alto del secondo quotidiano della destra di governo. Che sia una cattiva notizia per la povera democrazia italiana, è un’ ovvietà. Meno ovvio, ma altrettanto rilevante, è che questo ducismo a fascicoli è una pessima notizia per la destra, così affannosamente in cerca di una sua rivincita culturale da incartare le sue peggiori memorie dentro i suoi migliori anni di potere politico. Vincere non ha ingentilito la destra nostrana, l’ ha ingaglioffita e fascistizzata. 

LA REPUBBLICA del 22 febbraio 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Questo giornale ha pubblicato ieri un´intervista seria e incalzante al candidato sindaco di Milano Giuliano Pisapia a proposito del suo coinvolgimento indiretto nella vicenda degli affitti di case di proprietà di enti pubblici. Pisapia, che è un galantuomo, ha spiegato (con rammarico perfino eccessivo) che l´affitto della sua attuale compagna (stipulato vent´anni fa e scaduto nel 2008!) è un problema del quale avrebbe dovuto preoccuparsi più tempestivamente. Due considerazioni. La prima: quando leggeremo su un giornale di destra un´intervista altrettanto rigorosa (nelle domande e nelle risposte) a una personalità pubblica di destra coinvolta in scandali veri o gonfiati, sarà un bel giorno per questo Paese. La seconda: nel clima truce e urlante di questi anni, è un palese obiettivo politico intorbidare le acque e confondere dimensioni e gravità delle colpe, da quelle evidenti a quelle presunte. Partecipare alle varie cosche del malaffare e degli appalti deviati, e fidanzarsi con una persona che fu intestataria di un affitto inferiore ai prezzi di mercato non è, ovviamente, la stessa cosa. Interesse del lupo è sostenere che l´agnello è il carnefice, lui la vittima. La diceria dell´untore è che tutti abbiamo la peste, e di conseguenza nessuno è integro, nessuno salvo, nessuno in diritto di giudicare. Vale ripeterlo ogni volta che il lupo ripete il suo verso. 

LA REPUBBLICA del 23 febbraio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Si farebbe a meno degli umori leggeri, di fronte a tragedie come quella libica. Ma inevitabilmente, e non certo per colpa nostra, la parabola catastrofica del colonnello Gheddafi scatena, nei peggiori bar delle nostre città, fantasie mezzo satiriche mezzo politico-diplomatiche sul suo destino, se ad Arcore (dividendo la cameretta con l´amico Putin) o ad Antigua, se da solo sul Mig o con un cargo di amazzoni al seguito. E quale uniforme, in caso di fuga, sceglierà nel suo guardaroba, quella ieratica (la sola elegante) da capo beduino o quella da generale pazzo mutuata dalle peggiori tradizioni dell´occidente colonizzatore? O tutte e due, per segnalare il disastro bicefalo prodotto dal colonialismo militare e dall´arcaismo tribale? E soprattutto: che cosa staranno pensando, in queste ore, le miss reclutate a mazzi per ascoltare le lezioni coraniche di un tizio che fa bombardare il suo popolo? Avranno colto la differenza tra una convention di elettrodomestici e lo strano stage di indottrinamento nato sull´asse di ferro Roma-Tripoli, oppure penseranno solo di essersi prestate a un pomeriggio appena più pittoresco del normale? E se hanno conservato il velo in omaggio, sapranno rivolgere un pensiero alle donne libiche che quel velo, adesso, lo usano per asciugare il sangue?

LA REPUBBLICA del 15 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
In fondo alla scala sociale, sotto al girone dei disoccupati, a quello dei cassintegrati, a quello dei senza tetto, a quello degli emarginati, che cosa c´è? Ci sono la povera Ruby Rubacuori e i suoi tristi impresari, che la esibiscono nei localini di provincia e neanche le pagano il salario (vedi le cronache, di strabiliante squallore, della sua mancata esibizione pugliese). C´è il tira-tira e il piglia-piglia di un sottobosco di aspiranti famosi, di mancati attori, di mezzi ospiti di trasmissioni minori, alla ricerca di una paparazzata che li renda visibili almeno alla mamma e alle zie. Un mondo di finta ricchezza e di penuria sostanziale, che noleggia la limousine ma non ha i soldi per pagare la bolletta della luce, che ha la borsa di Vuitton ma si deve fare imprestare un letto per dormire, o pagare l´affitto da qualche riccone attizzato. Parcheggiati nell´anticamera dei Grandi Fratelli, stakanovisti del provino, proletari dello show-business, portoghesi del jet-set. Un´umanità che si crede eccessiva perché tira mattino, ma è solo eccedente, fuori dai cancelli della Grande Fabbrica televisiva, vivacchiante ai margini dei riflettori. Mette angoscia pensare a una ragazza di diciotto anni che rimbalza come una pallina da flipper tra una discoteca di paese e una promessa truffaldina, destinata a misurare, presto o tardi, l´imbroglio terribile di un successo vuoto, senza talento, senza merito, senza approdo.

LA REPUBBLICA del 29 gennaio 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Pure se agghiacciante nelle intenzioni e disgustoso nei toni, l’ attacco del Giornale di Berlusconi a Ilda Boccassini è puramente, classicamente comico. Il principale capo d’ accusa è che Boccassini sarebbe stata vista nel 1982 (trent’ anni fa) mentre baciava «un giornalista di sinistra», per giunta in un’ area non lontana da Palazzo di Giustizia: almeno si fossero baciati mentre erano in gita sui laghi, gli svergognati. Tecnicamente parlando, si tratta della perfetta parodia di una campagna di stampa. Se questo è il massimo sforzo che la famosa macchina del fango è in grado di produrre, Berlusconi farebbe bene a richiamare immediatamente Feltri, che se c’ era da infamare qualcuno almeno lo infamava ben bene, come ha fatto col povero Boffo. Vero è che il clima è talmente infuocato e le urla così alte che tutto pare indistinto, arruffato, uguale: come dice Saviano proprio questo è l’ obbiettivo, far credere che tutti si sia ugualmente sozzi, loschi e compromessi. Ma perfino in questo saloon, e nel pieno della sparatoria, dovrebbe valere un minimo sindacale anche per i colpi bassi. Se anche l’ odio politico, la calunnia, la bava alla bocca sono di serie b, che cosa ci resta, di serie a, in questo povero paese? 
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