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LA REPUBBLICA del 17 febbraio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
La (tostissima) avvocatessa della signorina Minetti, l’ altra sera da Lerner, ha suggerito al premier di accettare il processo e sottoporsi al giudizio. Ma è come chiedere a Berlusconi di non essere Berlusconi. Lui il giudizio, prima ancora di non sopportarlo, non lo concepisce. Il suo segreto e la sua forza, nonché ciò che lo rende insopportabile a noi e nocivo alla serenità nazionale, sta proprio in questa incapacità congenita di misurarsi con il giudizio degli altri. Che questo riveli una patologica insicurezza di fondo, è argomento che lasciamo agli psicologi. A loro le cause, a noi l’ onere di sopportarne (da vent’ anni) i sintomi: rifiuto di ogni confronto televisivo, fastidio per ogni domanda diretta, lodi sperticate a se stesso ("sono il più grande presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni": non basterebbe questa frase per capire che non sta bene?), reazioni scomposte alle critiche e soprattutto attribuzione di ogni critica all’ "invidia", di ogni inciampo a "congiure", di ogni errore agli errori altrui. Essendo il processo un contraddittorio per eccellenza, come volete che possa affrontarlo? Gli parrà persecuzione ciò che è accertamento, odio ciò che è prassi di legge, arbitrio ogni accusa. Lo vedo piuttosto in fuga ad Antigua, dove rimuginare su quanto è bravo lui, e quanto cattivi gli altri. 

 LA REPUBBLICA del 25 gennaio 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca

Pare che alla prossima "Isola dei famosi" parteciperanno la mamma di Valeria Marini, il figlio di Brigitte Nielsen, il fratello di Materazzi, la figlia di Ambrogio Fogar, la sorella di Balotelli e la nipote di Fabrizio De André. Ciascuna di queste persone merita tutto il nostro affetto, e a conoscerle meglio, avendone il tempo e soprattutto la voglia, sono sicuro che meriterebbero anche la nostra stima. Non è questo il punto.

Il punto è che, nel casuale affastellarsi di cognomi così variamente assortiti, si può leggere la definitiva potenza del Modello Televisivo: una specie di soluzione finale che azzera differenze e retaggi come neppure a Stalin, che evidentemente aveva meno mezzi, sarebbe riuscito. Perché laddove la nipote di Einstein e la cugina di Vanna Marchi (mettiamo) si ritrovassero a spartire un capanno, e a contendersi una noce di cocco, allora vuol dire che siamo davvero, e finalmente, tutti uguali e tutti iscritti alla stessa gara. Non era poi questo, esattamente questo il sogno radicale delle grandi rivoluzioni sociali? Poi resta da stabilire, ovviamente, se contendersi tutti insieme una noce di cocco mentre la Marcuzzi o Sgarbi (non so, non me ne intendo) commentano dallo studio, sia la vita ideale che avevamo sognato per la Futura Umanità. Ma questo è un altro discorso. 

LA REPUBBLICA del 24 febbraio 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Vorrei invitare a cena il 10 marzo, per suo risarcimento e per mia curiosità umana, l’unico spettatore che aveva acquistato l’unico biglietto venduto per il concerto di Mariano Apicella sul prestigioso palco degli Arcimboldi in Milano. Lo show, finanziato da anonimi filantropi che avevano affittato il teatro per 15mila euro, è stato sospeso per una ventilata "minaccia di contestazioni", più probabilmente per il non eclatante risultato della prevendita: un unico spettatore, per quanto entusiasta, non garantisce quel minimo di calore che aiuta l’artista a dare il meglio di sé.

Considerando che questi sono tempi grami per la cultura, e che la premiere di Apicella era pur sempre una premiere, credo che questo solitario e misterioso spettatore non vada abbandonato alla sua delusione. Dunque lo invito volentieri a cena, per conversare con lui di arte e di canzone, pur sapendo di espormi a un rischio non trascurabile. Il rischio è che quell’unico biglietto venduto sia stato acquistato dalla stessa persona che ha organizzato l’esordio milanese di Apicella, ha affittato il teatro, ha apprezzato e apprezza l’opera del Maestro ed era disposto ad applaudirlo, solo nel buio, fino al bis. Il rischio, insomma, è ritrovarmi a cena con Silvio Berlusconi.

LA REPUBBLICA del 19 aprile 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Se fossi stato a San Vittore 42 giorni per poi essere riconosciuto innocente, avrei anche io le mie ragioni di rancore nei confronti della magistratura, come questo signor Lassini che ha tappezzato Milano con quegli osceni manifesti che apparentano giudici e brigatisti. La vera sfortuna di Lassini è non avere trovato sulla sua strada una comunità politica che lo aiuti a tenere a freno i suoi impulsi. Al contrario, nel Pdl (e nelle parole del suo leader) ha trovato terreno fertile per la sua deriva. I partiti di massa, una volta, servivano a stemperare e governare le pulsioni di pancia, a moderare i termini, a suggerire (e a volte costringere) di anteporre l´interesse collettivo al proprio ombelico. Una delle più incresciose e gravi circostanze che ci fanno vivere (tutti) così male è che il partito di maggioranza relativa, che sulla carta rappresenta i moderati di centrodestra, è un partito estremista, vociante, radicalmente conflittuale, specchio del suo leader che incarna ogni lacerazione ideologica, ogni conflitto istituzionale. Gli appelli alla temperanza, all´abbandono dello spirito di fazione, suonano del tutto irrealistici in un Paese dove l´intemperanza e la faziosità sono, purtroppo, al governo. E dove il sindaco di Milano, a quanto pare, non è in grado di ricondurre alla ragione un suo candidato fuori di testa. L´estremismo, qui e ora, non è più un problema periferico. È una malattia che riguarda il centro della politica, e il cuore del potere. 

LA REPUBBLICA del 24 aprile 2013

PUBBLICATO IL  aprile 24 -  L'Amaca
Mai parlato tanto di politica da molti anni. Da giorni video accesi in quasi tutte le case, non solo i computer e i tablet per fruitori monadi, anche il vecchio televisore che ritrova una dimenticata centralità collettiva, e raccoglie capannelli di familiari o amici. Mail a frotte, nugoli di sms, telefonate, tweet, parole di persone comuni che si ammantano di solennità nello sforzo di esprimere rabbia, delusione, passione, e parole di persone importanti che diventano semplici e dirette perché la crisi mette a nudo gli animi, rende inutili gli orpelli verbali. Una gigantesca assemblea permanente, tesa, a tratti cattiva e insultante. Litigi. Polemiche. Divisioni. Trame. Un’emotività contagiosa, che la mediaticità capillare spalma ovunque. Faremmo male a non prendere atto che manca, da questo scenario così pubblico e insieme così privato, la violenza. Dico quella violenza diffusa, premeditata, spesso anche omicida, che ha insanguinato l’infanzia e la giovinezza della democrazia italiana. La violenza politica, la violenza della politica. Siamo abituati a pensare, della società italiana, quasi tutto il male possibile. Ma qualche cosa, forse, l’abbiamo imparata. Almeno un poco siamo cresciuti.

LA REPUBBLICA del 23 aprile 2013 

PUBBLICATO IL  aprile 23 -  L'Amaca
Passando agevolmente dentro lo sbrego che la destra di potere e specialmente la Lega hanno aperto, lungo gli anni, nel tessuto democratico del nostro Paese, i neonazisti europei si ritrovano volentieri nei dintorni di Varese (Lombardia, Italia), dove da anni si celebra con molta birra, e liete danze, il compleanno di Hitler, cioè si festeggia (implicitamente o esplicitamente poco importa) lo sterminio di milioni di uomini, donne, bambini. Questo accade sotto lo sguardo preoccupato della Digos, che si presume ne approfitti per raccogliere utili informazioni sui partecipanti al party: che si è svolto, sotto forma di festa privata, in un’area affittata ai nazisti da un circolo culturale vicino alla Lega. Non eguale allarme il raduno hitleriano sembra suscitare tra le autorità locali e regionali. Per ora non sono pervenute reazioni formali – neanche quelle parolette rituali che aiutano, comunque, a sapere che chi deve sapere, sa – da parte del governatore della Lombardia Maroni, né dalle istituzioni politiche di Varese e provincia. Eppure esistono in Italia, così come in tutta Europa, leggi contro l’istigazione all’odio razziale. In provincia di Varese no? Chissà se le vivaci curve ultras locali, almeno per coerenza, hanno mandato agli ospiti con svastica, arrivati da così lontano, un messaggio di benvenuto.

LA REPUBBLICA del 18 aprile 2013 

PUBBLICATO IL  aprile 18 -  L'Amaca
Si dice, da anni, che la sinistra italiana non è più in grado di captare gli umori del paese. Ora sappiamo che non è più in grado di captare neanche gli umori della sua gente: quella che alla sinistra vuole bene, che dentro la sinistra vive, che nella sinistra ancora spera. Eventuali primarie tra Marini e Rodotà vedrebbero il secondo trionfare con un margine così schiacciante da far sembrare perfino stravagante la candidatura del primo. Non che Marini non sia una persona degna, o un incapace. Nessuno lo sostiene. Ma tutti intendono che il cambiamento tanto invocato dallo stesso Bersani non passa da Berlusconi, no che non ci passa: e invece è proprio dal parlottio con Berlusconi e i suoi che il nome di Marini è sortito. Tutti intendono che Rodotà incarna la politica alta e la sinistra degna. Tutti sanno che Rodotà è stato presidente del Pds. Tutti colgono il vero e proprio colpo di fortuna toccato alla sinistra con l’esito delle “quirinarie” grilline, con la rinuncia di Gabanelli e Strada e il nome di Rodotà che chiede solamente di essere riconosciuto. Tutti, infine, ora intendono che Grillo ha avuto ragione a sfidare il Pd su Rodotà al Colle, già sapendo che quel partito non avrebbe avuto l’estro, la libertà, la forza di accettare. Ieri Grillo ha stravinto. Il Pd ha straperso. E molte persone, chi con il magone, chi schiumando rabbia, si sono chieste come è possibile farsi talmente male.

LA REPUBBLICA del 17 aprile 2013 

PUBBLICATO IL  aprile 17 -  L'Amaca
Semplificando brutalmente (a volte è necessario): per la corsa al Quirinale la sinistra deve scegliere se accontentare Berlusconi oppure accontentare Cinque Stelle. Così richiede il tripolarismo imperfetto uscito dal voto. La prima scelta (accontentare Berlusconi) equivale a un suicidio politico non solo per la sinistra, ma per l’intero assetto politico repubblicano. Sarebbe la fotografia di una vecchia classe di potere che si barrica nel Palazzo nella speranza di reggere ancora qualche mese o anno. La seconda (non scontentare Cinque Stelle) è ad alto rischio, perché le intenzioni e la natura stessa di quel movimento sono in parte imperscrutabili. Ma lascerebbe aperto un varco verso quel “cambiamento” che lo stesso Bersani, giustamente, considera sinonimo di “responsabilità”: niente è più irresponsabile, nella presente situazione, che decidere di non cambiare nulla. So che è molto comodo sputare sentenze senza mettersi nei panni degli altri. Ma fossi Bersani non avrei dubbi. A rischio di mettermi contro mezzo partito, accetterei di votare Rodotà o Gabanelli e sfiderei Grillo a trarne le conseguenze. La sinistra italiana ha quasi sempre scelto di rischiare poco, ed è rischiando poco che si è infiacchita e ha perduto molte battaglie. Qui il rischio è altissimo: ma la posta in gioco è cercare di venirne fuori da vivi, e finalmente con il vento in faccia.

LA REPUBBLICA del 3 aprile 2013

PUBBLICATO IL  aprile 3 -  L'Amaca
Approfitto della confusione generale, e della rassicurante irrilevanza della mia opinione, per fare i miei nomi per il Quirinale. Barbara Spinelli o Emma Bonino, donne di grande intelligenza e totale indipendenza politica (a Bonino si perdonerà facilmente, nel nome del superiore interesse del Paese, l’ostinata fedeltà a Marco Pannella e alle sue stramberie; a Spinelli di essere, tra le altre cose, editorialista di questo giornale). Lo stimolo proviene da un amico di penna che propone di lanciare la campagna “una Bergoglio per il Colle”, dicitura sapiente e anche molto maliziosa perché esclude la reperibilità di “un” Bergoglio e ne suggerisce, dunque, “una”. Se tifo per una donna Capo dello Stato non è per ruffianeria femminofila (sempre sospetta, tra l’altro, in un maschio). È perché davvero il segno di una così inedita e radicale diversità contribuirebbe non solo a segnare la fine del passato che non passa mai; ma anche a distrarre per un attimo le energie degli attori politici dalla loro rissa permanente, costringendoli a contemplare tutti insieme l’incredibile spettacolo di una femmina che regola e indirizza le ambizioni dei maschi. Ma poi pensate, l’ultimo dell’anno, sentire una voce di donna che ci accompagna e ci consiglia.

LA REPUBBLICA del 2 aprile 2013

PUBBLICATO IL  aprile 2 -  L'Amaca
Dire che la situazione politica è oscura è dire poco. Anche i più esperti meccanici istituzionali stanno consultando il libretto di istruzioni nella speranza di ridare regolarità a un motore che fa rumori stranissimi, e sempre più fiochi. Se la curiosa trovata dei “dieci saggi” è stata accolta solo da un borbottio poco convinto e non dalle solite urla ostili, è perché nessuno è sicuro di avere una soluzione in tasca, e perfino il famosissimo blog di Grillo, che ha una parola definitiva per ciascuno dei problemi che affliggono l’umanità, inganna il tempo indicendo strambe primarie per il Quirinale, aperte ai soliti (pochi) membri di quel riservatissimo club. La sola certezza è che una politica sempre meno comprensibile è una politica sempre più ammalata, distante, alchemica. Roma in questi giorni è lontanissima da tutto e da tutti, forse anche da se stessa. Non trova neanche le parole per dire della propria impotenza, e forse del proprio spavento. Il primo che chiedesse aiuto con le mani nei capelli, tra quei signori in giacca a cravatta che passano la vita rilasciando dichiarazioni ai telegiornali, avrebbe tutta la nostra comprensione. Dev’essere durissimo passare tutta la vita fingendo di sapere che cosa si sta facendo, che cosa si sta dicendo.
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