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LA REPUBBLICA del 15 novembre 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Dal Canada mio cugino mi manda una mail di mezza riga: "Enfin il est parti, le clown…". Finalmente se n´è andato, il clown. Sintetico. E terribile. Mi sembra che nelle dotte analisi di questi giorni non sia compreso quel sentimento di umiliazione e insieme di incredulità che è stato l´anima del cosiddetto "antiberlusconismo". Era qualcosa che andava molto al di là della passione politica (e proprio per questo suonano incongrue le polemiche sulla faziosità degli italiani). Era qualcosa che riguardava i modi e i toni dello stare al mondo, andando a toccare il nervo profondo, profondissimo della misura umana. Le frasi dei padri: "Non ti vantare, solo gli sciocchi si vantano". Quel disagio per gli eccessi del denaro e del potere, e per gli eccessi in genere, che è, tra le virtù democratiche, la più spontanea, la più popolare e la meno ideologica. Quell´imbarazzo tremendo (quasi vergognandosi in sua vece) per l´egolatria puerile, rumorosa, invadente, insana in un adulto, patologica nel capo di una democrazia. Quel non trovare più traccia, nel suo volto, nelle sue parole, nelle sue cerimonie aliene, di niente che ci ricordasse le nostre origini borghesi, operaie, contadine. Quell´idea delle donne. Quel sentirci, a milioni, stranieri in patria. Quel sentirci, per giunta, incapaci di spiegare a tutti, anche ai suoi elettori, che non era la politica, a farci stare così male. 

LA REPUBBLICA del 2 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Se un giornale di sinistra proponesse ai suoi lettori un "Diario di Stalin" a puntate, i suoi lettori telefonerebbero al direttore per chiedergli se è uscito di senno, e se non si vergogna. Feltri e Belpietro, mettendoci la faccia, possono invece lietamente pubblicizzare i loro "Diari di Mussolini" (by Dell’ Utri) senza ombra di imbarazzo, e forse guadagnando qualche copia. Tanti passi indietro ha compiuto, negli anni di Berlusconi, la destra italiana, che un gadget per nostalgici può essere tranquillamente spacciato per divulgazione storica, e le minute retroguardie fasciste che si accontentavano, fino a pochi anni fa, di vivacchiare negli interstizi della pubblicistica nazionale (là dove la ficcava Montanelli), oggi vedono la loro bandiera sventolare sul pennone più alto del secondo quotidiano della destra di governo. Che sia una cattiva notizia per la povera democrazia italiana, è un’ ovvietà. Meno ovvio, ma altrettanto rilevante, è che questo ducismo a fascicoli è una pessima notizia per la destra, così affannosamente in cerca di una sua rivincita culturale da incartare le sue peggiori memorie dentro i suoi migliori anni di potere politico. Vincere non ha ingentilito la destra nostrana, l’ ha ingaglioffita e fascistizzata. 

LA REPUBBLICA del 22 febbraio 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Questo giornale ha pubblicato ieri un´intervista seria e incalzante al candidato sindaco di Milano Giuliano Pisapia a proposito del suo coinvolgimento indiretto nella vicenda degli affitti di case di proprietà di enti pubblici. Pisapia, che è un galantuomo, ha spiegato (con rammarico perfino eccessivo) che l´affitto della sua attuale compagna (stipulato vent´anni fa e scaduto nel 2008!) è un problema del quale avrebbe dovuto preoccuparsi più tempestivamente. Due considerazioni. La prima: quando leggeremo su un giornale di destra un´intervista altrettanto rigorosa (nelle domande e nelle risposte) a una personalità pubblica di destra coinvolta in scandali veri o gonfiati, sarà un bel giorno per questo Paese. La seconda: nel clima truce e urlante di questi anni, è un palese obiettivo politico intorbidare le acque e confondere dimensioni e gravità delle colpe, da quelle evidenti a quelle presunte. Partecipare alle varie cosche del malaffare e degli appalti deviati, e fidanzarsi con una persona che fu intestataria di un affitto inferiore ai prezzi di mercato non è, ovviamente, la stessa cosa. Interesse del lupo è sostenere che l´agnello è il carnefice, lui la vittima. La diceria dell´untore è che tutti abbiamo la peste, e di conseguenza nessuno è integro, nessuno salvo, nessuno in diritto di giudicare. Vale ripeterlo ogni volta che il lupo ripete il suo verso. 

LA REPUBBLICA del 19 aprile 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Se fossi stato a San Vittore 42 giorni per poi essere riconosciuto innocente, avrei anche io le mie ragioni di rancore nei confronti della magistratura, come questo signor Lassini che ha tappezzato Milano con quegli osceni manifesti che apparentano giudici e brigatisti. La vera sfortuna di Lassini è non avere trovato sulla sua strada una comunità politica che lo aiuti a tenere a freno i suoi impulsi. Al contrario, nel Pdl (e nelle parole del suo leader) ha trovato terreno fertile per la sua deriva. I partiti di massa, una volta, servivano a stemperare e governare le pulsioni di pancia, a moderare i termini, a suggerire (e a volte costringere) di anteporre l´interesse collettivo al proprio ombelico. Una delle più incresciose e gravi circostanze che ci fanno vivere (tutti) così male è che il partito di maggioranza relativa, che sulla carta rappresenta i moderati di centrodestra, è un partito estremista, vociante, radicalmente conflittuale, specchio del suo leader che incarna ogni lacerazione ideologica, ogni conflitto istituzionale. Gli appelli alla temperanza, all´abbandono dello spirito di fazione, suonano del tutto irrealistici in un Paese dove l´intemperanza e la faziosità sono, purtroppo, al governo. E dove il sindaco di Milano, a quanto pare, non è in grado di ricondurre alla ragione un suo candidato fuori di testa. L´estremismo, qui e ora, non è più un problema periferico. È una malattia che riguarda il centro della politica, e il cuore del potere. 

LA REPUBBLICA del 24 aprile 2013

PUBBLICATO IL  aprile 24 -  L'Amaca
Mai parlato tanto di politica da molti anni. Da giorni video accesi in quasi tutte le case, non solo i computer e i tablet per fruitori monadi, anche il vecchio televisore che ritrova una dimenticata centralità collettiva, e raccoglie capannelli di familiari o amici. Mail a frotte, nugoli di sms, telefonate, tweet, parole di persone comuni che si ammantano di solennità nello sforzo di esprimere rabbia, delusione, passione, e parole di persone importanti che diventano semplici e dirette perché la crisi mette a nudo gli animi, rende inutili gli orpelli verbali. Una gigantesca assemblea permanente, tesa, a tratti cattiva e insultante. Litigi. Polemiche. Divisioni. Trame. Un’emotività contagiosa, che la mediaticità capillare spalma ovunque. Faremmo male a non prendere atto che manca, da questo scenario così pubblico e insieme così privato, la violenza. Dico quella violenza diffusa, premeditata, spesso anche omicida, che ha insanguinato l’infanzia e la giovinezza della democrazia italiana. La violenza politica, la violenza della politica. Siamo abituati a pensare, della società italiana, quasi tutto il male possibile. Ma qualche cosa, forse, l’abbiamo imparata. Almeno un poco siamo cresciuti.

LA REPUBBLICA del 23 aprile 2013 

PUBBLICATO IL  aprile 23 -  L'Amaca
Passando agevolmente dentro lo sbrego che la destra di potere e specialmente la Lega hanno aperto, lungo gli anni, nel tessuto democratico del nostro Paese, i neonazisti europei si ritrovano volentieri nei dintorni di Varese (Lombardia, Italia), dove da anni si celebra con molta birra, e liete danze, il compleanno di Hitler, cioè si festeggia (implicitamente o esplicitamente poco importa) lo sterminio di milioni di uomini, donne, bambini. Questo accade sotto lo sguardo preoccupato della Digos, che si presume ne approfitti per raccogliere utili informazioni sui partecipanti al party: che si è svolto, sotto forma di festa privata, in un’area affittata ai nazisti da un circolo culturale vicino alla Lega. Non eguale allarme il raduno hitleriano sembra suscitare tra le autorità locali e regionali. Per ora non sono pervenute reazioni formali – neanche quelle parolette rituali che aiutano, comunque, a sapere che chi deve sapere, sa – da parte del governatore della Lombardia Maroni, né dalle istituzioni politiche di Varese e provincia. Eppure esistono in Italia, così come in tutta Europa, leggi contro l’istigazione all’odio razziale. In provincia di Varese no? Chissà se le vivaci curve ultras locali, almeno per coerenza, hanno mandato agli ospiti con svastica, arrivati da così lontano, un messaggio di benvenuto.

LA REPUBBLICA del 18 aprile 2013 

PUBBLICATO IL  aprile 18 -  L'Amaca
Si dice, da anni, che la sinistra italiana non è più in grado di captare gli umori del paese. Ora sappiamo che non è più in grado di captare neanche gli umori della sua gente: quella che alla sinistra vuole bene, che dentro la sinistra vive, che nella sinistra ancora spera. Eventuali primarie tra Marini e Rodotà vedrebbero il secondo trionfare con un margine così schiacciante da far sembrare perfino stravagante la candidatura del primo. Non che Marini non sia una persona degna, o un incapace. Nessuno lo sostiene. Ma tutti intendono che il cambiamento tanto invocato dallo stesso Bersani non passa da Berlusconi, no che non ci passa: e invece è proprio dal parlottio con Berlusconi e i suoi che il nome di Marini è sortito. Tutti intendono che Rodotà incarna la politica alta e la sinistra degna. Tutti sanno che Rodotà è stato presidente del Pds. Tutti colgono il vero e proprio colpo di fortuna toccato alla sinistra con l’esito delle “quirinarie” grilline, con la rinuncia di Gabanelli e Strada e il nome di Rodotà che chiede solamente di essere riconosciuto. Tutti, infine, ora intendono che Grillo ha avuto ragione a sfidare il Pd su Rodotà al Colle, già sapendo che quel partito non avrebbe avuto l’estro, la libertà, la forza di accettare. Ieri Grillo ha stravinto. Il Pd ha straperso. E molte persone, chi con il magone, chi schiumando rabbia, si sono chieste come è possibile farsi talmente male.

LA REPUBBLICA del 17 aprile 2013 

PUBBLICATO IL  aprile 17 -  L'Amaca
Semplificando brutalmente (a volte è necessario): per la corsa al Quirinale la sinistra deve scegliere se accontentare Berlusconi oppure accontentare Cinque Stelle. Così richiede il tripolarismo imperfetto uscito dal voto. La prima scelta (accontentare Berlusconi) equivale a un suicidio politico non solo per la sinistra, ma per l’intero assetto politico repubblicano. Sarebbe la fotografia di una vecchia classe di potere che si barrica nel Palazzo nella speranza di reggere ancora qualche mese o anno. La seconda (non scontentare Cinque Stelle) è ad alto rischio, perché le intenzioni e la natura stessa di quel movimento sono in parte imperscrutabili. Ma lascerebbe aperto un varco verso quel “cambiamento” che lo stesso Bersani, giustamente, considera sinonimo di “responsabilità”: niente è più irresponsabile, nella presente situazione, che decidere di non cambiare nulla. So che è molto comodo sputare sentenze senza mettersi nei panni degli altri. Ma fossi Bersani non avrei dubbi. A rischio di mettermi contro mezzo partito, accetterei di votare Rodotà o Gabanelli e sfiderei Grillo a trarne le conseguenze. La sinistra italiana ha quasi sempre scelto di rischiare poco, ed è rischiando poco che si è infiacchita e ha perduto molte battaglie. Qui il rischio è altissimo: ma la posta in gioco è cercare di venirne fuori da vivi, e finalmente con il vento in faccia.

LA REPUBBLICA del 3 aprile 2013

PUBBLICATO IL  aprile 3 -  L'Amaca
Approfitto della confusione generale, e della rassicurante irrilevanza della mia opinione, per fare i miei nomi per il Quirinale. Barbara Spinelli o Emma Bonino, donne di grande intelligenza e totale indipendenza politica (a Bonino si perdonerà facilmente, nel nome del superiore interesse del Paese, l’ostinata fedeltà a Marco Pannella e alle sue stramberie; a Spinelli di essere, tra le altre cose, editorialista di questo giornale). Lo stimolo proviene da un amico di penna che propone di lanciare la campagna “una Bergoglio per il Colle”, dicitura sapiente e anche molto maliziosa perché esclude la reperibilità di “un” Bergoglio e ne suggerisce, dunque, “una”. Se tifo per una donna Capo dello Stato non è per ruffianeria femminofila (sempre sospetta, tra l’altro, in un maschio). È perché davvero il segno di una così inedita e radicale diversità contribuirebbe non solo a segnare la fine del passato che non passa mai; ma anche a distrarre per un attimo le energie degli attori politici dalla loro rissa permanente, costringendoli a contemplare tutti insieme l’incredibile spettacolo di una femmina che regola e indirizza le ambizioni dei maschi. Ma poi pensate, l’ultimo dell’anno, sentire una voce di donna che ci accompagna e ci consiglia.

LA REPUBBLICA del 2 aprile 2013

PUBBLICATO IL  aprile 2 -  L'Amaca
Dire che la situazione politica è oscura è dire poco. Anche i più esperti meccanici istituzionali stanno consultando il libretto di istruzioni nella speranza di ridare regolarità a un motore che fa rumori stranissimi, e sempre più fiochi. Se la curiosa trovata dei “dieci saggi” è stata accolta solo da un borbottio poco convinto e non dalle solite urla ostili, è perché nessuno è sicuro di avere una soluzione in tasca, e perfino il famosissimo blog di Grillo, che ha una parola definitiva per ciascuno dei problemi che affliggono l’umanità, inganna il tempo indicendo strambe primarie per il Quirinale, aperte ai soliti (pochi) membri di quel riservatissimo club. La sola certezza è che una politica sempre meno comprensibile è una politica sempre più ammalata, distante, alchemica. Roma in questi giorni è lontanissima da tutto e da tutti, forse anche da se stessa. Non trova neanche le parole per dire della propria impotenza, e forse del proprio spavento. Il primo che chiedesse aiuto con le mani nei capelli, tra quei signori in giacca a cravatta che passano la vita rilasciando dichiarazioni ai telegiornali, avrebbe tutta la nostra comprensione. Dev’essere durissimo passare tutta la vita fingendo di sapere che cosa si sta facendo, che cosa si sta dicendo.
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